Non si arrendono gli Amendolia dopo la sentenza che scagiona 2 dei 3 tecnici imputati di omicidio stradale per la tragedia del 2017
MESSINA – Non avrebbero responsabilità il direttore e il delegato di percorso della Targa Florio 2017 che costò la vita al pilota messinese Mauro Amendolia e il commissario di gara Giuseppe Laganà. Lievemente ferita anche Gemma Amendolia, che viaggiava accanto al padre.
La sentenza è del giudice per le indagini preliminari di Termini Imerese Claudia Camilleri che ha scagionato dall’accusa di omicidio stradale Mauro Cascina, responsabile della manifestazione, e Antonio Pochini, delegato all’allestimento del percorso. I due hanno optato per il rito abbreviato e hanno chiuso il processo, uscendone assolti. Va avanti col rito ordinario, invece, il dibattimento per il presidente dell’Aci Angelo Pizzuto.
I tre erano imputati della sola morte di Amendolia, che uscì di strada con la Bmw Mini Cooper del Messina Racing Team affrontando una curva a sinistra a Piano Torre, località di Isnello. La scomparsa del commissario di gara è invece imputata alla manovra del pilota messinese. Le perizie hanno stabilito che la pista non era sicura. Ma anche che Amendolia non aveva gli spallari allacciati.
Circostanza decisiva, secondo il pubblico ministero, che ha chiesto l’assoluzione dei due imputati. Se avesse indossato le cinture, Amendolia avrebbe potuto salvarsi, come accaduto alla figlia. Amareggiata la moglie del pilota, decisa a non arrendersi. Ferma la circostanza relativa agli spallari, infatti, messa nero su bianco dalla ricostruzione dell’ingegnere Santi Mangano, è emerso chiaramente che la pista non era sicura e che erano state disattese 10 prescrizioni di sicurezza della Questura di Palermo, attraverso dichiarazioni di conformità rivelatesi non veritiere. L’avvocato Giovanni Mannuccia, che assiste gli Amendolia, preannuncia perciò appello per salvare gli effetti civili.