Come sempre, tanti ulteriori "casi": dai numerosi presidenti di seggio rinunciatari agli smartphone ammessi al seggio... comunicando il numero di telefono
REGGIO CALABRIA –Alla fine, ogni difficoltà è stata appianata. Ma le apprensioni per le Politiche, a Reggio Calabria, non sono mancate.
Il “caso”-presidenti rinunciatari
Fino al primo pomeriggio di ieri l’ansia per un numero esponenziale di presidenti e segretari di seggio rinunciatari è stata davvero alta, tanto che diversi esponenti delle liste in campo sono stati allarmati per procacciare.
Lo stesso viceprefetto Francesco Campolo, responsabile del Servizio elettorale della Prefettura di Reggio Calabria, contattato da Tempostretto ha stimato in almeno un centinaio i presidenti di seggio designati che nella sola Reggio città hanno rinunciato – costretti nella morsa tra compensi non entusiasmanti e responsabilità “alle stelle”, specie dopo le vicende dei presunti brogli del settembre 2020 – entro il pomeriggio di ieri.
Un’incidenza davvero micidiale, considerando che in tutto le sezioni elettorali allestite a Reggio città per le Politiche oggi di scena (a parte le 7 “sezioni speciali” allestite nelle strutture ospedaliere o case di cura con oltre cento posti-letto) sono 196… e che è pure aumentata di qualche unità tra ieri sera e stamattina.
Stando agli addetti ai lavori tale incidenza risulta comunque leggermente ridotta, anche considerando anni pure recenti, rispetto alla massiccia entità di un fenomeno che non nasce certo oggi.
Le possibili criticità – va detto anche questo – stavolta sono state prevenute: il 23 agosto scorso, sul portale web del Comune di Reggio Calabria è stato pubblicato un avviso per la ricerca di possibili sostituti dei presidenti di seggio rinunciatari. Specificando, peraltro, che le eventuali disponibilità andavano rese note entro il 24 settembre.
Incredibile, ma vero: il ‘caso’-smartphone…
Non mancano, come a ogni elezione, gli episodi ‘incredibili ma veri’.
Tra questi, l’esilarante equivoco sulla norma anti-selfie elettorali da parte di un imprecisato presidente di un non meglio precisato seggio a Reggio città.
Fonti indiscutibili – la ricostruzione della vicenda parte da qui – attestano il suo panico per aver improvvisamente terminato la carta ‘libera’ disponibile.
Perché sarebbe risultata repentinamente importante?
…Ma perché secondo il presidente in questione – poi addivenuto a più miti consigli – la ratio legis non sarebbe stata, no!, quella d’impedire l’ingresso in cabina elettorale “muniti” di smartphone.
Anche se in realtà anche le Faq del Viminale sul punto sono molto puntuali, e fanno carico al presidente di seggio di trattenere i telefonini che incautamente fossero stati introdotti nel seggio fino all’espletamento del diritto di voto da parte dell’elettore, cui andrebbero restituiti solo una volta uscito dalla cabina e riconsegnate le schede dopo aver espresso il proprio suffragio.
No: stando alla singolare opinione del presidente in questione, invece che trattenere fisicamente il telefono cellulare a scanso d’equivoci e d’illecite “fotoattestazioni di voto”, lui e i suoi omologhi nei diversi seggi avrebbero potuto limitarsi semplicemente a… prendere nota dei numeri di telefono del singolo possessore. Non si capisce a quale scopo, peraltro.
Di qui, il curioso alert lanciato dal volenteroso presidente di seggio: carta finita in poche ore, in quanto “sommerso” dai numeri di telefono…
Il suffragio ‘in bilico’ della rappresentante di lista
E che dire poi di una rappresentante di lista, Ilaria – ne conosciamo il cognome ma non lo scriviamo su richiesta dell’interessata, che comunque potete vedere in foto… –, che questa mattina ha visto mettere in discussione la possibilità d’esprimere liberamente il proprio suffragio per circa due ore e mezza?
La 25enne nel 2019 è andata a vivere a Nichelino, significativo centro forte di 46mila abitanti nella “cintura Sud” di Torino. «Il 19 agosto dello scorso anno, però – racconta l’interessata – mi sono recata al Comune di Reggio Calabria per spostare la residenza mia e della mia famiglia nella città in cui sono nata e in cui sono cresciuta».
Nella prima settimana del corrente mese di settembre «sono venuti a casa gli agenti della Polizia locale per il rituale controllo. In seguito a quest’adempimento, abbiamo potuto regolarmente scegliere il medico».
Insomma: era ormai andato a buon fine ogni necessario adempimento per ‘certificare’ un cambio di residenza peraltro già materialmente avvenuto. E la Pubblica amministrazione ormai era edotta del fatto che lei è regolarmente residente nella città di Reggio Calabria. Come peraltro attestato anche «al Caf al quale mi sono recata per alcuni adempimenti fiscali: nel pc già risultava il nuovo indirizzo di residenza, a Reggio».
Ma lunedì scorso la donna è andata al Comune per ritirare la tessera elettorale, risultando ancora iscritta nelle liste elettorali di Nichelino perché, le è stato spiegato, «la Procura impiega circa 6 mesi per accettare la pratica». Ma le è stato fornito il suggerimento di avallare le proprie scelte politiche svolgendo il ruolo di rappresentante di lista: così, ieri la 25enne reggina è «andata a presentare il foglio di rappresentante di lista al seggio 150», comunicando espressamente «che avrei votato lì» senza ricevere obiezioni di sorta.
Il motivo è semplice: come da Faq del Ministero dell’Interno, il cittadino designato rappresentante di lista può votare in qualsiasi Comune a patto 1) di essere stato designato quale rappresentante di lista nel relativo territorio comunale 2) d’essere comunque elettore «del collegio plurinominale della Camera o della circoscrizione elettorale regionale del Senato» di riferimento.
Nel nostro caso, essendo residente a Reggio Calabria, la donna avrebbe potuto essere designata rappresentante di lista indifferentemente ad Albi (nel Catanzarese), a Melissa (in provincia di Crotone) o in altri territori comunali della Calabria, purché naturalmente designata a operare quale rappresentante di lista in un seggio allestito in quel Comune.
Le cose, invece, sono andate molto diversamente: inizialmente al “Pascoli” hanno comunicato alla giovane elettrice che non avrebbe potuto votare. Alla luce delle sue proteste, lei è stata accompagnata da un dipendente del Comune che, dopo una serie di telefonate, ha appurato che il suo nominativo «era presente nella lista elettorale del seggio n° 12 del “Vittorino da Feltre”».
Ma anche alla sezione elettorale 12, niente da fare. E questo batti-e-ribatti per due ore e mezza, durante le quali evidentemente la giovane, estenuata, chiede delucidazioni anche alla Polizia di Stato, che le conferma che «avrei potuto votare presso il seggio dov’ero stata nominata come rappresentante di lista». Ribadiamo: un frangente notorio, non per l’umile cronista di Tempostretto, bensì per le stesse “domande frequenti” del sito web del Viminale che potete vedere in foto.
Al seggio 150, tuttavia, il presidente di seggio ha continuato, ci spiega, a non volerla far votare. E allora, che si fa?
«…A quel punto – ci racconta l’interessata –, comunico la mia ferma intenzione a votare ed in caso contrario far intervenire la Polizia; così finalmente, sono riuscita a far valere il mio diritto al voto».