Tra richieste, appelli e conflitti di competenze: “pagano” la Falce e tutta la città

Tra richieste, appelli e conflitti di competenze: “pagano” la Falce e tutta la città

Tra richieste, appelli e conflitti di competenze: “pagano” la Falce e tutta la città

venerdì 16 Aprile 2010 - 22:10

L’Ente Porto, sulla base di una sentenza del Cga, chiede le aree della zona falcata destinate a Punto Franco e non solo, bloccando di fatto i progetti dell’Autorità e quanto previsto dal Prp. Risposte dure degli assessori Bisignano e Capone e del segretario della Cisl, Genovese

Il blocco di ferro è duro ma si continua a battere la testa su di esso. L’istantanea del conflitto di competenze tra Autorità Portuale ed Ente Porto si tinge di beffa osservando lo stato della zona falcata, una delle potenziali perle della città da anni abbandonata a se stessa. La nota inviata lo scorso 12 aprile dal commissario dell’Ente Porto Rosario Madaudo all’Authority, arrivata nelle mani dei componenti del Comitato Portuale nella riunione di giovedì, è solo l’ultimo tassello di un botta e risposta che si spera finisca presto per il bene del territorio. Madaudo chiede di -riconsegnare le aree detenute destinate a Punto Franco, e quelle su cui insistono il bacino di carenaggio ed il cantiere navale ex Cassaro-. Una richiesta motivata dalla sentenza del Cga dello scorso 25 gennaio, che ha decretato il mantenimento dei poteri dell’Ente sull’area costituente il Punto Franco. In tutto complessivamente oltre duecentomila metri quadri, anche se il direttore generale del dipartimento Porti del Ministero delle Infastrutture e dei Trasporti, Cosimo Caliendo, sottolinea nel parere trasmesso all’Autorità come il Cga non consideri che le aree destinate all’istituzione del Punto Franco non siano le stesse per le quali l’Autorità portuale aveva ottenuto l’ok allo sgombero dal Tar di Catania nel 1999.

L’Ente Autonomo Portuale sollecita anche la comunicazione ufficiale e la consegna delle -relative documentazioni e delle eventuali concessioni esistenti-, così come la consegna dell’importo di eventuali canoni o utilità percepite dall’Authority per tali aree, dalla data della loro occupazione alla data dell’effettiva consegna, con interessi e rivalutazione. Si attende la controreplica dell’Autorità, la quale presenterà ricorso in Cassazione e dovrà inoltre decidere se dare seguito all’indirizzo dato dal Cga circa la risoluzione del conflitto di competenze tra i due enti, che dovrebbe avvenire attraverso una conferenza con la partecipazione di Stato e Regione.

Una -risposta- giudiziaria attesa. Forse accompagnata da una necessaria presa di posizione politica e amministrativa da parte degli organi cittadini. Una presa di posizione che al di là delle vicessitudini istituzionali, deve puntare allo sviluppo di quell’area, alla sua riqualificazione nell’interesse della cittadinanza.

Forte è il commento dell’Assessore alle Partecipate della Provincia Regionale, Michele Bisignano, componente per l’Ente del Comitato Portuale: «Appare del tutto inaccettabile e anzi ha il sapore di un’autentica offesa per la comunità, la richiesta caratterizzata da una logica anacronistica e -padronale- da parte del commissario di un ente che a quanto pare è illegittimo fin dalla sua costituzione, in quanto dopo la legge nazionale del ’51 che istituiva il Punto Franco, si doveva affidare la gestione sempre con provvedimenti del governo nazionale. Invece, come è ben noto, l’Ente Porto è stato istituito con decreto presidenziale, reiterato con altrettanti decreti presidenziali. Senza contare che non è mai arrivato il decreto attuativo dello strumento da parte del ministero dell’Economia». Bisignano non si ferma, anzi rincara: «Ciò, nonostante tale ente fantasma, che peraltro non è espressione ufficiale della Regione, visto che all’art.3 dello Statuto risultano solo Provincia, Comune e Camera di Commercio di Messina come enti ad esso collegati, pretende attenendosi alla sentenza del Cga, che non tiene minimamente conto di molte motivazioni riportate dal Tar, di impossessarsi di un’area che è strategica non solo per la città ma per l’intera area dello Stretto. E non per realizzare il Punto Franco (che tra l’altro dovrebbe sorgere in altra zona), così come dichiarato ufficialmente dal commissario, ma per altri fini che non si sa bene quali siano».

