Il rettore Tomasello: “Occasione ineludibile”. I professori Saitta e Signorino: “Troppe lacune, rischio privatizzazione”
La nascita della Fondazione Università di Messina sembra essere dunque cosa fatta, delineati compiti, finalità ed assetti statuari che ne sorreggeranno l’azione. I vari aspetti dell’organismo sono illustrati ieri pomeriggio, nel corso di un affollata conferenza d’Ateneo, tenutasi presso l’Aula Magna dell’Ateno peloritano e coordinata dal rettore Francesco Tomasello .
Ma se da una parte sembra che tutto sia stato deciso, dall’altra sempre più netta appare la spaccatura tra i vertici dell’ateneo, che ne sostengono centralità ed opportunità, e le voci che animano la vita della variegata comunità universitaria, per le quali l’ente di diritto privato rappresenta il primo concreto passo volto a privatizzare l’ateneo peloritano.
Divergenze che hanno caratterizzato sin dal suo concepimento l’iter formativo dell’ente e che oggi si sono tramutate in vero e proprio scontro tra posizioni apparentemente inconciliabili.
Dotarsi di una fondazione, al pari delle altre università italiane, rappresenta per il rettore Tomasello un indiscusso vantaggio, che risiede nella capacità di generare ricchezza attraverso la produzione di strutture e servizi, di intrinseco valore economico, a prezzi ridotti ed condizioni vantaggiose.
“Le fondazioni universitarie non nascono per caso ma nel rispetto di parametri precisi sanciti nel D.P.R. n.254/2001 – ha sottolineato – e mi preme pertanto precisare come le delibere che hanno portato alla nascita della fondazione siano state adottate – ha rivendicato con orgoglio – con votazione unanime sia da parte del Consiglio di Amministrazione che del Senato Accademico”.
“Lo statuto è stato poi integrato nel rispetto delle eccezioni formali e sostanziali sollevate dal MIUR”.
L’iter dunque, secondo Tomasello, è stato rispettato ed illustrando le finalità che la fondazione dovrà perseguire il rettore ha aggiunto: “La fondazione porrà in essere attività strumentali, scientifiche e di supporto alle attività didattiche svolte nell’esclusivo interesse dell’università.Non si tratterà né di un doppione né di un sostituto, ma una risorsa ineludibile per questo ateneo ed il suo territorio”.
Di segno decisamente opposto il parere di alcuni docenti dell’ateneo cittadino: forti le perplessità espresse da Guido Signorino, docente di economia, che denuncia come tra i compiti e le funzioni assegnate alla fondazione siano stati introdotte attribuzioni che esulano le sue competenze.
“Il testo approvato – ha spiegato il docente universitario -non prevede solo l’attribuzione di attività strumentali e di supporto alla didattica ma consulenze, attività scientifiche, di formazione e gestione di beni: attività -ha evidenziato – da sempre appannaggio delle università . La formazione nelle mani di una fondazione non rappresenta un’attività di supporto e pone di conseguenza questo statuto fuori dalla normativa”.
Durissimo l’intervento di Antonio Saitta, docente di diritto costituzionale, che attacca frontalmente gli organi accademici: “Scelte come queste avrebbero dovuto essere affrontate all’inizio del mandato di governo – ha apostrofato – non da un organo in proroga privo di legittimazione elettorale”, prendendo di mira Tomasello e i membri degli organi di Senato accademico e Consiglio d’amministrazione, ancora in carica in virtù di un’autoproroga che molti docenti e soprattutto due sentenze del Tribunale ammnistrativo giudicano illegittima.
Entrando nel merito della questione, il costituzionalista ha sottolineato: “Non sono contrario alla nascita di una fondazione universitaria, l’art. 5 del nostro statuto contempla questa possibilità, ma la partecipazione ad enti di diritto privato deve necessariamente e preventivamente stabilire a quanto dovranno ammontare le risorse economiche che in questa verranno impiegate. Diversamente l’università corre il rischio, in caso di debiti contratti dalle fondazioni, di dover rispondere in misura superiore alla sua quota di partecipazione iniziale”. Tra le lacune indicate dal docente si giunge al paradosso quando, nell’ipotesi di un’eventuale liquidazione dell’ente, lo statuto rimanda alla legge e questa al suo statuto.
