Il primo presidente della Regione Siciliana si oppose ai tentativi di limitare l'Autonomia individuata dallo Statuto e vinse
C’è stato chi, nel lontano 1948 e negli anni successivi, ha provato a difendere l’Autonomia della Regione Siciliana (avendo peraltro contribuito a crearla attraverso lo Statuto Speciale). A ricordare come il primo Presidente della Regione Siciliana, Giuseppe Alessi, si sia battuto per difendere l’Autonomia, è Pippo Pracanica con la seguente riflessione inviata anche al governatore Musumeci.
Alessi, 10 marzo 1948
Presidente Musumeci, segua l’esempio dell’unico presidente della regione, degno di tal nome, che abbiamo avuto. L’on. Giuseppe Alessi, nella qualità di Presidente della Regione Siciliana, supportato da analoga decisione dell’ARS, in data 10 marzo 1948 presentava all’Alta Corte per la Sicilia ricorso avverso il secondo capoverso (“Le modificazioni ritenute necessarie dallo Stato o dalla Regione saranno approvate dal Parlamento nazionale con legge ordinaria, udita l’Assemblea regionale siciliana”) dell’articolo unico della legge costituzionale 26 febbraio 1948, con cui era stato approvato lo Statuto Speciale siciliano, perché ne dichiarasse la illegittimità costituzionale.
Il ricorso
Il prof. Francesco Carnelutti, l’avv. Enrico La Loggia, il prof. Giovanni Salemi, il prof. Salvatore Orlando Cascio ed il prof. Domenico Rubino, che difendevano la Regione, sostennero che i motivi per ritenere la norma incostituzionale erano essenzialmente tre: a) Violazione dell’articolo unico del R.D.L 15 maggio 1946, n. 455, che approva lo Statuto della Regione Siciliana; b) Violazione degli artt. XVI, XVII delle Disposizioni transitorie e finali della costituzione della Repubblica Italiana promulgata con legge 27 dicembre 1947; c) Violazione degli artt. 116, 123 e 138 della Costituzione stessa.
L’avvocatura dello Stato
Si opponeva l’Avvocatura dello Stato sostenendo che il ricorso della Regione era manifestamente inammissibile: “La legge contro cui esso è rivolto è, come si è visto, una legge costituzionale e contro le leggi costituzionali deve ritenersi inammissibile un ricorso diretto a censurarne la costituzionalità.”
Carnelutti e il gioco di parole
Il bandolo della matassa lo trovò il prof. Carnelutti che sostenne “La legge di cui si discute è costituzionale, ergo, non può essere incostituzionale. Che bel gioco di parole! […]. Ora è chiaro che il discorso: non può essere incostituzionale una legge costituzionale, gioca sull’equivocità del termine «costituzionale», che viene adoperato in senso diverso nei due termini della proposizione: una prima volta «costituzionale» significa attinente alla costituzione e una seconda conforme alla Costituzione medesima. Svelato l’imbroglio, è chiaro che se una legge attinente alla Costituzione non può essere estranea alla Costituzione, può tuttavia non essere conforme ad altra norma della Costituzione; in altre parole, che ci possono essere norme costituzionali, le quali violano la Costituzione.”
Accolta la tesi della Sicilia
Non solo il Procuratore Generale, dott. Eula, ma anche l’Alta Corte per la Sicilia che era presieduta da S.E. Scavonetti, mentre l’estensore della sentenza fu il prof. Vassalli, accettò tale tesi e stabilì che «Anche le leggi costituzionali, in quanto siano regolate e sottoposte a limiti dalla Carta costituzionale fondamentale sono soggette al sindacato giurisdizionale di legittimità costituzionale. Per le leggi costituzionali regolatrici di rapporti fra lo Stato e la Regione Siciliana, competente in materia è l’Alta Corte per la Regione siciliana. Il secondo comma dell’art. 1 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, in quanto prevede che modifiche allo Statuto della Regione Siciliana possano essere apportate, entro due anni, senza l’osservanza del procedimento di revisione previsto dall’art. 138 della Costituzione, è viziato di illegittimità costituzionale».
Ha vinto l’Autonomia
Alessi e l’Autonomia avevano vinto. Dopo di Lui nessun altro ha difeso lo Statuto Speciale, che, negli articoli più significativi, rimane ancora oggi inapplicato. Giuseppe Pracanica
Era meglio se perdeva