Quale futuro per il Partito del Sud?

Quale futuro per il Partito del Sud?

Quale futuro per il Partito del Sud?

martedì 28 Luglio 2009 - 17:39

Una sinistra senza idee né ideali si disinteressa del problema

Un fantasma si aggira per l’Italia.

I più sostengono che non esiste e minacciano pesanti ritorsioni contro l’esiguo manipolo di finti meridionalisti rivoluzionari col solo obiettivo di migliorare le loro posizioni personali. E minacciano pesanti ritorsioni.

Non sono minacce da poco: l’attuale sistema elettorale nazionale, dominato dai vertici romani, consente infatti di mettere in riga i dissidenti pena il mancato rinnovo della candidatura o la retrocessione in lista in posizioni tali da non essere rieletti.

Le elezioni però non sono imminenti e una minaccia che può concretizzarsi solo tra tre o quattro anni – nell’ottica miope della politica italiana -, in verità non fa molta paura.

Preso atto che l’arma più terrificante è piuttosto spuntata, gli apparati dei partiti al governo – ma non solo di questi: rimbomba assordante il silenzio di una sinistra, tutta presa dai suoi giochetti congressuali – hanno avviato una campagna di delegittimazione.

Non mi occupo di sciocchezze, ha tagliato corto Bossi, dannoso e inutile gli ha fatto eco Cuffaro; per passare poi alle dure stroncature di due ministri come il l’autorevole(?) Gasparri: ridicoli e il prestigioso(??) Calderoli: rigurgiti di assistenzialismo; non avranno un euro!.

L’accusa più comune è quella di svalutare i sostenitori dell’exploit lombardiano ad avventurieri in cerca di visibilità e/o di qualche poltrona.

Insomma, pochi ci credono ma … non si sa mai, meglio soffocarli – politicamente parlando, s’intende – da piccoli.

Tentiamo di guardare agli avvenimenti delle ultime settimane inserendoli nella loro reale dimensione.

Che fosse in corso un feroce tentativo di sfiancamento di Raffaele Lombardo da parte dei suoi alleati(?!) del PdL era chiaro da tempo.

Nel portare avanti il suo programma di governo, l’uomo di Grammichele si era trovato ripetute volte il robusto bastone degli alleati tra le ruote e aveva deciso un’azione di forza azzerando la giunta e minacciando elezioni anticipate.

Non era bastato: in mancanza di risultati, le sfide assomigliano tanto a meschine lotte di potere.

I risultati, poi, non sarebbero potuti mai arrivare senza l’aiuto – sostanzioso, in termini economici – del governo nazionale.

Che non è arrivato anzi, tra scippo dei miliardi dei Fas e menate varie sul Ponte, il paniere di risultati concreti dell’Era Lombardo si è rivelato vuoto in maniera preoccupante.

Qualunque politico siciliano sa bene che il miglior sistema per eliminare l’avversario – politicamente parlando, s’intende – è quello di costringerlo a barcamenarsi tra mille imboscate e malefigure quotidiane in aula. Fino ad appannarne l’immagine, il prestigio e, in definitiva, il potere.

Don Rafè questo lo sa bene e ha di nuovo sparigliato, tirando fuori dal cilindro il coniglio del Partito del Sud.

Era già d’accordo con Micciché? C’è dietro la regia di Dell’Utri? Che ruolo possono giocare la Prestigiacomo e l’accantonato Antonio Martino? Basterà la promozione di Micciché a reggente della costituenda nuova Cassa del Mezzogiorno di ispirazione tremontiana per sterilizzare la fronda interna al PdL?

Domande, oggi, senza risposte certe.

La molla che spinge gli uomini è una miscela, variamente costituita, di interessi personali e veri o finti ideali. Ma ciò che determina il successo o il fallimento delle loro iniziative è il coacervo di forze che riescono a coagulare intorno alle loro proposte.

In politica poi, tutto si traduce in numeri: voti dei cittadini al momento delle elezioni, voti parlamentari durante la legislatura.

Qunti sono quelli di Lombardo e Micciché?

Si uniranno a loro tanti parlamentari meridionali, dei partiti al governo, da minacciare la sopravvivenza dell’esecutivo filo-lumbàrd di Tremonti e Bossi?

Lunedì sono stati solo in 6 o 7 a votare a favore di Palermo, in un emendamento contrario alla proposta del Governo che voleva Milano sede del Forum permanente sullo sviluppo dell’Area del Mediterraneo.

Pochini, in verità, considerata la palese assurdità della proposta governativa: sarebbe stato un ottimo banco di prova per tutti i parlamentari meridionali del centro-destra.

Evidentemente negli altri, la disciplina di partito ha prevalso sullo spirito di appartenenza a un Meridione palesemente abbandonato a un eterno sottosviluppo.

Congratulazioni a Bossi, che è riuscito a dare un’identità padana a milioni di cittadini che col Po non c’entrano nulla; a far sentire come comuni gli interessi, ben diversi, dei montanari trentini, friulani e piemontesi e quelli degli industrialotti veneti e lombardi.

Senza un grande salto culturale il Partito del Sud ha davanti una strada irta di ostacoli insormontabili.

Anche in considerazione del patetico e vergognoso disinteresse di una pseudo-sinistra totalmente dimentica delle sue radici storiche.

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