Il cronista dell'Ansa vive a Palermo sotto scorta ed è scampato ad un attentato pochi giorni fa. Domani per lui, alle 10.30, una manifestazione di solidarietà nel capoluogo siciliano
Non è più la mafia stragista, la mafia delle bombe, la mafia dei morti ammazzati giorno dopo giorno in mezzo alla strada. No, la mafia adesso è quella dei colletti bianchi, ci dicono, del racket, degli imprenditori, dei politici. E’ di questa mafia che Lirio Abbate (nella foto), cronista dell’agenzia Ansa, ha scritto e riferito nel suo libro-inchiesta scritto con Peter Gomez, “I complici – Tutti gli uomini di Provenzano da Corleone al Parlamento-, ma è con quella vecchia, la mafia più “violenta- che ha avuto e sta tuttora avendo a che fare. O meglio con quei metodi, quelli più spicci, quelli che non lasciano spazio alle parole e, spesso, nemmeno alla vita. Lirio Abbate vive da tre mesi sotto scorta, perché a Palermo, e non solo, è mal visto dopo quel libro in cui, a differenza di tanti altri, ha fatto nomi e cognomi. Nomi e cognomi pesanti, che come dice il titolo stesso, partono da Corleone e giungono fino a Roma, tra gli scranni del Parlamento. Abbate ha osato troppo, è andato oltre quello che è il suo semplice ruolo di cronista di nera e giudiziaria per conto dell’Ansa a Palermo, dove fare questo mestiere significa anche, spesso, dover chiudere un occhio, se non tutti e due.
Le prime lettere minatorie spinsero al trasferimento di Abbate a Roma, lontano da casa e dalle minacce della mafia. Ma lui non ha demorso, ed è tornato a vivere nella sua Palermo, perché come lui stesso ha ricordato «non dobbiamo mai smettere di dare spazio alla verità e di volere capire cosa succede in questa città. Sono tornato a Palermo dopo essere andato per un po’ a Roma e ho fatto la mia scelta: non andrò via». Alle orecchie di qualcuno questa è suonata come una sfida bella e buona, un affronto, dunque. Alla mafia, vecchia o nuova che sia, gente così non piace. Né tantomeno ai famosi colletti bianchi, loro men che mai devono essere nominati. La notte di sabato scorso, così, dopo mesi di intimidazioni, s’è passato ai fatti, sfiorando la tragedia: due sconosciuti hanno tentato di piazzare un ordigno rudimentale sotto l’automobile del giornalista, parcheggiata sotto la sua abitazione in quartiere popolare di Palermo. Il peggio è stato evitato dai due agenti di scorta, o del “servizio di bonifica- come vengono chiamati, che si sono accorti di tutto, non riuscendo però a catturare le due persone. Gli artificieri, poi, hanno fatto il resto, rimuovendo l’ordigno che, a quanto pare, sarebbe stato pienamente funzionante e dunque in grado di far saltare in aria l’automobile. Forse per l’ennesima, eclatante intimidazione, o forse per chiudere per sempre la bocca ad Abbate.
Il cronista dell’Ansa non demorde, lui non vuol cedere, e rilancia in un’intervista a Repubblica, nella quale dice di non essere «una testa calda, un estremista, sono un cronista e credo che il mio impegno sia stretto in poche parole: raccontare quel che posso documentare». Che poi è quello che dovrebbe essere il mestiere di tutti i cronisti. Numerosissimi gli attestati di stima e solidarietà che sono piovuti nei confronti di Abbate da tutta Italia, politici compresi, a partire dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che proprio recentemente era stato a Palermo mostrando vicinanza verso il difficile ruolo della stampa in Sicilia. Oggi, in una conferenza stampa tenutasi a Palermo, il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti è intervenuto sulla vicenda, dicendo che «in casi come questi è facile farsi trascinare nella retorica e nella demagogia, ma dobbiamo essere coscienti che per reagire di fronte a vicende come quella di Abbate c’è solo la compattezza della categoria. Dobbiamo costruire insomma una sorta di “cordone sanitario- della professione». Lo stesso Del Boca ha parlato di retorica, ed effettivamente ne è stata sciorinata tanta di questi giorni. Chissà cosa penserà Abbate, che pur scortato e apparentemente stimato da mezza Italia, sembra sempre più solo nella sua lotta contro la mafia palermitana. Domani mattina, a coronamento di questa lunga settimana, si terrà a Palermo alle ore 10.30 la “passeggiata della solidarietà-. Il timore, però, è che fra qualche settimana tutto torni come prima, quando la sbornia della retorica e dell’ipocrisia sarà passata, e il male oscuro e la solitudine torneranno a farsi sentire.