Messina. Pogorelich entusiasma il pubblico con gli ultimi capolavori di Chopin

Messina. Pogorelich entusiasma il pubblico con gli ultimi capolavori di Chopin

Giovanni Francio

Messina. Pogorelich entusiasma il pubblico con gli ultimi capolavori di Chopin

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lunedì 14 Giugno 2021 - 07:31

Il celebre pianista serbo non delude le aspettative

Finalmente, dopo moltissimi anni, è ritornato a Messina Ivo Pogorelich, il celebre pianista serbo, eccentrico, famoso per le sue interpretazioni assolutamente personali, che non ha deluso le aspettative, presentando sabato scorso al Palacultura, per la stagione concertistica dell’Accademia Filarmonica, un concerto, “L’ultimo Chopin”, ove ha eseguito appunto alcuni degli ultimi capolavori della produzione pianistica del musicista polacco.

Il concerto è iniziato con la Sonata n. 3 op. 58, in quattro movimenti: Allegro maestoso; Scherzo: Molto vivace; Largo; Finale: Presto, non tanto. Agitato. Chopin, come Schumann, prediligeva forme diverse dalla sonata per esprimersi, ed infatti compose solo tre sonate, delle quali la prima, op. 4, non va oltre un semplice esperimento mal riuscito. L’op. 58 è l’ultima Sonata, appartiene alla maturità compositiva del polacco e contiene fra le pagine più belle da lui composte. Ciò vale in particolare per il secondo tema del primo movimento, un dolcissimo cantabile inconfondibilmente chopiniano, e per il movimento finale, un agitato impetuoso in cui prevale l’elemento virtuosistico. E proprio il virtuosismo tecnico di cui è capace Pogorelich ha reso l’interpretazione di quest’ultimo celeberrimo brano entusiasmante e assai apprezzata dal pubblico (qualcuno ha invocato il bis). Straordinario il fraseggio della mano destra del pianista, un’esecuzione davvero indimenticabile.

Ha seguito La “Fantasia” op. 49, uno dei grandi capolavori della maturità di Chopin. Definita da alcuni la quinta Ballata del polacco, in realtà non può neanche definirsi tale in quanto il tema iniziale – un misterioso andamento di marcia sottovoce – che nelle ballate si ripete nel corso dell’opera, qui funge da introduzione per non riapparire più.

Per Fantasia nell’800’ si intendeva una elaborazione libera su temi celebri, per lo più tratti da opere liriche, mentre la pagina di Chopin non ha niente a che vedere con questo, anzi è caratterizzata da un rigoroso ed elaborato sviluppo formale; probabilmente Chopin non seppe dare un nome preciso alla composizione e così la chiamò “Fantasia”. Come ha osservato acutamente Rattalino, questo brano “rappresenta la sintesi definitiva e superba di tutte le ultime esperienze stilistiche di Chopin”, ed in effetti vi troviamo tutte le forme stilistiche, il corale, la marcia, il recitativo, la splendida sonorità degli ultimi capolavori del polacco.

Ecco poi la Polonaise-Fantasie op. 61. È l’ultima polacca, l’ultimo monumento eretto alla propria patria dal grande musicista polacco. Si tratta di una composizione al di fuori di ogni schema, di una tale libertà formale che lo stesso Chopin fu a lungo indeciso sul titolo da assegnarle. Nella Polacca Fantasia, ricca di temi, alcuni fra i più belli e toccanti di Chopin, rispetto alle precedenti polacche prevale nettamente l’elemento lirico su quello eroico, e anche lo splendido finale, in cui uno dei temi fondamentali del brano si fa finalmente eroico e liberatorio, alla fine ripiega sommessamente decrescendo, salvo il fortissimo dell’ultimo accordo.

Particolarmente in questi due brani (Fantasia e Polonaise-Fantasie) Pogorelich ha espresso il suo peculiare modo di interpretare Chopin, adottando tempi molto (troppo?) lenti nei passaggi più meditativi e riflessivi di questi capolavori, indugiando sulle singole note. Questo modus interpretativo, se ha il merito di mettere in rilievo ogni singola sfumatura, di sviscerare dal profondo ogni momento della musica di Chopin, forse nuoce un po’ alla unità del brano, frammentandolo eccessivamente, soprattutto per quanto riguarda la Polonaise-Fantasie, già difficile di per sé da interpretare in maniera unitaria, per via dei molteplici temi; ma questa ovviamente è solo la mia opinione.

La “Barcarola” op. 60 ha infine concluso il concerto. Certamente uno dei sommi capolavori di Chopin e dell’intera letteratura pianistica. La barcarola è un genere musicale affrontato da diversi musicisti – si pensi a Mendelsshon, Cajkovskij, Faurè, che intende evocare i canti dei gondolieri lungo i canali di Venezia. Chopin non visitò mai la città della laguna, e il capolavoro da lui creato, come ha scritto il critico musicale A. Hedley, trasporta “l’ascoltatore lontano dall’Italia, verso l’innominato mondo dei sogni del poeta”. La ricchezza e arditezza armonica, la presenza di anticipazioni impressionistiche (non è un caso se Ravel adorava questo brano), unite a momenti di intenso lirismo, il tutto con l’accompagnamento cullante della mano sinistra tipico delle barcarole, ne fa un unicum nell’intera produzione del maestro.

Il bis si è attenuto al titolo del programma. Pogorelich ha infatti eseguito un altro degli ultimi capolavori del compositore polacco, la celebre “Berceuse”. Sulla base di un accompagnamento della mano sinistra uguale per tutta la durata del brano, un meraviglioso tema si sviluppa in una serie di variazioni che in realtà consistono in una vera e propria disintegrazione del tema stesso in eteree e delicatissime ornamentazioni sonore. Una “ninnananna” così bella che, citando ancora Hedley, “scoraggia chiunque dall’idea di scriverne un’altra”.

Magistrale e delicatissima l’interpretazione del pianista serbo, che ha indotto il pubblico ad alzarsi in piedi per una autentica ovazione.

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