E se la telenovela del Ponte fosse solo una colossale presa in giro?
D Nella prima parte abbiamo discusso della valenza europea dell’opera e della validità del progetto. Concludendo che, a parte il centinaio di veri esperti esistenti al mondo, disquisire se starà in piedi o no è da tifosi al Bar dello Sport.
Nella seconda abbiamo esaminato i 40.000 posti di lavoro annunciati dalla Stretto di Messina, numero buttato lì apparentemente senza alcun riscontro effettivo. Ulteriore dimostrazione della mancanza di volontà o di capacità di rendere partecipi le popolazioni locali nella realizzazione di un’opera che porta il nome di Messina.
Non mi sembra che il quadro sia confortante.
R. Non lo è affatto.
Di più, le ripetute esternazioni di Berlusconi e Matteoli sull’imminente avvio dei lavori e le dichiarazioni dell’AD della Stretto di Messina, Ciucci, prive di conferme nei fatti, avvalorano il dubbio che sia tutta una colossale montatura e che questo Ponte, in realtà, non lo si vuole proprio fare.
Una prova? Il 17 aprile scorso è stato firmato l’accordo tra la società concessionaria ed Eurolink (la società di progetto), finalizzato alla ripresa dei lavori. Per rendere realmente operativa l’intesa è indispensabile la firma del Ministro.
A distanza di 2 mesi e mezzo, Matteoli continua a ciurlare nel manico, giurando che nel 2010 si apriranno i cantieri, ma si guarda bene dal firmare.
Gli uffici di Messina e Reggio sono chiusi e il personale è stato licenziato.
Tutto è a Roma, è nato a Roma e, probabilmente, vi resterà per sempre; a gloria della politica romana e umiliazione della città che dà il nome al Ponte e dove si dovrebbero aprire i cantieri.
E’ evidente che Matteoli prende tempo, sperando forse che accada qualcosa per poter dire, con espressione contrita: “Avremmo tanto voluto farlo, ma – il caso cinico e baro, quei cattivoni degli ambientalisti, l’opposizione comunista o chissà cos’altro – ce l’hanno impedito.
E’ prioritaria l’autostrada Civitavecchia-Cecina, forse perché il Ministro è nato a Cecina ed è sindaco di Orbetello.
Ma forse sono volgari insinuazioni degli antiberlusconiani.
D. Lasciamo perdere la politica e affrontiamo il rapporto tra Ponte e comunità locali. Mi diceva che non sarebbe stato affatto diplomatico.
Lo dimostri.
R. Quella del referendum è una colossale idiozia …
D. Questa è bella! Lei è contro la Democrazia diretta!
R. Assolutamente no! Solo che, come ha ben argomentato Bobbio, in una società moderna e globalizzata, i cittadini possono esercitare direttamente la loro volontà solo in casi ben precisi e piuttosto circoscritti.
Le democrazie moderne sono inevitabilmente diventate democrazie della cabina elettorale; il voto non serve per decidere ma per eleggere chi dovrà decidere.
Passando poi dal generale al particolare, qualcuno mi dovrebbe spiegare chi dovrebbe votare e quale dovrebbe essere il quesito referendario.
I cittadini di Catania – certamente molto interessati al Ponte – sono esclusi dal voto? E gli abitanti di Milazzo?
Il parere dei cittadini di Giampilieri e Rodia, che il Ponte nemmeno lo vedono, ha lo stesso peso di quello dei cittadini di Ganzirri e Faro, che ce l’hanno sulla testa?
Inoltre, cosa si dovrebbe decidere? Se fare il Ponte o non farlo?
Ricordo a me stesso che il Ponte è un piccolo segmento del grande Corridoio 1 Berlino-Palermo. Applicando il principio pseudodemocratico – pseudo perché a decidere sarebbe una minoranza – secondo il quale ogni unità territoriale decide le cose di casa sua, se i cittadini di Acquedolci non avessero voluto che il tracciato della A20 (la Me-Pa) passasse dal loro comune, sarebbe stato giusto interromperla a Sant’Agata e riprenderla a Caronia? Sciocchezze!
Ancora più gravi quando sono sostenute da chi ha sempre affermato la prevalenza dell’interesse generale su quelli individuali.
Per formare l’enorme bacino idrico dello Jang-Tsé, cancellando per sempre il meraviglioso scenario delle Tre Gole, sono state trasferiti 2 milioni di cittadini cinesi.
D. Effettivamente, l’applicazione pratica di una prova referendaria sarebbe molto difficile …
R. Dico di più, l’idea deriva da un errore concettuale: che i soldi stanziati per il Ponte sullo Stretto siano dei Messinesi, il che non è affatto vero.
