Il Piano paesaggistico al centro di tutto. Corvaja dice la sua, ingegneri e architetti fortemente critici

Il Piano paesaggistico al centro di tutto. Corvaja dice la sua, ingegneri e architetti fortemente critici

Il Piano paesaggistico al centro di tutto. Corvaja dice la sua, ingegneri e architetti fortemente critici

martedì 04 Maggio 2010 - 15:54

L’assessore all’Urbanistica spiega la sua osservazione (condivisa da Buzzanca) che chiede che il Piano venga sottoposto a Vas. Gli Ordini professionali presentano cinque osservazioni che stravolgerebbero il Piano stesso. E stasera in consiglio comunale ci sarà il dibattito

Il Piano paesaggistico continua a tenere banco nell’agenda politica messinese. Dopo le “bordate” di Gianpiero D’Alia sulle osservazioni presentate dal Comune, stasera se ne discuterà in consiglio comunale, con l’Udc pronto a chiedere il “prelievo” dell’ordine del giorno riguardante proprio il Piano, sul quale si misureranno ancora una volta gli equilibri interni alla maggioranza. Sul Piano, intanto, vanno registrate altre posizioni. Quella degli Ordini professionali, sui quali ci concentreremo più avanti, e quella dell’assessore all’Urbanistica Giuseppe Corvaja, che oltre ad aver firmato le osservazioni redatte dal capo area dell’Urbanistica, l’ing. Giovanni Caminiti, ne ha presentata un’altra insieme al sindaco Giuseppe Buzzanca.

L’osservazione di Corvaja e Buzzanca chiede che il Piano paesaggistico venga sottoposto a Vas, Valutazione ambientale strategica. «Ove la Vas fosse stata operata – ribadisce Corvaja – stante la normativa vigente, il consiglio comunale e tutti i portatori d’interesse avrebbero dovuto essere coinvolti già nella fase di redazione del Piano. Si ritiene, infatti, che l’accoglimento dell’osservazione possa dare al consiglio comunale, agli Ordini Professionali e a tutti i soggetti aventi competenza sull’ambiente e a tutti i cittadini, l’opportunità di coniugare le peculiarità ambientali, territoriali, paesaggistiche e culturali, come valori patrimoniali su cui fondare lo sviluppo locale, e gli obiettivi della qualità paesaggistica alla qualità dell’abitare, reinterpretando le diversità di paesaggi rurali di grande valore storico e dei paesaggi degradati da riqualificare, rivitalizzare, ristabilendo i limiti fra città e campagna, i margini urbani, attivando politiche di riqualificazione e valorizzazione paesaggistica del sistema costiero, bloccando l’edificazione negli spazi aperti, riqualificando i fronti urbani a mare, liberando le fasce di pertinenza dei corsi d’acqua fino alla foce, conservando gli ecosistemi a naturalità diffusa e quanto di più e di meglio potrà essere rappresentato, anche per i processi in itinere aventi ad oggetto il miglioramento o la pianificazione di aree degradate, vedi per tutte Mare Grosso, Zona Falcata e Parco Ferroviari».

«In ultima analisi – conclude Corvaja – si ritiene che, nell’interesse generale, la fase di “scoping” (ndr: analisi preliminare), che avrebbe dovuto accompagnare la redazione del Piano, avrebbe potuto e dovuto consentire una maggiore partecipazione che, in conformità alle norme disciplinanti la Vas, avrebbe meglio coniugato la salvaguardia e la tutela del paesaggio con un sostenibile sviluppo socio-economico».

LE OSSERVAZIONI DI INGEGNERI E ARCHITETTI

Cinque osservazioni le hanno presentate anche gli Ordini professionali degli Ingegneri e degli Architetti, attraverso un documento firmato dai rispettivi presidenti, ing. Santi Trovato e arch. Gaetano Montalto, e sottoscritto da diversi colleghi. Documento in gran parte critico nei confronti di questo Piano paesaggistico, come si evince da un passaggio: «Ci sembra opportuno rappresentare e ribadire che il codice Urbani, in attuazione del quale viene redatto il Piano Paesaggistico, non prevede la possibilità che i Piani possano dettare norme urbanistiche».