Lo stesso Bisignano lancia poi un appello agli altri enti: «Mi auguro che tutte le realtà interessate alla salvaguardia di un’area che è della comunità, davanti all’autentico tentativo di esproprio portato avanti dal governo regionale, assumano una posizione netta e decisa. A partire dall’Autorità Portuale, che non è rappresentata solo dal presidente ma anche dal Comitato Portuale, che più volte si è espresso mettendo da parte ogni compromesso». Un riferimento chiaro all’eventualità che l’Autorità decida di imboccare la strada della mediazione con l’Ente Porto, come detto tracciata dalla sentenza del Cga. Una sorta di messaggio subliminale, come a voler dire -se l’Autorità riconosce l’Ente Porto, non avrebbe più senso di esistere essa stessa-. «Per quanto mi riguarda – conclude l’assessore – con coerenza ribadisco ancora che proporrò al consiglio provinciale la fuoriuscita della Provincia dall’Ente Porto».

Anche le parole del segretario provinciale della Cisl di Messina, Tonino Genovese, sono termometro del clima che si respira, tutt’altro vicino al rasserenarsi: «Confermo quanto affermato fino ad oggi – dichiara -, l’Ente rimesso in piedi è assolutamente da chiudere. La doppia presenza crea un danno alla comunità. Al commissario voglio chiedere una cosa: come immagina di potere realizzare in tre mesi quello che non è stato fatto in -qualche annetto”?». Ricordiamo che il Punto Franco è stato istituto nel 1951 e l’Ente Porto solo due anni dopo. A distanza di oltre 50 anni però, non si rilevano particolari attività nonostante la superficie messa a disposizione (e un decreto di attuazione della norma sui vantaggi fiscali mai emanato). La costituzione delle Autorità Portuali nazionali va invece ricollegata alla legge 84/94, trattante il sistema di riordino nazionale dei porti.

«A prescindere dalle competenze si deve pensare alla riqualificazione della zona, puntando su specifici settori che possono rilanciare l’intero tessuto cittadino. Su tutti quello turistico, ma senza abbandonare il cantieristico e il commerciale». Così esordisce invece l’assessore comunale alla Mobilità, Melino Capone, anch’esso componente del Comitato Portuale. «La sentenza del Cda, con la successiva rivendicazione dell’Ente Porto (anche da Capone definito “ente inutile”), blocca gli impegni di spesa previsti dall’Autorità e i progetti previsti dal Piano Regolatore del Porto – continua -. Non sarebbe comprensibile effettuare degli investimenti su di un’area che rischia di non essere di propria pertinenza. Una situazione spiacevole. E poi farci cosa? Bunkeraggio? Riempirla di petroli?»

E a proposito di Prp, per il quale Buzzanca si è speso molto, è interessante valutare cosa questo prevede nella zona Falcata. Il disegno di recupero vede nell’area funzionale “mobilità e verde connettivo”, la formazione di un asse viario che percorra l’intera zona Falcata, sostituendo via San Raineri, con due carreggiate a due corsie, pista ciclopedonale e ampi spazi di parcheggio pubblico, più un’ulteriore carreggiata per il traffico pesante. Quanto rimane della Real Cittadella, invece, verrebbe «preservato da qualsiasi intervento che non sia la valorizzazione dei reperti archeologici o la costituzione di eventuali spazi museali grazie alla costituzione di un Parco Archeologico». In questo sottoambito del Piano rientra anche il polo turistico-alberghiero: bonificata l’area dell’ex degassifica, dovrebbero realizzarsi strutture alberghiere, commerciali, ludiche, sportive, «vale a dire una porzione di città capace di soddisfare quei bisogni, tipici di tutti i waterfront urbani derivati da dismissioni portuali, che la città consolidata non riesce più a soddisfare per la mancanza di idonee aree libere». Si pensa anche ad una nuova sede dell’Istituto Nautico e alla realizzazione di una piccola darsena per imbarcazioni medio-piccole, magari riservata ai clienti delle strutture alberghiere. Importante sottolineare come nel Prp si specifichi che «è previsto un indice di occupazione del suolo inferiore al 10% ed è stata imposta un’altezza massima di 4 piani».

«L’obiettivo finale deve essere uno sviluppo ordinato del Porto e dell’affaccio a mare – conclude Capone -. Spazi ottimali per diversi tipi di fruizione: commerciale, turistica, portuale. Senza dimenticare i pendolari. Ricordiamoci che l’affaccio a mare non è limitabile alle sole banchine che si estendono dalla stazione Marittima alla Guardia Costiera. C’è ad esempio anche la cittadella fieristica, che merita di essere aperta e non può rimanere chiusa per manifestazioni che durano massimo tre mesi l’anno. Lo sforzo del Comune è testimoniato dall’operazione di bonifica avviata a Maregrosso. E su quella strada l’Amministrazione intende proseguire».

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