Una volta dissipato quest’equivoco, si comprende anche l’assoluta irrilevanza di una delle obiezioni più comuni alla realizzazione del Ponte: per andare a Reggio Calabria, col Ponte si impiegherà più tempo di prima.
Anche se fosse vero – e non lo è -, nell’economia complessiva dell’opera ciò non conta nulla.
D. Si spieghi meglio.
R. Le risorse destinate alla costruzione di grandi opere non appartengono alle località che le ospitano.
Può irritare o anche offendere lo spirito campanilistico, ma è così.
Se non si farà il Ponte, i soldi risparmiati saranno dedicati, che so, al completamento della Civitavecchia-Cecina o all’impianto di compostaggio di Borgaro Torinese. C’è una lunghissima lista d’attesa.
D. Insomma, prendere o lasciare. I Messinesi dovrebbero calare la testa e non dire nulla!
R. Assolutamente no. A mio parere, il problema Ponte, come quello di buona parte delle grandi opere in Italia, è stato mal condotto fin dal primo momento.
Partiamo da una verità difficilmente contestabile: le fortissime resistenze delle comunità locali discendono essenzialmente dalla percezione di una ineguale distribuzione di costi e benefici.
Voglio dire con estrema chiarezza che, nel caso del Ponte, sono assolutamente giustificate. E le colpe sono equamente ripartite tra governi centrali e locali.
D. Quali sono le colpe dei governi locali?
Facciamo un esempio di scelta illogica e stupida.
La società concessionaria riveste certamente un ruolo importante nella vicenda Ponte. Nel suo Consiglio d’Amministrazione siedono – come è prassi – i rappresentanti della proprietà. Maggiore è la quota di proprietà, maggiore è il peso decisionale.
Qualcuno mi spieghi perché la Sicilia, la regione più coinvolta nell’opera, ha lasciato progressivamente diminuire la propria quota di partecipazione e, in conseguenza, il suo peso decisionale?
Per favore, non mi dica che non c’erano i soldi da investire in un’impresa che sia Cuffaro che Lombardo giudicavano vitale per la loro e nostra regione.
Inoltre – come opportunamente rilevato da Tempostretto qualche giorno fa -, il rappresentante della Sicilia nel CdA non è un Messinese ma un altissimo burocrate palermitano.
D. Incredibile! Se la stampa e i politici locali – indipendentemente dalla collocazione politica – facessero fronte comune, potrebbero costringere il Presidente Lombardo a porre fine a questa vergogna.
R. L’assenza di chi può rappresentare con autorevolezza gli interessi della nostra città fa sì che la società concessionaria ne sottovaluti i problemi e ne trascuri le aspirazioni.
A danno non solo dei Messinesi, ma di tutta l’operazione Ponte.
E la situazione è così da anni. E’ o non è una colossale idiozia?
La frase: ai Messinesi tutti i guai e agli altri tutti i vantaggi è un’opinione diffusa che trova poi un certo riscontro nei fatti.
. In effetti … ma cosa potrebbe fare una persona che ama e conosce Messina più di quanto possa fare il dott. Emanuele, l’uomo designato da Lombardo nel CdA?
R. Sarei tentato di rispondere che, prima di tutto, dovrebbe presenziare a tutte le riunioni di Consiglio ma preferisco sorvolare.
Prima di rispondere, però, vorrei fare un ulteriore breve passaggio. Il ruolo di Emanuele deve essere, nel contempo, tecnico e politico. In realtà è solo politico, nel senso più deteriore del termine.
Ma allora, perché il Presidente Lombardo ha indicato Emanuele e non uno tra i tanti Messinesi capaci?
Perché è pazzo? Perché è stupido? Perché vuole danneggiare Messina?
Niente di tutto questo. La ragione è che non è stato trovato un accordo tra le forze politiche che sostengono la coalizione sulla persona da piazzare su quella poltrona.
Così ha scelto un funzionario-jolly in attesa che gli venga proposto un nome condiviso.
Prima o poi Lombardo lo sostituirà, ma vedrà che professionalità e conoscenza dei problemi del territorio messinese non saranno parametri determinanti nella scelta.
Come avviene per altre centinaia di posti di sottogoverno nel Sud.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: incompetenti (nel settore specifico) messi a capo di enti fondamentali.L’improvvisazione al potere.
Non meravigliamoci poi se l’intero sistema non funziona.
Il meccanismo è marcio, Lombardo sembra non avere la forza o la volontà di cambiarlo e la coppia Buzzanca-Ricevuto non riesce a imporre una scelta fatta nell’interesse di Messina; ammesso che l’abbia fatta.
D. Fermiamoci qui. Riprenderemo con le responsabilità delle amministrazioni messinesi.
Correlati in basso prima e seconda parte degli articoli