Primo confronto pubblico sul progetto che modificherà radicalmente uno dei quartieri più antichi della nostra città
Un’area di quindici ettari, interventi su 675 mila metri quadri, un grattacielo di quindici piani, la più grande zona pedonale della città, tre complessi edilizi, un centro commerciale, una scuola, un parcheggio da mille posti auto. Basta questo breve elenco di opere per capire la portata del progetto che sta alla base della Stu, Società di trasformazione urbana, “Il Tirone”, presentato stasera in un dibattito pubblico tenutosi a S. Maria Alemanna. Un progetto ricco di aspetti controversi, che parte da alcune idee pilota, come la riqualificazione del borgo del Tirone e della scalinata S. Barbara, e che arriva a interventi poco digeriti da una parte dell’opinione pubblica che hanno fatto discutere, e non poco, negli otto anni che sono trascorsi dal giorno in cui il Comune, per il 30 per cento, e una serie di realtà private (la -Studio FC & RR associati-, la -Demoter srl-, la Garboli-Conics Spa-, la -Ingegner Arcovito di Paolo Costruzioni-, la -Ciaquattropareti-, la -Trio- e la -Ingegneria e Finanza srl-) per il 70 per cento, costituirono la società.
Il budget pubblico dal quale la società parte, i 6,5 milioni di euro del contratto di quartiere (sette anni fa, quando furono stanziati per Messina, erano 8,5), sono arrivati grazia anche all’intercessione dell’assessore regionale ai Lavori pubblici Nino Beninati, perché erano già pronti a finire nelle casse di altri comuni siciliani. Ma come Beninati ha ricordato, adesso bisogna fare in fretta e rispettare le scadenze. Quella che si è prefissato l’assessore comunale allo Sviluppo economico, Gianfranco Scoglio, è breve, brevissima: tre anni per la realizzazione di tutti gli interventi. Interventi che seguono «una politica del fare che si scontra con una città abituata a dire troppo spesso di no. Noi ci siamo posti il problema del recupero del Tirone e la Stu non è che uno strumento per raggiungere questo obiettivo. Il coinvolgimento dei privati non è una speculazione, come ritengono anche alcuni consiglieri comunali, ma parte del tessuto produttivo della città. Se non entriamo in quest’ottica, continuiamo a fare i “buddaci”».
E’ toccato all’amministratore delegato della società presieduta da Giuseppe Picarella, Carlo Borella, e al coordinatore dei progettisti, Franco Cavallaro, illustrare i dettagli del progetto, tra cui il restauro fedele di Palazzo degli Elefanti, imposto dalla Soprintendenza ai Beni culturali, e il recupero della galleria S. Marta. Non sono mancate le osservazioni, anche critiche. Avrà dei risvolti quella del presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati, Francesco Marullo di Condojanni, il quale è tornato a mettere in discussione la collocazione del palagiustizia satellite allo Zir («assolutamente inadeguata») suggerendo invece proprio l’area del Tirone. Ipotesi sostenuta anche dal capogruppo del Pdl in consiglio comunale, Pippo Capurro, intervenuto anche lui. Il prof. Nicola Aricò della facoltà di Ingegneria dell’Università, delegato dal rettore, pur non disdegnando il coinvolgimento dei privati, discute il metodo, invocando maggiore «umiltà culturale». Altri professori, Emanuele Lisi e Paolo Zamperi, sono stati tra i più critici insieme all’avv. Nunzio Astone, secondo il quale c’è un equivoco di fondo: «L’estensione delle superficie d’intervento esula dagli obiettivi di una società di trasformazione urbana». Il viceprefetto Filippo Romano, infine, ha parlato da abitante dell’area, essendo proprietario di una casa seicentesca del Tirone. Il cui recupero è stato un esempio, ha affermato, «di dialogo costruttivo con le istituzioni». L’impressione è che il dibattito sul progetto della Stu sia solo iniziato.
s.c.
(Nelle foto di Dino Sturiale: al tavolo Attilio Borda Bossana, Gianfranco Scoglio, Nino Beninati e Giuseppe Picarella; Carlo Borella; Franco Cavallaro)