Democrazia è partecipazione. Non ha dubbi Antonio Saitta sul ruolo di primo piano che i movimenti devono assumere all’interno del nascituro Partito Democratico. Il vicesindaco, in occasione dell’assemblea annuale del movimento civico “Vince Messina-, domani alle 17,30 nel Salone delle Bandiere a Palazzo Zanca, presenterà la sua relazione riguardo alle ragioni dell’adesione al nuovo soggetto politico. Ce ne ha dato una anticipazione, annunciando, tra l’altro, che domani si dimetterà dalla carica di coordinatore politico del movimento, conservando un ruolo di animatore.
Il Partito Democratico è inevitabile?
– Io non vedo alternative alla creazione di questo grande partito, ma non mi sta bene che lo statuto sia elaborato da una commissione di saggi e basta. Bisogna alimentare una discussione che sia la più larga possibile per la definizione di un simile documento.
Quale sarà il suo intento in questa fase che si apre?
– Mi sforzerò per promuovere il dialogo tra le forze coinvolte in questo processo. Il rischio da scongiurare è che viviamo questa fase in termini burocratici. Bisogna aprire un dibattito sui contenuti. Attualmente la sensazione, soprattutto al livello locale, è che tutto il processo sia un’operazione degli apparati. C’è come un approccio fatalistico, del genere: visto che hanno deciso così, seguiamo la corrente. Invece la nascita del Partito Democratico è un momento cruciale, che richiede la partecipazione di tutti.
Ha in mente delle proposte concrete per allargare la partecipazione delle persone al processo in atto?
– Domani lancerò l’idea di un patto federativo. Dobbiamo dimenticare già oggi le appartenenze di provenienza. Un po’ come una coppia in procinto di sposarsi, che comincia a ragionare in termini di comunione dal momento della decisione, non dopo le nozze. Un passo importante per il rafforzamento del senso di partecipazione sono le primarie. A partire dalle elezioni provinciali dell’anno prossimo.
I movimenti che posizione assumono nel PD? Possono facilitare l’avvicinamento delle persone al partito?
– Nell’ultima fase i movimenti sono stati messi da parte, commettendo secondo me un errore. Se nel 2006 i dirigenti di partito avessero acconsentito alla presentazione di liste dei movimenti con simboli propri, queste avrebbero apportato un significativo contributo di voti al centrosinistra. E probabilmente di seggi al Senato. Il fatto è che i partiti non sono più rappresentativi di tutta la società. E’ uno strascico che ci portiamo dietro da Tangentopoli, cha ha aperto una ferita ancora, dopo quindici anni, non sanata. I movimenti rispondo alla necessità di partecipazione da parte di quella fetta di società che è ancora delusa dai partiti.
Ma se tutti confluiscono in un grande partito, ciò non comporta la perdita dei connotati di ciascuno e l’annullamento di quel senso di appartenenza che invece un piccolo partito ha più agio a garantire?
– Al contrario, i partiti più sono piccoli più somigliano a delle signorie. Il partito di Mastella, di Di Pietro, Pannella. Un grande partito, al contrario, non è di nessuno, accoglie tante anime, comprende correnti e posizioni diverse, in equilibrio dinamico. Certo, sempre che il grande partito non sia costruito come un’oligarchia, pensiamo al modello di “Forza Italia- ad esempio.
Cosa pensa del discorso programmatico di Veltroni?
– Ha detto quello che mi aspettavo, si è proiettato nel futuro, toccando grandi temi di respiro globale. E’ andato al di là delle secche delle meschinità della politica per ragionare di valori fondamentali. Ciò non toglie che auspico che ci siano anche altre candidature, in modo da non sclerotizzare il dibattito su un’unica proposta.
Chi potrebbero essere degli avversari credibili?
– Ce ne sono diversi: Letta, Bindi, Bersani, anche la Finocchiaro.
Cambiando argomento, le chiedo qualche cenno sul bilancio 2007, attualmente al vaglio del Consiglio. Quali sono i suoi punti caratterizzanti?
– Passiamo alla domanda successiva.
Si ritiene soddisfatto dei fondi previsti per il settore del turismo, di cui lei ha la delega?
– Ovviamente no. Siamo tutti d’accordo che la vocazione della città è il turismo, ma non si può fare un matrimonio coi fichi secchi. Scherzi a parte, mi rendo conto che si tratta di un bilancio bellico, influenzato dalle ristrettezze dei debiti. Non è neanche il caso di fare troppe polemiche. Del resto gli stanziamenti per il settore del turismo sono aumentati rispetto agli anni passati. Rimangono comunque insufficienti. Ci deve essere un impegno continuo nella programmazione e nell’intercettazione di ogni finanziamento possibile.