Giovanni vive a Massa San Giorgio con la sua famiglia e quella del fratello. Racconta cosa stanno vivendo, tutti positivi, due bimbe piccole, la moglie incinta. E il Covid si è portato via sua mamma
Essere positivo al Covid a Messina. Un’altra storia di abbandono. Di rabbia, sconforto, amarezza. Una storia segnata anche dal dolore, dalla morte. E, come se non fosse già abbastanza dover dire addio alla propria mamma senza averla potuta salutare, senza poter neanche andare a piangere per lei al funerale, ancora una volta a piegare una famiglia ci si mette di mezzo la disorganizzazione dell’Asp di Messina. Ogni giorno purtroppo aumentano sempre più le testimonianze di disservizi, angosce, mancate risposte. In questa vicenda si aggiunge anche il lutto, quel Covid che strappa via alla vita gli affetti più cari, lontano da tutti, senza poter dare un ultimo abbraccio.
La storia
Giovanni Raffa racconta quello che sta vivendo la sua famiglia ormai dai primi giorni di novembre. Vuole farlo perché non è più possibile restare in silenzio e subire. Perché sa bene che nelle loro condizioni sono in tantissimi in questo momento. E denunciare diventa un obbligo morale.
Il ricovero della mamma
Tutto inizia con il ricovero della mamma, lo scorso 8 novembre. Arriva in ospedale senza avere sintomi strettamente collegati al Covid ma il tampone dà esito positivo. La sua mamma inizia la sua battaglia in ospedale. Lui è nella sua casa di Massa San Giorgio, una villetta che condivide con il fratello e le rispettive famiglie. Giovanni ha una moglie incinta alla quattordicesima settimana e una bimba di cinque anni. Il fratello e la moglie, invece, hanno una bimba piccolissima di appena 40 giorni. Il giorno dopo il ricovero della mamma ovviamente decidono di fare tutti un tampone rapido in un laboratorio privato.
Tamponi positivi
La famiglia del fratello e il papà risultano subito positivi, lui, la moglie e la loro bimba no. Si mettono però tutti in quarantena. Contattano l’Asp, inizia tutta la trafila. L’11 novembre la famiglia del fratello e il papà vanno a fare il tampone molecolare al drive-in di S. Filippo, così come indicato dall’Asp. Il 16 novembre arriva la conferma della positività. Nel frattempo Giovanni accusa qualche sintomo, nello stesso giorno lui e la sua famiglia fanno un tampone molecolare privatamente: positivi anche loro. Giovanni cerca di contattare ripetutamente l’Asp, mail, telefonate. Ha una moglie incinta, non vuole finire nella ragnatela dei silenzi e dei disservizi. Dall’altra parte però solo silenzio.
Passano dieci giorni. Dall’Asp arriva una telefonata che vuole informarlo delle linee guida da seguire, a cominciare dal mettersi in isolamento domiciliare. Dieci giorni dopo il tampone positivo. “Per fortuna siamo tutte persone responsabili, siamo chiusi dentro dall’8 novembre, ancora prima di avere qualunque risultato. Mi fa rabbia però pensare che siamo in un sistema che fa acqua da tutte le parti”.
Il dolore
Nel frattempo però la loro vita viene segnata: il 19 novembre la telefonata dall’ospedale. La sua mamma, 78 anni, non ce l’ha fatta. Dopo dieci giorni di ricovero e terapia sub intensiva, il Covid è stato più forte di lei. Loro sono tutti positivi, non possono uscire. “La nostra casa è di fronte la chiesa del villaggio. Abbiamo salutato la sua bara dal balcone. È stato terribile”.
L’ulteriore beffa
Intanto i giorni continuano a scorrere. Il fratello e il papà dovrebbero essere chiamati dall’Asp per il nuovo tampone, tra qualche giorno tocca anche a lui e alla moglie. Continuano a chiamare, ma niente. Anzi addirittura la beffa. Oggi scoprono che i risultati di quei tamponi fatti al drive in di San Filippo non sono mai stati caricati. Praticamente sono invisibili. Infatti non li ha neanche mai contattati nessuno per il ritiro dei rifiuti speciali. Tutto questo con una bimba di 40 giorni positiva, un’altra di cinque anni e una donna alle prime settimane di gravidanza che necessita di controlli importanti.
Lo sfogo amaro
“Siamo stati abbandonati totalmente, siamo in attesa per poter tornare alla vita normale. Mio padre è rimasto completamente solo nel suo dolore senza aver potuto dare l’ultimo saluto alla persona amata per 40 anni. Il medico di famiglia non risponde, quelle poche volte che siamo riusciti a parlare con qualcuno all’Asp mi sono sentito rispondere che il commissario per l’emergenza Covid di Messina dice che non siamo l’unica famiglia in questa situazione. Qui non abbiamo nemmeno la farmacia di Castanea disponibile perché anche questa chiusa a causa Covid. Siamo stanchi, abbiamo bisogno di tornare alla normalità per poter perlomeno affrontare e sistemare tutto quello che la vita in questo momento ci ha messo sotto sopra. Soprattutto mia moglie ha bisogno di effettuare le visite per la gravidanza, almeno quelle essenziali”.
L’unica consolazione per Giovanni e la sua famiglia è il grande affetto e la vicinanza che hanno sentito da parte del loro villaggio. Un racconto amaro, davanti al quale è difficile rimanere impassibili. Eppure a Messina, in tempi di Covid, questa è la triste realtà.
Basta una sola parola per descrivere questa e tante altre segnalazioni: VERGOGNOSO