“Patria”, identità e terrorismo, violenza e perdono

“Patria”, identità e terrorismo, violenza e perdono

Pierluigi Siclari

“Patria”, identità e terrorismo, violenza e perdono

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martedì 26 Novembre 2019 - 08:00

Pubblicato nel 2016, Patria, romanzo di Fernando Aramburu, ha ricevuto il Premio de la Crítica, il Premio Strega Europeo, e il Premio Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Aramburu, nato a San Sebastián nel 1959, nel corso di diverse interviste ha sottolineato che Patria non racconta vicende della sua vita. Allo stesso tempo, ha anche ricordato come, naturalmente, il fenomeno del terrorismo dell’Eta lo abbia accompagnato fin dall’infanzia.

L’identità basca

Patria si svolge in un paesino nella provincia di Guipúzcoa, all’interno dei Paesi Baschi. Tutti i personaggi sentono fortemente l’identità basca. Ricordano le lotte contro Franco, parlano euskera, non si immaginano di vivere in nessun altro posto. Naturalmente, tutti sono a favore dell’indipendenza del popolo basco. Ciò che causa una spaccatura è il modo con cui ottenere tale indipendenza.

La maggioranza degli abitanti del paese è decisamente a favore dell’Eta (Euskadi Ta Askatasuna), organizzazione armata terroristica separatista. Entrare nell’organizzazione porta rispetto e ammirazione. Cadendo per mano dell’esercito centrale si diventa al contempo eroi e martiri. Non tutti, però, condividono la violenza dell’Eta, e il suo modo di finanziarsi.

L’Eta, infatti, non sopravvive solo grazie alle donazioni volontarie, ma soprattutto attraverso le estorsioni agli imprenditori baschi. Uno di questi è il Txato, tipico esempio di personaggio che pesa per la sua assenza. Fin dalle prime pagine del romanzo, Arambura ci svela che il Txato è stato assassinato proprio dall’Eta, per non essersi piegato.

La trama percorre sia gli anni che precedono l’attentato, che i successivi. La morte del Txato non spiega i suoi effetti solo sulla famiglia della vittima, ma anche su quella del presunto colpevole, Joxe Mari. Ad aumentare la tensione dell’intreccio, il padre di Joxe Mari, Joxian, era il migliore amico del Txato.

Il prima

Nonostante le differenze sociali – proletario uno, imprenditore di successo, pur essendo nato poverissimo, l’altro – i due si intendono a meraviglia. Sono compagni nel gioco delle carte, condividono la passione domenicale per la bicicletta, le rispettive mogli sono migliori amiche.

Tutto inizia a cambiare con la richiesta, tramite lettera anonima, di finanziamento da parte dell’Eta. A malincuore, il Txato paga, pensando di essersi tolto il pensiero per qualche anno. Invece, una nuova richiesta arriva poco dopo. Stavolta il Txato non esegue. Non perché decida di fare l’eroe, ma semplicemente perché non può. La somma, evidentemente indicata in base alle voci di paese che lo dipingono molto più ricco di quanto sia in realtà, per lui è inarrivabile. L’uomo sarebbe anche disposto a farlo a rate, ma l’Eta non scende a patti, non accetta dialoghi.

Compaiono così le scritte sui muri: Txato Spia, Txato Traditore. È più che un’intimidazione. È una gogna totale. Il Txato e i suoi familiari, prima benvoluti da tutti, sono al bando. Nessuno rivolge loro più la parola. Qualcuno per autentico odio, qualcun altro per paura di venire bollato a propria volta

Il dopo

Le lunghe riflessioni sugli eventi che hanno condotto alla morte del Txato portano i personaggi – e noi lettori con loro – a domandarsi se l’uomo abbia davvero cercato di proteggersi. Si è procurato una pistola, ha cercato di non avere sempre gli stessi orari, pur sapendo che se ti vogliono colpire, ti colpiscono. Ma a parte il dato materiale, bisogna guardare ai pensieri del Txato. L’uomo ritiene che le minacce siano opera di fanatici che suggestionano a vicenda, e non di veri militanti dell’Eta. Questo perché non riesce a comprendere come chi lotta a favore dei baschi possa uccidere altri baschi.

Il presente dell’opera, molto vicino temporalmente al nostro presente, è caratterizzato da altri paradossi e numerose incomprensioni. Le difficoltà nell’accettazione del lutto si accompagnano a tutte le dinamiche relative al perdono. È giusto concederlo? Chi deve chiederlo?

Sono domande più complesse di quanto possa sembrare, e ancora oggi, quasi due anni dopo lo scioglimento ufficiale dell’Eta, nei Paesi Baschi è in corso un difficile processo di ricostruzione e integrazione. Processo su cui si concentra anche il finale di Patria, romanzo tanto corposo quanto scorrevole, che ha il merito non solo di approfondire un momento storico a cui la narrativa arrivata in Italia non ha sempre dato molta attenzione, ma anche di scavare in profondità tra le differenze che separano gli esseri umani gli uni dagli altri.

Lo scrittore Fernando Aramburu

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