Sistema universitario al collasso e criteri di premialità discutibili, mozione del Senato Accademico al MIUR

Sistema universitario al collasso e criteri di premialità discutibili, mozione del Senato Accademico al MIUR

Sistema universitario al collasso e criteri di premialità discutibili, mozione del Senato Accademico al MIUR

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mercoledì 16 Dicembre 2015 - 16:31

Il Senato Accademico dell’Università degli Studi di Messina ha votato all’unanimità una mozione indirizzata al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR). Al centro del documento la salvaguardia e al rilancio del sistema universitario italiano. Di seguito il testo della mozione

Negli ultimi 10 anni l’Italia ha pesantemente disinvestito nel suo sistema formativo superiore.

Il fondo di finanziamento ordinario per le Università è diminuito del 22,5%. Mentre il finanziamento pubblico in Italia si è contratto, in altri paesi europei la crisi economica e finanziaria è stata affrontata, tra l’altro, incrementando gli investimenti in istruzione superiore (per esempio, in Germania il finanziamento pubblico del sistema universitario nello stesso periodo è cresciuto del 23%).

In Italia negli ultimi 10 anni il personale docente si è contratto del 17% e quello tecnico e amministrativo del 18%. Mentre i docenti universitari tra il 2008 e il 2013 si sono ridotti del 15%, nello stesso periodo la diminuzione degli addetti nell’insieme del pubblico impiego è stata di poco inferiore al 4%.

Tale disinvestimento ha provocato un significativo depotenziamento del capitale umano nel nostro Paese. Per la prima volta in oltre 150 anni di storia unitaria il numero di studenti universitari si è ridotto: gli immatricolati sono diminuiti del 20% e il numero dei laureati vede l’Italia stabilmente nelle ultime posizioni tra i Paesi più avanzati. Soltanto il 21% dei ragazzi italiani tra i 25 e i 34 anni, infatti, ha conseguito un titolo di studio universitario, a fronte di una media OCSE del 39% e di una media europea del 37%. Inoltre, mentre l’Unione Europea si è prefissata di raggiungere nel 2020 l’obiettivo del 40% dei giovani laureati, questo traguardo in Italia è del 26-27%. Dato questo che consegnerebbe stabilmente l’Italia all’ultimo posto in Europa per numero di giovani laureati.

Il disinvestimento nel settore della formazione superiore è anche testimoniato da un rilevante divario tra l’Italia e gli altri paesi europei nel sostegno al diritto allo studio. A fronte delle 140.000 borse di studio erogate a vantaggio degli studenti universitari italiani, i coetanei spagnoli possono contare su 305.000 borse, i tedeschi su 440.000 e i francesi su 629.000.

Nel momento in cui il nostro Paese mostra timidi segnali di ripresa, il Senato Accademico dell’Università degli Studi di Messina, constatando la grave situazione in cui versa il sistema universitario italiano, vuole riaffermare con forza l’importanza della formazione, della ricerca e del trasferimento tecnologico come chiavi di volta per una crescita solida e duratura. Questa nostra consapevolezza, tuttavia, rischia di essere tradita qualora il Governo non dovesse dimostrare con atti concreti un’inversione di rotta nelle scelte di finanziamento dell’università italiana. Un’università da salvaguardare come sistema, perché solo in tal modo si potrà garantire uno sviluppo armonico dell’intero Paese.

Pertanto, il Senato Accademico chiede al Governo:

un piano triennale straordinario di reclutamento di ricercatori a tempo determinato;
un piano triennale straordinario di reclutamento di professori di I e II fascia;
una revisione della normativa sul diritto allo studio, affidando direttamente alle Università le risorse economiche, sulla base del numero degli studenti aventi diritto;
la rimozione del blocco degli scatti stipendiali dal 2015 con risorse aggiuntive sul fondo di finanziamento ordinario a copertura dell’intera spesa. Qualora le risorse aggiuntive non fossero sufficienti, queste dovrebbero essere distribuite tra le università in funzione dei vari organici;
il riconoscimento degli scatti stipendiali solo ai fini giuridici per il quadriennio 2011-2014;
il rinnovo dei contratti del personale tecnico e amministrativo con risorse aggiuntive sul fondo di finanziamento ordinario a copertura dell’intera spesa;
la predisposizione di piani nazionali della ricerca adeguatamente finanziati.

Si chiede, inoltre, che il criterio distributivo tra le università degli interventi di cui ai punti 1) e 2) venga guidato da indicatori che misurino la qualità della ricerca nelle diverse sedi universitarie. Tuttavia, riteniamo inadeguato nel merito e nel metodo il ricorso alla VQR. Nel merito perché l’attuale e unica VQR offre una mappa della qualità della ricerca ormai obsoleta e certamente inadatta a rappresentare la situazione odierna. Nel metodo perché non si può sottacere il disagio che molte università provano nel dovere essere giudicate da regole che sono fissate nel presente per valutare ciò che è accaduto nel passato. Ci auguriamo, pertanto, che si ponga fine alle valutazioni ex post e che vengano introdotte oggi regole che permettano di valutare la qualità della ricerca di domani. Ciò al fine di evitare che il processo di valutazione, importante conquista del sistema universitario italiano, non perda di credibilità e garantisca nel futuro tutti nella stessa misura.

Nelle more dell’introduzione di un nuovo sistema di valutazione con parametri fissati ex ante, chiediamo con forza al Governo di modificare sin da subito i criteri di premialità nell’assegnazione delle risorse alle Università. Tali criteri dovrebbero tenere conto della qualità del reclutamento effettuato nelle diverse sedi, misurato secondo i parametri della VQR aggiornata al periodo 2010-2014. Questo sistema permetterebbe, da un lato, di valutare l’operato delle singole Università dopo l’introduzione del sistema di valutazione della ricerca e, dall’altro, eviterebbe di premiare/punire gli Atenei per scelte effettuate all’oscuro di quegli stessi meccanismi di valutazione introdotti solo successivamente.

2 commenti

  1. C’è un problema alla base di tutto: oggi ci sono troppe lauree triennali e pochi sbocchi. I numeri esposti parlano chiaro, in Italia non sappiamo far funzionare lo studio come in altri paesi più evoluti e meno “antichi”. La mia sensazione è che l’apertura delle frontiere universitarie non sia stata un’opportunità data ai ragazzi, ma un modo molto furbo e subdolo per distribuire cattedre e aumentare il business. Oggi l’università, qui a Messina, costa carissima e non offre nulla. Colpa anche della ricerca nostrana, spesso improduttiva e inefficace, con conseguente taglio di fondi e scarico delle spese sulle tasse universitarie pagate dalle famiglie… C’è molto da meditare e quindi da cambiare.

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  2. C’è un problema alla base di tutto: oggi ci sono troppe lauree triennali e pochi sbocchi. I numeri esposti parlano chiaro, in Italia non sappiamo far funzionare lo studio come in altri paesi più evoluti e meno “antichi”. La mia sensazione è che l’apertura delle frontiere universitarie non sia stata un’opportunità data ai ragazzi, ma un modo molto furbo e subdolo per distribuire cattedre e aumentare il business. Oggi l’università, qui a Messina, costa carissima e non offre nulla. Colpa anche della ricerca nostrana, spesso improduttiva e inefficace, con conseguente taglio di fondi e scarico delle spese sulle tasse universitarie pagate dalle famiglie… C’è molto da meditare e quindi da cambiare.

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