I due consiglieri comunali del Pd tornano sulla questione, paventando la perdita dei 18 milioni di euro a fronte della spesa certa di 130 mila euro, tra compensi della Commissione e spese legali. «Intervenga la deputazione nazionale»
La fretta? Spesso è cattiva consigliera. Così forse è stato anche per il Palagiustizia satellite, attorno al quale, nel tempo, è nato un vero e proprio caso. Qui di fretta ce n’è stata e tanta, per via dell’ultimatum dato dal ministero di Grazia e Giustizia, che il 9 marzo di un anno fa “intimava” all’Amministrazione di «formulare, in tempi brevi, delle concrete proposte di utilizzo delle risorse assegnate», la bellezza di 18 milioni di euro, pena la perdita del finanziamento. La “fretta” di cui sopra ha portato il Comune ha sborsare, intanto, oltre 130 mila euro ma, stando ad indiscrezioni di Palazzo, senza frutto, perché a quanto pare quelle somme le perderemo lo stesso, vedendocele soffiare da sotto il naso dalla “rivale” Catania. Ad aleggiare questo fantasma sono Felice Calabrò e Simona Contestabile, consiglieri comunali di “Genovese Sindaco” (Pd).
I due partono dal lavoro della commissione per la valutazione delle offerte, composta dal segretario generale del Comune Santi Alligo, il direttore di sezione Edilizia giudiziaria del Comune Salvatore Saglimbeni , il responsabile della sicurezza degli uffici giudiziari del Tribunale Santi Mangano e segretaria verbalizzante, Lucia Badessa, direttore di sezione amministrativa del dipartimento Patrimonio. La commissione che, come è ormai noto, ha individuato nell’immobile di via Bonino di proprietà della cordata con a capo la Gmc srl la soluzione più idonea. Ma secondo Calabrò e Contestabile «non si può non considerare, nella valutazione dell’operato della Commissione per la valutazione delle offerte, come il CGA, concludendo l’iter giuridico amministrativo (fase cautelare) iniziato davanti al Tar di Catania, in seguito al deposito di note da parte della Neptunia SpA (la società dei Franza arrivata seconda secondo la Commissione) contenenti rilievi critici sulla legittimità della procedura seguita e sulla convenienza della scelta effettuata, abbia, in data 17 dicembre 2009, accolto il ricorso della società appellante, disponendo la sospensione del provvedimento di scelta operato dalla Commissione e, di fatto, interrompendo il farraginoso procedimento posto in essere dall’Amministrazione per ottemperare all’out out del Guardasigilli, il quale è bene non dimenticarlo, è il co-leader della corrente dei lealisti siciliani del Pdl, di cui pare faccia parte anche il sindaco Buzzanca».
«Ma la nostra città – continuano i due consiglieri – oramai da 18 mesi a questa parte, è il naturale palcoscenico del teatro dell’assurdo. Sembrerebbe, infatti, come da notizie ufficiose provenienti direttamente da Palazzo Zanca, che i fondi ministeriali, i famosi 18 milioni di euro, non sfruttati entro i termini categoricamente prescritti dal Ministro, siano stati destinati ad altri lidi e, precisamente, alla vicina Catania. Peraltro, anche qualora non fosse intervenuta la spada di Damocle del Giudice Amministrativo, va detto che la brillante Amministrazione, la quale non è stata in grado di ottenere alcuna proroga dal governo amico, da parte sua non era riuscita a completare l’iter per l’impegno delle somme nei termini prescritti». Calabrò e Contestabile tornano a sottolineare che la Gmc, alla data del 2 settembre scorso, «non aveva adempiuto a nessuna delle richieste fatte dall’Amministrazione: produzione delle liberatorie dai vincoli gravanti sull’immobile e segnatamente una servitù di passaggio carrabile, un’ipoteca volontaria a garanzia di un mutuo, un’ipoteca legale; produzione di apposito nulla osta del Consorzio ASI sulla nuova destinazione d’uso dell’immobile. Vorremmo comprendere, quindi, come l’esecutivo, viste le suddette mancanze, intendesse far fronte agli impegni presi con il Ministero di Grazia e Giustizia, avendo deliberato l’approvazione di scelta della commissione giudicatrice solo il 9 settembre, un giorno prima del termine ultimo fissato».
Stravaganze, le definiscono i due esponenti del Pd, che non finiscono qui. «Al legittimo dubbio sorto in ordine alla destinazione del fantomatico finanziamento, si aggiungono due certezze dal peso rispettivamente una di 74 mila euro circa (la “parcella” pagata alla Commissione di valutazione) e l’altra dal peso, destinato a lievitare notevolmente, di 64 mila euro circa, corrispondente all’acconto richiesto dall’avv. Carrara per il patrocinio prestato in favore del Comune di Messina, dinnanzi al Tar Catania (fase cautelare), in occasione dei ricorsi presentati dalla Neptunia spa e dalla Curia Arcivescovile. A ciò si aggiunga che, ancora, non è dato sapere a quanto ammonterà il compenso dell’avv. Ferrara, procuratore del Comune innanzi al Cga. E’ legittimo chiedersi da quale bilancio saranno spillati i soldi di cui sopra? Rientrano nel finanziamento perduto? Le dette domande, soprattutto in ordine ai compensi dei componenti e della segretaria della commissione di valutazione, hanno fondamento nella stessa delibera di nomina, laddove nulla è previsto in ordine all’ammontare dei compensi stessi, tant’è che la stessa delibera è sprovvista di parere contabile».
«Per l’ennesima volta – concludono Calabrò e Contestabile – siamo costretti, a fronte della palese incapacità locale, a chiedere un intervento serio e determinato da parte della deputazione nazionale, affinché la stessa interceda presso il Ministro al fine di evitare la paventata perdita del finanziamento e, nel contempo, allo scopo di ottenere la proroga necessaria per trovare un’adeguata e condivisa soluzione all’annoso problema del secondo palazzo di giustizia».
(foto Dino Sturiale)