Ex Magazzini generali, dal passato controverso al “momentaneo” ricovero per clochard

Ex Magazzini generali, dal passato controverso al “momentaneo” ricovero per clochard

Eleonora Corace

Ex Magazzini generali, dal passato controverso al “momentaneo” ricovero per clochard

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giovedì 20 Febbraio 2014 - 07:47

Il vicesindaco Signorino assicura che “gli stabili dell’area non saranno svenduti per fare cassa, ma impiegati per riqualificare la zona stessa”, ma l’’ex assessore al patrimonio Mondello lancia l’allarme: scaduti i termini del piano di dismissione, quei beni sono nuovamente a rischio pignoramento

Gli ex magazzini generali, al primo piano dei quali è stato allestito il dormitorio per senza tetto affettuosamente denominato “casa di Vincenzo”, è uno stabile del Comune di Messina abbandonato da diversi anni e inserito nel Piano di dismissioni dalla precedente Giunta Comunale. Stessa sorte è toccata a diversi altri immobili della stessa area. A chi rimane perplesso che il ricovero per clochard rechi con sé una “scadenza” di soli due mesi – salvo proroghe – dopo il tempo e il denaro speso per allestirlo , il vicesindaco e assessore al Patrimonio, Guido Signorino, risponde: “Lo stabile appartiene al patrimonio comunale, per questo motivo l’affidamento non poteva essere perpetuo, ma temporaneo, per non inibire qualsiasi altro uso alternativo”. Uso alternativo che rimane ancora sconosciuto, ma l’assessore garantisce essere comunque riservato a fini sociali e non speculativi. Signorino riguardo quest’argomento è chiaro: “Gli stabili dell’area non saranno svenduti per fare cassa, ma impiegati per riqualificare la zona stessa”.

Lunga storia quella del Piano di alienazioni del Comune soprattutto per quanto riguarda quel pezzo di centro cittadino, zona waterfront, tanto attivo un tempo quanto abbandonato ormai da molti anni. Si è più volte ricordato che tutta la toponomastica dell’area parla di dismissione e oblio, dagli ex Magazzini Generali agli Ex Silos, passando per l’ex Mercato Ittico e l’ex Casa del Portuale, occupata il 25 aprile scorso dal Teatro Pinelli e sgomberata il 19 ottobre. E proprio gli attivisti del Pinelli avevano nuovamente puntato i riflettori sul recupero dei beni comunali presenti nella zona. Ora che la Casa del Portuale è stata sigillata e il ricovero per clochard aperto nell’edificio di fronte, via Alessio Valore – arricchita dal murales dello street artist di fama internazionale “Blu” – e quelle limitrofe restano un nodo fondamentale per il futuro sviluppo urbano e socio-economico della città. Alcuni degli stabili presenti in zona si trovano nel vecchio piano di alienazione redatto dalla Giunta Buzzanca, quasi tutti, ad onor del vero, meno la Casa del Portuale, sulla quale verte ancora un contenzioso circa la proprietà tra Comune e Regione.

Circa gli ex Magazzini Generali, due anni fa il futuro dello stabile fu al centro di un’accesa polemica, nonché di una manifestazione di protesta indetta dalla Rete No Ponte. Motivo scatenante di tanto fermento fu l’ipotesi di vendere l’edificio alla ditta 4V di Vincenzo Vinciullo. Andiamo per ordine. Prima di tutto, al momento di inserire lo stabile nel piano di alienazione comunale, è stata cambiata la destinazione d’uso : da magazzini ad attività commerciali o residenziali. Da qui il progetto di demolire lo stabile per far posto ad un palazzo di sette piani, più uno seminterrato, riguardo il quale la commissione edilizia il 21 ottobre del 2010 aveva già espresso parere favorevole.

Il 3 novembre 2010 il progetto è stato approvato in via amministrativa dalla Giunta municipale, con delibera n. 1039. Al momento delle offerte da parte dei privati, però, si è presentata solo la ditta di Vincenzo Vinciullo che ha acquisito l’immobile con un’offerta di pagamento vantaggiosa. Alla fine, verrà versato in contanti appena il 10% della base d’asta (489.000 euro), mentre il 29,73% dell’importo sarà coperto con la permuta di alcuni appartamenti di proprietà della 4V.

