Ecco una delle cause all'origine della scomparsa del dolce anticiclone delle Azzorre dal Mediterraneo
Sempre più spesso negli ultimi anni le estati che hanno caratterizzato la fascia mediterranea sono state contraddistinte dalla latitanza dell’anticiclone delle Azzorre dal Mediterraneo, la figura barica termoregolatrice per eccellenza. Anche quest’anno, come vuole il trend degli ultimi 15-20 anni, l’alta pressione oceanica invece di distendersi con il proprio bordo orientale verso il mar Mediterraneo centro-occidentale, come avveniva spesso durante le classiche “estati mediterranee” dei decenni scorsi, tende a rimanere relegata in pieno Atlantico, propagandosi con i propri elementi verso le alte latitudini, fino a lambire l’Islanda, le coste più meridionali della Groenlandia e addirittura la Scandinavia, spingendo l’aria calda sub-tropicale marittima fino alle latitudini artiche, con intense ondate di calore che risalgono al di là del Circolo Polare Artico.
La latitanza dell’azzorriano nel periodo estivo
La latitanza dell’anticiclone azzorriano fa in modo che sul Mediterraneo si viene a scavare una sorta di “lacuna barica” che viene prontamente colmata dalla risalita dell’opprimente e caldo anticiclone sub-tropicale libico-algerino, o dalla discesa, fino al cuore del Mediterraneo, di profonde saccature, colme di aria fresca atlantica, che possono dare origine a intense fasi temporalesche, con fenomeni anche di forte intensità sulle nostre regioni centro-settentrionali. Come quelle viste a giugno e nel mese di luglio.
L’indebolimento della corrente a getto
Questo sfasamento meteo/climatico, sempre più frequente negli ultimi anni, è indotto da una circolazione più meridiana (distribuita lungo i meridiani), prodotta dal rallentamento della “corrente a getto” lungo le medie e alte latitudini dell’Atlantico settentrionale, durante la stagione estiva. In sostanza il “getto polare”, in estate, è sempre meno intenso, comportando la formazione di onde planetarie (le cosiddette “onde di Rossby”) sempre più grandi e stazionarie.
Tale rallentamento di questa fortissima corrente aerea che domina nell’alta troposfera, a quote superiori ai 10000 metri, per molti climatologi e meteorologi è imputabile al sensibile rialzo delle temperature, su valori nettamente positivi, in sede artica. Questo brusco innalzamento delle temperature nella regione artica comporta una fusione anticipata del ghiaccio marino della banchisa, tanto da aprire vasti tratti di acque libere dai ghiacci, come capita sempre più frequentemente nel mare di Barents e in quello di Kara. Il rapido scioglimento e l’arretramento dei ghiacci marini del Polo Nord, come abbiamo già avuto modo di spiegare in precedenti articoli, origina delle pesanti conseguenze che si ripercuotono su scala globale.
L’influenza del brusco riscaldamento dell’Artico
Con la fusione dei blocchi di ghiaccio marino che compongono la banchisa del mar Glaciale Artico (o oceano Artico), le aree soggette al cosiddetto effetto “Albedo” si riducono sensibilmente, causando a sua volta un indebolimento dei contrasti termici fra la regione artica e la fascia temperata delle medie latitudini. Questo progressivo indebolimento dei “gradienti termici” tra le medie e alte latitudini ha come primo risultato un sensibile indebolimento della portata del ramo principale della “corrente a getto polare”, con una sua conseguente ondulazione.
Questo effetto contribuisce a rendere prolungate nel tempo le configurazioni bariche che determinano intense ondate di calore e una persistenza delle anomalie termiche mensili su aree geografiche particolarmente vaste, rendendo le configurazioni barica molto più stabili nel tempo, anche per settimane o mesi. Ormai è assodato come il notevole riscaldamento dell’Artico in genere ha come prima ripercussione un notevole rallentamento del flusso delle miti correnti occidentali atlantiche che domina lungo le medie latitudini.
Il rallentamento delle “onde di Rossby”
L’indebolimento delle correnti occidentale si avverte soprattutto alle quote medio-alte della troposfera, con un forte rallentamento del ramo principale della “getto polare”, che sovente si presenta fra i 30° e i 60° di latitudine nord e sud, ai confini fra la Cella di Hadley e di Ferrel. Perdendo buona parte della sua forma il “getto polare”, per una nota legge fisica, comincia ad ondularsi su sé stessa creando delle grandi onde su scala planetaria, meglio note come le “onde di Rossby”. Le “onde di Rossby”, lunghe da 1.000 a 10.000 km, si formano con una precisa successione di tempi e tendono a muoversi da ovest verso est, con una velocità di propagazione che è direttamente proporzionale alla loro lunghezza e alla velocità media di spostamento delle correnti nell’alta troposfera.
Ecco cosa succede durante l’avvio dell’estate boreale
Nel periodo primaverile ed estivo, quando inizia l’arretramento dei ghiacci marini della banchisa del Polo Nord e il vortice polare comincia gradualmente ad indebolirsi e a restringersi su una determinata area del mar Glaciale Artico o si delocalizza fra l’Artico Russo e l’Artico Canadese in due “lobi” principali, le “onde di Rossby” tendono a rallentare la loro velocità di propagazione da ovest ad est, originando dei Pattern climatici abbastanza durevoli che causano una maggiore probabilità di eventi meteorologici estremi che derivano da condizioni prolungate, come siccità, inondazioni, ondate di freddo o avvezioni d’aria calda con onde mobili di calore insistenti per intere settimane.
Tale pattern climatico, enfatizzato dal rapido scioglimento dei ghiacci artici e dalla riduzione delle aree interessate dall’Albedo, ha favorito l’avvento cosi frequente di queste continue ondate di calore lungo la fascia temperata dell’emisfero boreale, agevolando la costruzione di ampi e robusti promontori anticiclonici di blocco sub-tropicali, ben strutturati in quota dalle ampie ondulazioni orarie, in seno al “getto polare”. Queste strutture anticicloniche davvero imponenti, come quella che ormai da quasi un mese interessa buona parte del Mediterraneo, stanno favorendo un notevolissimo accumulo di calore fino alle quote dell’alta troposfera, pronto per essere gradualmente smaltito nei prossimi mesi.
Credo che per apprezzare codesto articolo nella sua pienezza, debba essere assolutamente propedeutica la frequentazione di un corso di climatologia…. Possibilmente con valutazione finale che attesti le competenze cognitive possedute.
Senza sarcasmo….
Ottima spiegazione….quindi addio all’hp Azzorre e rassegniamoci al caldo torridoo e siccità??