Vendola torna nel Verminaio: «Ci vuole fegato a non rassegnarsi»

Vendola torna nel Verminaio: «Ci vuole fegato a non rassegnarsi»

Vendola torna nel Verminaio: «Ci vuole fegato a non rassegnarsi»

lunedì 11 Maggio 2009 - 13:59

Il presidente della Regione Puglia a Messina per la campagna elettorale con Sinistra e Libertà parla del Ponte, della città che «non mi ha fatto dormire la notte» e della cultura multietnica. Prima di Palazzo Zanca, la visita ai resti del Segesta e al campo Rom di San Raineri

L’immagine simbolo del passaggio a Messina di Nichi Vendola, candidato alle europee con Sinistra e Libertà, è quella di un bimbo Rom che, seduto sulle gambe del padre, applaude felice il discorso pronunciato dal governatore della regione Puglia in un gremito salone delle Bandiere, a Palazzo Zanca. Proprio ai Rom Vendola ha dedicato il suo primo pensiero una volta giunto in riva allo Stretto, andando a visitare il campo di San Raineri, definendolo «una vergogna» per la città di Messina. Una capatina anche ai resti del Segesta Jet, relitto ancora fermo al Porto per ricordarci quanto indietro sia rimasta questa città, e poi dritto al Comune, dove insieme a Maurizio Rella e dopo l’accorato intervento del pacifista-ambientalista Renato Accorinti, ha lanciato la sua campagna elettorale.

Per Vendola si tratta di un ritorno, in quel di Messina. La città che, ha rivelato oggi, «non mi ha fatto dormire la notte». La città che lui stesso ha chiamato Verminaio quando, ormai dieci anni fa, scoperchiò sotto il vessillo dell’Antimafia il malaffare del cosiddetto Caso Messina. Caso Messina che oggi Vendola ha ricordato, durante il suo discorso, citando l’Università, la stampa, i delitti insoluti, le vergogne della provincia, le infiltrazioni mafiose nei comuni. Tutti pensieri tornatigli alla mente quando il traghetto lo portava dalla Calabria alla porta della Sicilia. «Ci vuole fegato a non rassegnarsi», afferma, prima di parlare di Ponte.

Già, il Ponte, quel manufatto che «unirebbe due cosche», frase pronunciata in tv qualche settimana fa e che gli ha causato la querela annunciata dal sindaco Giuseppe Buzzanca e deliberata dalla giunta insieme alla denuncia contro il giornalista di Repubblica Antonello Caporale. Non ne parla, durante il suo discorso al Comune (dove non si è incrociato col sindaco, seppur divisi da pochi metri e da qualche parete), ma una battuta se la concede davanti ai microfoni: «La querela? La aggiungerò a tutte quelle che ho ricevuto da potenti e mafiosi». Dicevamo del Ponte. «Amo la modernità – afferma – non ce l’ho con i ponti in generale. E’ quello dello Stretto che io credo non si farà mai. Non vedremo mai il Ponte ma l’impatto devastante sulle coste sì». E parlando di Ponte Vendola cita l’Abruzzo e la Impregilo, la società che dovrebbe costruire la grande opera e che a L’Aquila ha realizzato gli ultimi lavori sull’ospedale poi sbriciolatosi sotto gli effetti del terremoto.

Vendola vuole poi esprimere quanto provato nel visitare il campo Rom («mi è stata regalata un’ora di bellezze nell’angolo più buio della città») per poi parlare della sua idea di Paese multietnico, evidentemente diversa, aggiunge, da quella che dell’Italia ha il presidente del Consiglio Berlusconi. Basta una battuta per rendere il Vendola pensiero: «Se San Nicola (di pelle scura, essendo turco, ndr) fosse arrivato a Bari ai tempi della Bossi-Fini, sarebbe finito in un Cpt». Secondo il candidato eurodeputato «dobbiamo liberare la libertà e riportarla dal Berlusconismo lì dove questa parola ha un senso».

Vendola non risparmia, in conclusione, nemmeno la sinistra, che in Italia e in Sicilia «non ha saputo restare pulita», contribuendo a far «tornare indietro i diritti civili», processo preoccupante in corso oggi in tutto il Paese.

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