L’immobiliare si avvarrà di una modifica del regolamento delle alienazioni approvata dal consiglio comunale, che consente ai privati di acquisire i beni presentando offerte miste, in parte con denaro e il resto con immobili in permuta. All’epoca il segretario generale della Cgil Lillo Oceano giudicò “singolare” che alla gara si fosse presentata un'unica azienda. Al di là degli intenti e delle modalità di vendita, però, il motivo scatenante delle proteste verteva proprio sul nome dell’imprenditore Vincenzo Vinciullo, finito sotto la lente della commissione antimafia dal momento che il suo nome fu rilevato nei pizzini di Bernardo Provenzano, a suo tempo latitante. Il boss, infatti, impartendo degli ordini ai suoi uomini per la risoluzione di una controversia riguardo l’estorsione alle acciaierie Megara, faceva riferimento all’imprenditore messinese. Vinciullo comunque non fu mai formalmente indagato e gli accertamenti archiviati. Più volte, viceversa, i suoi progetti edilizi sono stati invece oggetto di inchieste, a cominciare proprio dalla 4V, che costruì un palazzo su un area dismessa dalle ferrovie comprata a due soldi con un cambio di destinazione d’uso poco chiaro. L’inchiesta si concentrò, infatti, proprio su questo. Il Palazzo venne sequestrato e poi dissequestrato, quando il procedimento venne annacquato dalla prescrizione e infine l’assoluzione.

A insorgere contro l’ipotesi dell’acquisizione da parte di Vinciullo, gli attivisti Renato Accorinti e Luigi Sturniolo – rispettivamente Sindaco e consigliere comunale ai giorni nostri – che chiesero un incontro all’allora commissario Luigi Croce e Saro Visicaro del comitato La Nostra Città, che annunciò la presentazione di un esposto al Prefetto e alla Procura della Repubblica. A quel punto il commissario Croce bloccò ogni operazione per verificare la correttezza dell’iter e il progetto venne archiviato. Alcuni hanno ipotizzato che nell’archiviazione del progetto c’entrava anche il credito enorme che il Comune di Messina vanta nei confronti della famiglia Franza, che ha già pignorato diversi stabili di proprietà comunale. Si diceva, all’epoca, che gli ex magazzini generali sarebbero a loro volta stati ceduti ai Franza, proprio nell’ottica dell’estinzione del debito. Cauto su questo punto Guido Signorino. “La richiesta di pignoramento dei Franza fu uno dei motivi per il quale si bloccò la vendita, ma mi pare che la faccenda sia stata superata”.

Le dichiarazioni dell’assessore al patrimonio Signorino sembrano lasciare ancora aperto il destino dello stabile come quello dell’intera area, ma l’ex assessore al patrimonio, Francesco Mondello – ora consigliere comunale – lancia l’allarme: scaduti i termini del piano di dismissione, quei beni sono nuovamente a rischio pignoramento. “Quando ho fatto il piano di alienazione ho inserito quei beni sotto la protezione della legge 133 del 2 agosto 2013, questa legge faceva in modo che questi edifici non potevano essere pignorati. Ora che il piano triennale di dismissioni è scaduto e non è stato ancora rinnovato, c’è un grande rischio perché nel frattempo i beni tornano ad essere pignorabili. Anche gli ex magazzini stessi, il fatto che siano occupati dai clochard e dai volontari non significa nulla, serve un adeguata protezione giuridica, altrimenti il patrimonio diventa attaccabile”.

Il nuovo piano di alienazione è legato al piano di riequilibrio che dovrà essere presentato ai primi di Marzo in Consiglio Comunale. Si vedrà allora quali sono le misure adottate dall’amministrazione comunale per evitare il rischio di pignoramento ma anche di eventuali speculazioni che gravano sullo stabile degli ex Magazzini Generali, come sull’intera area.

Elenora Corace

2 commenti

  1. Ogni volta che leggo articoli del genere mi viene il dubbio che il comune nn dichiari il default solo per tutelare gli interessi di “alcuni” cittadini e garantire i loro crediti… A pensar male…

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  2. I veri padroni di Messina…

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