"Più poveri e flop della formazione lavoro dopo lo stop al Rdc"

“Più poveri e flop della formazione lavoro dopo lo stop al Rdc”

Marco Olivieri

“Più poveri e flop della formazione lavoro dopo lo stop al Rdc”

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venerdì 12 Luglio 2024 - 08:45

La Cgil analizza i dati Inps nella città metropolitana di Messina: "Le misure dell'assegno d'inclusione e del supporto formazione e lavoro sono inefficaci"

Dopo l’abolizione del reddito di cittadinanza (Rdc), quale efficacia stanno avendo gli strumenti dell’assegno d’inclusione e del supporto formazione e lavoro? Mette in evidenza la Cgil di Messina: “È stato pubblicato il primo report Inps su Adi e Sfl, le due misure di contrasto alla povertà che hanno sostituito il reddito di cittadinanza. Uno strumento a copertura più ampia seppur con aspetti che andavano migliorati. L’assegno d’inclusione e il supporto formazione e lavoro non riescono a contrastare la povertà nel territorio messinese”.

“Il 36% in meno di nuclei familiari sono sostenuti economicamente”

“Nel 2022 – inizia l’analisi della Cgil Messina – vi erano 21.651 nuclei (di cui 13.817 nel solo Comune di Messina) per un totale di 47.220 persone (di cui 31.999 a Messina città), che percepivano il reddito di cittadinanza. Nel maggio 2024 risultano in provincia di Messina 13.857 nuclei beneficiari per un totale di 33.275. Vi sono dunque 7.794 nuclei familiari in meno (il 36% in meno), per un totale di 13.945 persone”.
“A pagare le spese della restrizione dei requisiti – osserva Stefania Radici, segretaria della Cgil Messina con delega al welfare – sono stati in particolare i nuclei familiari con un singolo componente, poiché l’Adi è riconosciuto ai nuclei familiari che abbiano almeno un componente con disabilità; minorenne; con almeno 60 anni di età; o in condizione di svantaggio e inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione”.

“Non basta un corso di formazione per immettersi nel mercato del lavoro”

Continua Radici: “Non a caso, a livello nazionale, solo 0,96% è riconosciuto a persone in condizione di svantaggio e senza minori, disabili o over 60. I singoli componenti di nuclei familiari di età compresa tra i 18 e i 59 anni, con un valore dell’Isee familiare non superiore a 6.000 euro annui, e che non hanno i requisiti per accedere all’Assegno d’Inclusione, sono considerati occupabili e dunque possono fare richiesta di Sfl. Al netto che l’erogazione al beneficio economico è subordinata alla partecipazione alle attività formative, di qualificazione e riqualificazione professionale, attività che sono in forte ritardo
perché la Regione non ha ancora fatto partire i corsi (non a caso da settembre 2023 a giugno 2024 sono state pagate in media solo 2,3 mensilità ai beneficiari), è da considerare che alla maggior parte di
loro non basterà un corso di formazione per immettersi nel mercato del lavoro”.

In più, ricorda la sindacalista della Cgil, queste persone “al termine del corso, e comunque delle dodici mensilità che costituiscono il numero massimo di mensilità erogabili, non avranno alcun tipo di sostegno.
Più della metà delle domande presentate e accolte – si segnala con la lettura dei dati – proviene da persone che hanno dai 50 ai 59 anni. Quanto questi siano effettivamente occupabili sarebbe da verificare.
Eppure non esistono meccanismi di valutazione da parte dei servizi sociali, né la possibilità di integrare il requisito demografico dell’età (18-59 anni) con un criterio che tenga maggiormente conto della
possibilità per le persone di trovare un lavoro (livello di istruzione, competenze, esperienze lavorative precedenti, durata della disoccupazione)”.

“Problemi enormi per ultracinquantenni e soggetti fragili”

Aggiunge Stefania Radici: “È poco realistico pensare che un ultracinquantenne con basso titolo di studio e disoccupato di lungo periodo possa fare un corso di formazione ed essere inserito nel mercato del lavoro. Criticità che comunque non riguarda solo gli over 50, ma tutta la platea dei fruitori, se si considera che l’inserimento lavorativo dei soggetti fragili, anche dopo il conseguimento di un titolo o di una qualifica,
non è automatico. Il tutto sia perché la domanda di lavoro nel nostro tessuto produttivo è abbastanza limitata sia perché finora sgravi e agevolazioni non hanno incentivato le assunzioni dei percettori di
misure di contrasto alla povertà”.