Ingegneri e architetti, pur sottolineando l’importanza del Piano, sottolineano che «esiste il pericolo che il sovrapporsi di troppe normative riguardanti il territorio, in mancanza di un chiaro quadro programmatico, con criteri certi di applicazione, possa costituire elemento di confusione e, contrariamente agli obiettivi, di minor salvaguardia del territorio con conseguente incentivazione all’abusivismo diffuso. Passando ad un esame dell’articolato, in particolar modo si nota che l’attenzione maggiore è rivolta al territorio naturale legato allo sviluppo agro-forestale ed in specie si rileva che le norme dettate per le zone boschive e per la salvaguardia delle essenze e dei paesaggi agro-forestali, entrano fortemente in contrasto con le logiche del Codice Urbani, in quanto di fatto vincolano l’intero territorio con inutili ed improduttive regole che impegnano lo stesso territorio a subire vincoli passivi, contrari allo sviluppo, tesi solo all’inutile conservazione vincolata ad una necessaria manutenzione improduttiva. Il piano – proseguono Trovato e Montalto – assume così un inusuale ed incongruente aspetto agro-forestale, vincolando di fatto, indipendentemente dalla destinazione urbanistica e dai vincoli apposti, l’intero territorio, vanificando il ruolo di tutela e sviluppo che il codice Urbani ha assegnato al Piano Paesaggistico. Da qui in caduta un susseguirsi di vincoli a salvaguardia e difesa della conservazione, di un territorio ormai collassato che necessita di urgentissime cure per un improrogabile recupero».

Venendo alle osservazioni vere e proprie, ingegneri e architetti chiedono, tra l’altro, di consentire interventi nelle fasce costiere e nelle fasce fluviali (lì dove il Piano mette paletti rigidissimi) «attraverso l’individuazione di aree da assoggettare a piani attuativi di iniziativa pubblica, che riguardano interventi di sviluppo e riordino urbanistico anche afferenti a servizi territoriali e urbani e relative infrastrutture. L’attuazione di questi potrà utilizzare procedure di legge concorsuali con l’intervento di capitale privato». Sulle costruzioni “ad uso rurale e residenziale turistico” per gli Ordini «è impensabile e certamente irrazionale immaginare di vincolare tutte le costruzioni in zona agricola limitando le scelte architettoniche a tipologia a volte obsolete non più idonee allo sviluppo moderno e tecnologicamente avanzato, che garantisce il necessario sviluppo agricolo del nostro territorio, che ha proprio nell’agricoltura e pastorizia la risorsa primaria». I vincoli di cui sopra andrebbero limitati, dunque, «nelle aree agricole di riconosciuto pregio ambientale vincolate e riportate nelle redigende nuove pianificazioni, ai sensi di quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali». Prevedibile l’osservazione che lega l’articolo del Piano sulle aree Sic e Zps all’approvazione dei relativi piani di gestione, ancora non avvenuta.

Diversi i punti da rivedere circa le norme transitorie e di salvaguardia: è la quinta osservazione, quella che, di fatto, stravolgerebbe il Piano paesaggistico. Ne riportiamo appena qualche passaggio: secondo gli Ordini dovrebbero rimanere «valide tutte le autorizzazioni già rilasciate da parte della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali alla data di adozione del presente piano e tutte le iniziative di natura pubblica e privata in corso, in conformità alle pianificazioni in atto vigenti ricadenti all’interno della fascia dei 300 metri dalla costa e su tutte le fasce di rispetto dei torrenti e delle aree vincolate previste dal presente piano paesaggistico, all’interno dell’abitato consolidato. Sono escluse inoltre da limitazioni e prescrizioni tutte le aree portuali esistenti ed in corso di progettazione, nonché quelle iniziative afferenti gli interventi ricadenti all’interno dei piani attuativi pubblici già deliberati e dei Piani di lottizzazione di iniziativa privata già convenzionati». E ancora: «Tutte le previsioni contenute negli strumenti urbanistici, all’interno dell’abitato consolidato, restano valide ed operative, fermo restando che comunque dovranno essere sottoposte al parere della Soprintendenza tutte quelle iniziative che ricadono entro 300 metri dalla costa e entro le fasce di rispetto dei torrenti».

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