Intervenga il ministro dell’Ambiente. Con un’interrogazione parlamentare di ieri cofirmata dal capogruppo Udc alla Camera Luca Volontè, l’onorevole Giampiero D’Alia (nella foto) ha invitato il ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Alfonso Pecoraro Scanio ad indagare sulla vicenda Zps ITA 030042 denominata «Monti Peloritani, dorsale Curcuraci Antennammare e area marina dello Stretto» e sul progetto del porticciolo di Grotte portato avanti dalla Nettuno S.p.a.
Il progetto, come è noto, è nato dalla fusione di due idee, una del Gruppo Franza e una delle Amministrazioni comunale e provinciale, attraverso la società partecipata Nettuno S.p.a., e oggi si trova a fronteggiare un ostacolo normativo imponente, nato dal concorso di leggi regionali, nazionali e comunitarie. Infatti la Regione Sicilia ha istituito nel 2005 la Zps suddetta, in cui si inserisce la zona di Grotte. A sua volta è la legge nazionale, in particolare una Delibera del ministro dell’Ambiente del dicembre 1996, ad equiparare le Zps alle Riserve naturali dello Stato. Sull’area insistono alcune specie vegetali tutelate dalla rete Natura 2000 (tra cui la Posidonia oceanica), istituita, e arriviamo all’apice della piramide legislativa, con la Direttiva Habitat (Direttiva 92/42/CEE. La Rete in questione è un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat e specie sia animali e vegetali, di interesse comunitario la cui funzione è quella di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità presente sul continente europeo.
Di tutto il quadro normativo, ma anche delle specie vegetali da salvaguardare presenti in zona, dà conto l’onorevole D’Alia nella sua articolata interrogazione. Per scrupolo di completezza, però, va detto che sulle Zps si è consumato negli ultimi mesi uno scontro durissimo tra istituzioni locali e regionali da una parte, che volevano affermare un’eccezione delle Zps messinesi rispetto all’equiparazione con le Riserve naturali (sullo sfondo ragioni edilizie, ma anche di semplice programmazione del territorio), e organizzazioni ambientaliste dall’altro, Wwf in testa, che hanno difeso con successo, grazie ad una sentenza favorevole del Tar datata 17 luglio, il mantenimento dei vincoli per tutte le Zone a Protezione speciale.
Nell’interrogazione di D’Alia, inoltre, compare un fugace quanto importante accenno nei confronti di presunte irregolarità amministrative commesse da Comune, Provincia e Gruppo Franza (non nominato direttamente). Queste le parole di D’Alia: «Le procedure amministrative fin qui seguite appaiono, peraltro, anomale e di dubbia legittimità con particolare riguardo ad atti posti in essere dal comune, dalla provincia regionale di Messina, e dal predetto gruppo imprenditoriale privato».
Accenno senza conseguenze, visto che, alla fine, le motivazioni di opposizione al progetto del porticciolo esposte nell’interrogazione sono di carattere ambientalistico, e fanno riferimento a risvolti di carattere economico e di pubblica sicurezza. L’interrogazione infatti prefigura uno scenario ambientale in cui la costruzione del porticciolo provocherà non solo danni alla popolazione di posidonia, ma anche il peggioramento della situazione relativa all’erosione delle coste e infine, per via delle opere a terra, «alterazione dei pendii e possibili fenomeni franosi».
Sulla stessa linea dell’onorevole D’Alia si muove il Wwf Italia, che per bocca di Anna Giordano ha ricordato: «La localizzazione non è compatibile né con le norme né con l’ambiente. E’ assurdo investire somme pubbliche, pure ingenti, in opere che avranno un effetto diretto e indiretto certo sulle specie vegetali presenti nel luogo, sull’erosione costiera e anche sulla sicurezza pubblica, visto che le opere connesse al porticciolo sorgerebbero in un’area caratterizzata da un dissesto idrogeologico già gravissimo, e non potrebbero che peggiorarlo». L’ambientalista, però, fa anche una proposta: «Vogliamo creare un porticciolo? Ammesso che ci serva, e questo secondo me è da dimostrare. Si cerchi un’area adatta nella zona falcata, dove esiste una protezione naturale rispetto al moto ondoso. Questo sarebbe saggio, ma a Messina sì è adottata la politica del cemento a tutto spiano. E come al solito i cittadini ne pagheranno le conseguenze, come succede in continuazione, quando avvengono le frane, i crolli di strade, le inondazioni, oppure quando le spiagge spariscono mangiate dal mare. E’ una legge fisica, l’energia dell’onda se non trova dove andare a sbattere si sposta».
Sul problema dell’erosione anche il consigliere Carmelo Giaimo, componente della VII Commissione “Tutela del Territorio e Patrimonio- ha dichiarato che: «Ancora la Commissione non ha affrontato la questione, ma credo che bisognerà farlo al più presto. Il primo passo da compiere è il monitoraggio delle aree, a partire dai torrenti della zona, per analizzare eventuali interferenze dell’opera con il deflusso delle acque».