“Vanno rafforzati gli organici dei servizi sociali e del Centro per l’impiego”

“Oltre a chiedere che a gran voce si facciano sentire anche dal nostro territorio le criticità a queste misure di tipo categoriale e per certi versi discriminatorie che non risolvono il problema della povertà e
dell’esclusione sociale, avanziamo richieste per fare fronte a queste criticità e dare risposte ai bisogni sociali presenti”, dichiara il segretario generale della Cgil Messina Pietro Patti.
Per gli esponenti della Cgil Messina e il segretario generale della categoria Fp-Cgil Messina, Francesco Fucile, risulta infatti necessario “il potenziamento degli organici sia nei servizi sociali che nel Centro
per l’impiego, affinché i dipendenti siano messi nelle condizioni di poter intercettare, accogliere, prendere in carico e seguire in tutto il loro iter i beneficiari. Così accompagnando in percorsi di inclusione
sociale, e laddove possibile lavorativa, e integrando il sostegno economico con i servizi assistenziali che si rendessero necessari, alla luce dei bisogni sociali, sanitari, educativi, abitativi dei singoli”.
E ancora: “Per quanto riguarda gli assistenti sociali, le risorse ci sono e vanno utilizzate. Si tratta del Fondo povertà che mette a disposizione, in virtù della Legge 178/2020, un contributo economico pari a 40.000 euro annui per ogni assistente sociale assunto a tempo indeterminato in numero eccedente il rapporto di 1 a 6.500 abitanti. E 20.000 euro annui per ogni assistente sociale assunto in numero eccedente il rapporto di 1 a 5.000 abitanti e fino al raggiungimento del rapporto di 1 a 4.000. Un finanziamento che ha natura strutturale e non riguarda solo le nuove assunzioni. Ciascun distretto socio-sanitario avrà diritto al contributo per gli assistenti sociali, anche già assunti, fintantoché rispetterà la soglia prevista dalla normativa. L’obiettivo è assicurare un livello essenziale delle prestazioni sociali, rispetto al quale ancora il nostro territorio è molto indietro”.

“Serve un coordinamento metropolitano delle misure di contrasto alla povertà”

La Cgil Messina, inoltre, propone “la creazione di un coordinamento metropolitano delle misure di contrasto alla povertà, in stretta cooperazione con gli Uffici di Piano dei Distretti socio-sanitari e le
Reti territoriali per l’Inclusione e la protezione sociale, al fine di superare la frammentazione delle informazioni, favorire attività di raccolta dati, analisi e approfondimento, supportare la programmazione
territoriale, promuovere omogeneità delle politiche di intervento, definire azioni condivise, condividere soluzioni a criticità, scambiare buone prassi in un’ottica di co-progettazione partecipata degli
interventi. Nell’ottica di un ruolo più attivo e proattivo da parte delle Istituzioni pubbliche in rete con i diversi attori del territorio: gli operatori dei servizi sociali territoriali possono assistere e
sostenere ma non possono creare lavoro soprattutto in un contesto in stagnazione economica”.

“Per un’economia sociale”

Conclude il sindacato: “Occorre affrontare il tema che non basta un corso di formazione e un tirocinio in azienda per inserirsi in un mercato del lavoro asfittico e asettico. Per questo motivo, se da una parte le
istituzioni pubbliche dovrebbero identificare meccanismi che non consentano alle aziende del territorio un turnover continuo di tirocinanti, senza offrire loro alcuna reale possibilità di inserimento
lavorativo, anzi le stimolino a fornire competenze e qualifiche utili e assumere. Dall’altra, dovrebbero sostenere sul piano economico e operativo iniziative di economia sociale, ad esempio legate alle
comunità energetiche rinnovabili solidali o a cooperative di comunità, al fine di promuovere percorsi di rigenerazione al contempo sociale, economica ed urbana”.
“Se l’obiettivo è quello di aggredire le condizioni di fragilità delle persone – concludono Patti e Radici – il metodo non può che essere quello di creare reti collaborative con diversi attori del territorio
per mettere a valore conoscenze, competenze, risorse e opportunità e soprattutto tessere trame di comunità, in un contesto sociale sempre più sfilacciato e frammentato”.