Pollice verso anche dalla Cgil: “Il personale chiamato ad operare nella fondazione non verrà reclutato attraverso pubblico concorso, ma transiterà dalla condizione di dipendente pubblico quella di dipendente di un ente di diritto privato”.
La replica di Tomasello, nei confronti di coloro che definisce “professori di democrazia” ed autori di un attacco personale di matrice politico -accademica, non si fa attendere ed ha il sapore della sfida: “La democrazia si fa coi numeri – ha apostrofato – e ricordo l’unanimità della votazione in Senato e Consiglio”.
Il caldo autunno dell’ateneo peloritano appare dunque destinato a toccare alte temperature, ben al di sopra della media stagionale. (Emma De Maria)
La democrazia non si fa SOLO con i numeri. Altrimenti è facile che diventi dittatura della maggioranza. Il fascismo e lo stalinismo, almeno per un certo ampio periodo storico, erano sostenute dalla maggioranza della loro popolazione, ma certamente non erano democrazie.
Democrazia è rispetto delle regole, dei diritti delle minoranze, obbligo di motivare le proprie scelte con qualcosa in più dell’esibizione muscolare del consenso di cui si gode.
Anni di un Silvio Berlusconi impegnato a risolvere i suoi problemi con la giustizia attaccando gli altri poteri dello Stato e distruggendo le basi della convivenza civile e democratica, hanno evidentemente prodotto mostri.
Tomasello farebbe meglio a rispondere nel merito alle obiezioni sul piano della legittimità, della congruenza, del contenuto di questa operazione.
Sulla legittimità della permanenza in carica e sulla unanimità delle votazioni in S.A. e C.d.A: 10 domande per gli organi di governo dell’Ateneo messinese
A Messina la Procura della Repubblica prova a squarciare il muro del silenzio stabilendo se gli organi accademici scaduti nel 2010 e 2011, apparentemente mai prorogati, abbiano legittimamente continuato a gestire l’ateneo insieme ad un Rettore la cui permanenza in carica tra fine ottobre 2011 ed il 2012, anche a fronte della ordinanza 03919/2012 del Consiglio di Stato e del comma 42-ter della legge di revisione della spesa, appare assai questionabile. Se nella vicenda della legittimità della permanenza in carica degli organi di governo dell’Ateneo vi dovessero essere delle responsabilità di carattere amministrativo, siamo certi che su ciò faranno chiarezza nei debiti gradi di giudizio i tribunali amministrativi competenti. Se dovessero sussistere profili di illegittimità sul piano penale, presto o tardi lo stabilirà la Magistratura.
A prescindere dagli sviluppi in sede giudiziaria, esistono però delle questioni di ordine etico, delle quali sono chiamati a farsi carico coloro che hanno ricevuto il mandato di esprimersi in seno agli organi accademici in rappresentanza del corpo elettorale. Per questo motivo, messi davanti al fatto compiuto di scelte destinate a cambiare totalmente il volto dell’Ateneo, come quella di avviare un percorso di privatizzazione attraverso l’istituzione della Fondazione Università, non possiamo esimerci dal porre dieci semplici domande, alle quali l’amministrazione dell’Ateneo farebbe bene a non sottrarsi.
La sentenza del T.A.R. di Catania n. 2586 del 29 ottobre 2011 che annullava le auto proroghe, immediatamente esecutiva, è stata notificata all’Ateneo il 31 ottobre 2011. Perché l’amministrazione dell’Ateneo non ne tenne conto, procedendo alla immediata convocazione elettorale per il rinnovo dei Direttori di Dipartimento scaduti il 31/10/2010?
