L’incompatibilità di Buzzanca, si lavora su due fronti. Ecco a chi toccherà decidere

L’incompatibilità di Buzzanca, si lavora su due fronti. Ecco a chi toccherà decidere

L’incompatibilità di Buzzanca, si lavora su due fronti. Ecco a chi toccherà decidere

venerdì 30 Aprile 2010 - 13:52

Il percorso giuridico è quello più lungo, ma ce n’è uno politico che potrebbe costringere il sindaco a fare una scelta in tempi più brevi: l’avv. Catalioto, per conto di D’Aquino, ha chiesto alla commissione Verifica poteri dell’Ars di pronunciarsi. Ne fanno parte due messinesi: Panarello e Laccoto del Pd

Sono due i percorsi che l’avv. Antonio Catalioto, che difende gli interessi di Antonio D’Aquino “contro” quelli di Giuseppe Buzzanca, intende percorrere. Entrambi hanno l’obiettivo di rendere fattiva l’incompatibilità tra gli incarichi di parlamentare regionale e di amministratore di una città con più di 20 mila abitanti sancita dalla Corte Costituzionale. Sentenza che, lo ricordiamo, ha indotto alle dimissioni volontarie Giovanni Ardizzone dell’Udc e Fortunato Romano dell’Mpa. Buzzanca, lo ricordiamo, ha già fatto sapere di non avere la minima intenzione né di lasciare la fascia tricolore di Messina né la propria poltrona di sala d’Ercole. E si avvarrà dei contenuti della famosa “leggina” che l’Ars, con un voto bipartisan, approvò il 3 marzo 2009. Leggina che, prevedendo con largo anticipo l’esito scontato della pronuncia della Consulta, sancì, opportunamente emendata da alcuni parlamentari (tra cui lo stesso Buzzanca) che «nel caso in cui venga accertata l’incompatibilità, dalla definitiva deliberazione adottata dall’Assemblea, decorre il termine di dieci giorni entro il quale l’eletto deve esercitare il diritto di opzione a pena di decadenza. Ove l’incompatibilità sia accertata in sede giudiziale, il termine di dieci giorni per esercitare il diritto di opzione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza». Insomma, dal punto di vista giuridico perché Buzzanca sia costretto ad una scelta, sindaco o deputato, dovranno passare i tre gradi di giudizio successivi al ricorso presentato da un terzo interessato, in questo caso D’Aquino.

Ma c’è un’altra via, che potremmo definire “politica”, e che D’Aquino ha già avviato. Quest’ultimo, nel frattempo transitato dal Pdl all’Mpa, ha chiesto alla commissione Verifica poteri dell’Ars di «riconoscere all’unanimità la sussistenza dell’incompatibilità» e di «sottoporla all’approvazione dell’aula». In sostanza, ci spiega Catalioto, «pur non essendoci un tempo perentorio, abbiamo chiesto alla commissione di pronunciarsi entro 30 giorni, potendosi prefigurare un danno erariale nel caso in cui Buzzanca dovesse maturare una pensione da parlamentare a cui non avrebbe diritto. Del resto si tratta di applicare una sentenza della Corte costituzionale, su questa tematica non può esserci discrezionalità. Se la commissione prenderà una decisione all’unanimità, produrrà una delibera da sottoporre all’esame dell’assemblea regionale, in caso contrario si procederà con una sorta di “udienza” nella quale si convocheranno le parti. In ogni caso – ribadisce Catalioto – siamo pronti a rivolgerci al Tribunale ordinario di Palermo, di fronte al quale solleveremo già in primo grado la questione della costituzionalità di quella “leggina”».

Ma chi fa parte della commissione Verifica poteri dell’Ars, nelle cui mani, di fatto, è il destino di Buzzanca? Tre sono gli esponenti del Pdl (tutti “lealisti”), uno dell’Mpa, uno dell’Udc e tre del Pd, tra cui due messinesi, Giuseppe Laccoto, che fu tra i promotori della “leggina”, e Filippo Panarello, che invece il 3 marzo di un anno fa fu uno dei pochi contrari. A presiedere la commissione è lo stesso presidente dell’Ars, Francesco Cascio, mentre i suoi vice sono Giuseppe Arena (Mpa) e Turi Termine (Pd). Questi gli altri componenti: Antonino D’Asero (Pdl), Baldassare Gucciardi (Pd), Giuseppe Laccoto (Pd), Rudi Maira (Udc), Filippo Panarello (Pd) e Vincenzo Vinciullo (Pdl). La loro parola sarà decisiva per capire se Buzzanca, nel giro anche di un mese, dovrà davvero decidere se continuare ad essere sindaco di Messina oppure proseguire il proprio percorso di parlamentare regionale. La legge, di fatto, ha già detto la sua, adesso tocca alla politica.

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