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11 commenti

  1. …dove ho già sentito questo lungo e dettagliato discorso ??? e da chi poi ??? CAPORALATO ! a cinque anni dalla denuncia ancora non si è fatto il processo !!! HANNO FATTO PRIMA AD ARRESTARLO !!!

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  2. Certo sono tutti più poveri, ma perché con il reddito di cittadinanza erano ricchi? Diciamo che erano mantenuti (il termine più corretto) il reddito dì cittadinanza va dato solo a chi ha problemi a trovare lavoro per intendersi quelli ai quali manca pochi anni per andare in pensione e che nessuno assume più o chi ha problemi di salute, ma no hai “giovani” di 30/40 anni questi devono uscire di casa e guadagnarsi il pane come si faceva una volta!

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  3. In Paesi come la Germania questi aiuti ci sono sempre stati e nessuno ha dato dei fannulloni a nessuno, l’Italia è un Paese di quaqquaraqqua.

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  4. Forse siete male informati, in Germania i soldi li danno solo per un periodo finché l’ufficio di collocamento non ti trova un lavoro (che attenzione non puoi rifiutare qualunque esso sia pena l’interruzione istantanea del reddito) e quando si è in attesa si deve lasciare il recapito anche se sei in vacanza e se ti trovano il lavoro devi rientrare subito in Germania! Non come volevano fare i Cinque Stelle che dava il reddito e una volta ottenuto non rispondevi più di una mazza! Informatevi bene prima di dire Germania

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  5. Perche’ non fate silenzio voi della cgil avete rovinato messina

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  6. Rispondo ad antobotto1,informati tu. Lo hai detto tu che se gli offrono un lavoro …. ma in italia chi ha mai offerto un lavoro?

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  7. Lo stato spende miliardi di euro per le forze armate e parlate del reddito di cittadinanza ma vergognatevi

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  8. Pulizia totale, in Italia c’è il mercato libero, il lavoro non te lo dà lo Stato per legge, questo succede nei sistemi comunisti e noi per fortuna non lo siamo! Mio nonno e anche mio padre sono dovuti emigrare in Sud America per fare fortuna (come hanno fatto milioni di italiani) perché da noi storicamente il lavoro non c’è mai stato, secondo te cosa dovevano fare causa allo Stato perché non gli ha offerto il lavoro? Quindi non possiamo pretendere di essere una società libera non controllata da nessuno e poi il lavoro ce lo deve dare lo Stato come succede in Cina o in Russia! Le forze armate non c’entrano nulla, quello è un altro settore che comunque serve alla sicurezza dello Stato, che vuoi abolire le forze armate per dare il reddito di cittadinanza a tutti? Via, non mi fare ridere!

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  9. SILVIO SFRAVARA 13 Luglio 2024 08:32

    Percettori di reddito parassiti della società. Molti lavorano in nero , conducono una vita tutt’altro che da poveri. il loro “look” quando vanno in giro è inconfondibile: cane al guinzaglio, sigaretta in bocca e telefonino in mano, ben nutriti e aitanti. Quantomeno bisognerebbe tenerli occupati anche con piccoli lavori leggeri e poco impegnativi: Evitare che stiano sempre sul divano a far niente

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    1. Marco Olivieri 13 Luglio 2024 08:41

      Buongiorno,
      rimane un mistero l’odio nei confronti di chi sta peggio, l’assenza d’identificazione (“io che farei se mi trovassi in difficoltà?”) e la generalizzazione (“tutti parassiti”).
      In ogni caso, cordiali saluti

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  10. Marco Olivieri, qui non si odia nessuno, ma si deve prendere atto che non si può campare tutti con il reddito di cittadinanza seduti sul divano. Cosa farei se mi trovassi in difficoltà? Semplice mi adatterei a fare qualsiasi lavoro pur di portare il pane a casa e dare da mangiare ai miei figli, cosa che non vuole fare più nessuno a meno che non prende uno stipendio di tremila euro al mese perché meno di quella cifra si sentono sottopagati! Mi chiedo ma una volta quando non c’erano redditi e cavolate varie come facevano? Morivano tutti di fame o si adattavano a fare qualcosa? Ora secondo la gente deve garantire tutto lo stato il lavoro, la casa e compagnia cantante! Io che come altri milioni di siciliani e meridionali che siamo andati via di casa a diciotto anni per cercare un lavoro e fare un mutuo per comprare casa mi fanno sentire quasi un cretino.

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