Perché piuttosto, con nota n. 55945 del 3 novembre 2011, il Rettore, senza fare menzione alcuna della sentenza del T.A.R. n. 2586, ma richiamandosi alla adozione del nuovo Statuto, lasciò intendere che “gli Organi Collegiali e gli Organi, ai sensi dell’art. 2, comma 9, della legge n.240/2010, decadranno all’atto della costituzione dei nuovi Organi” e che “solo in caso di collocamento in quiescenza e/o di dimissioni volontarie si procederà ad indire nuove elezioni”, pur essendo consapevole del fatto che legge 240/2010, entrata in vigore nel gennaio 2011, mai avrebbe potuto prorogare i Direttori di Dipartimento decaduti prima della propria emanazione?
Perché i Direttori il cui mandato era scaduto il 31/10/2010, pur consapevoli di non potere usufruire di alcuna proroga continuarono a presiedere le adunanze dei rispettivi Consigli di Dipartimento, esponendo gli interessati al rischio che le delibere assunte nel corso delle riunioni potessero essere nulle?
Perché solo in data 14 Aprile 2012, il Rettore con nota n. 1506. stabilì finalmente che era giunto il tempo di procedere al rinnovo dei Direttori di Dipartimento scaduti?
A che titolo ed in rappresentanza di chi i Consiglieri di amministrazione eletti per il triennio finanziario 2008-2010 avrebbero continuato fino ad oggi a pronunciarsi in merito a questioni di interesse per l’Ateneo? Hanno per caso i consiglieri in questione deliberato anche in merito al trasferimento di risorse verso la Fondazione Università nella seduta del CdA del 22 Ottobre 2012?
Perché i Presidi il cui mandato era scaduto il 31/11/2011, pur essendo assolutamente questionabile il loro diritto ad usufruire della proroga, continuarono a presiedere le adunanze dei rispettivi Consigli di Facoltà per tutta la durata dell’anno accademico 2011/2012 ed in rappresentanza di chi costoro hanno continuato a sedere sino ad oggi in Senato Accademico, esprimendosi su questioni di rilevanza per l’Ateneo, come la deliberazione dello Statuto e l’atto costitutivo della Fondazione Università, all’ordine del giorno dell’adunanza del 20/10/2012?
La sentenza del T.A.R. di Catania n. 2586/2011 ha confermato che S.A. e C.d.A. hanno operato dal 2009 con la presenza di componenti scaduti (i rappresentanti degli studenti). Siffatta componente è stata rinnovata solo nel maggio 2011. Si deve evincere che è pratica diffusa da parte degli attuali organi di governo arrogarsi il diritto di operare a prescindere dal rispetto delle rappresentanze e del termine dei mandati?
Non ritiene l’amministrazione dell’Ateneo, che le reiterate istanze di chiarimento a proposito della legittimità della permanenza in carica dei Direttori di Dipartimento e dei Presidi da parte di docenti dell’Ateneo, avrebbero meritato una replica?
Nel periodo intercorso tra la data in cui la sentenza n. 2586/2011 fu notificata (03/11/2011) e la data in cui le cariche furono rinnovate (Aprile 2012), i Direttori dei Dipartimenti scaduti il 31/10/2010 hanno forse continuato a percepire la propria indennità di carica? Nel periodo intercorso tra la cessazione del proprio mandato (31/10/2011) e la conclusione dell’anno accademico 2011/2012, i Presidi hanno forse continuato a percepire la propria indennità di carica? Nel periodo intercorso tra la cessazione del proprio mandato (Dicembre 2010) e l’ultima riunione del CdA i Consiglieri di amministrazione scaduti hanno forse continuato a percepire il proprio gettone di presenza?
Lo Statuto di Ateneo – dopo il comma 42-ter della legge di revisione di spesa e dopo l’ordinanza 03919/2012 del Consiglio di Stato occorre prenderne atto – è stato adottato nell’anno 2012. Posto che la proroga ex lege240/2010 del mandato dei rettori è subordinata alla adozione dello Statuto, come spiega il Magnifico Rettore, il cui mandato è cessato il 31/10/2011, la propria permanenza in carica nell’anno accademico 2011/2012?
Il Comitato Nazionale NO.PROROGA.RETTORI