Il giornalista e scrittore, autore in passato con Indro Montanelli di memorabili volumi sulla storia d’Italia, ha presentato nei giorni scorsi a Messina il suo ultimo libro, “Lo stivale zoppo”, irriverente e intrigante viaggio nella storia del nostro paese, dal fascismo ad oggi, in cui –trovata davvero originale– a raccontare le vicende dal dopoguerra sino a noi è un Mussolini redivivo, anzi mai morto. Gervaso ha parlato anche di politica e attualità, Tempostretto.it lo ha incontrato.
Cosa sarebbe successo se Mussolini non fosse morto nell'aprile del 1945 e poi impiccato a Piazzale Loreto? Forse – è questa la fantasia dello scrittore e giornalista Roberto Gervaso – grazie a una fuga rocambolesca con scambio di persona, sarebbe riuscito a rifugiarsi in Svizzera sotto mentite spoglie. Lì avrebbe potuto ricominciare una seconda vita trovando lavoro come giornalista (la sua prima passione) per un piccolo quotidiano ticinese. È questa l’operazione ardita, ma senz’altro originale, che Gervaso, compie nel suo ultimo libro, “Lo stivale zoppo” (336 pp., Mondadori, 2013): far diventare Mussolini un reporter della storia d’Italia, dal dopoguerra, sino ai giorni nostri. Dopo i primi pungenti articoli, infatti, il direttore lo manderà inviato in Italia per una serie di reportage, che racconteranno il nostro paese dalla ricostruzione al '68, dal rapimento di Moro all'ascesa di Berlusconi, fino alle vicende del governo Letta e della condanna del Cavaliere. Il libro è stato presentato nei giorni scorsi, presso l’Auditorium della Gazzetta del Sud, in un incontro organizzato dalla Fondazione Bonino Pulejo e presentato dal giornalista Lino Morgante.
L’intento dell’autore, è bene dirlo, non è quello di riabilitare in toto e post mortem la figura del dittatore nato a Predappio, in quanto Mussolini si è macchiato di colpe orrende e ha commesso molti sbagli come quello di usare una «retorica gladiatoria che ha svilito il paese». Gervaso però è convinto che sia stato comunque un grande leader, e senza dubbio uno statista. «Nel 1922, l’Italia era una campo di scontro. Da un lato c’erano gli squadristi, dall’altro le forze rosse. I poteri forti scelsero, fra i due mali, quello nero, pensando di poterlo gestire». Mussolini si rese protagonista di molte opere meritevoli, alcune delle quali, caduto il regime, sono state frettolosamente dimenticate, quando «tutti sono diventati improvvisamente antifascisti, anche se in realtà sarebbe stato necessario un po’ di autocritica». In ogni caso, Gervaso, in questo libro racconta i lati meno noti del capo del fascismo, come il fatto che fosse «il più assiduo frequentatore di case chiuse d’Italia». Ciò che muove l’autore nel racconto, non solo del fascismo, è infatti quello di «sbugiardare la storia maiuscola» la quale non racconta mai i retroscena dei fatti. «Mi sono documentato molto – ha detto – e ho scritto quello che ho studiato negli ultimi trent’anni, avevo tanti rospi da sputare». Polemico, come sempre, non ha fatto mancare le sue critiche verso il nostro paese, accusando non solo la nostra classe dirigente ma anche il corpo elettorale, “sfornando” un aforisma dietro l’altro: «Gli italiani sono vissuti per molti anni da cicale, e ora, dopo molto tempo, dovranno vivere da formiche», «l’italiano preferisce godere di un privilegio piuttosto che esercitare un proprio diritto» e ancora «l’Italia è l’unico casino che la legge Merlin non è riuscita a far chiudere». Il nostro paese è questo, ha affermato in definitiva, perché così sono gli italiani. Quando non si rispettano le Istituzioni, non c’è lo Stato e l’italiano che si crede individualista è in realtà «una pecora che segue il pastore più conveniente».
In questa realtà, i partiti sembrano essere dilaniati e latitanti. «Non hanno mai litigato tanto. La sinistra è un’insalata russa con la maionese impazzita, la destra una macedonia di frutta con troppo maraschino giudiziario». E i leader politici? Gervaso ne ha per tutti: per Grillo, al quale però non si può chiedere molto, in quanto «interprete dei sentimenti viscerali degli italiani», per Bersani che definisce «un paesano, un contadino abbonato a Frate Indovino, che parla per proverbi», ma anche per Renzi, che per lui è «un bluff, un’illusionista. Se lo si guarda bene quando parla e si muove, si vede che non c’è niente di spontaneo. Recita male una parte che Berlusconi recita benissimo». Ecco, appunto, il Cavaliere che «odia la politica ma ama il potere, non ha il “senso dello Stato”, ma come mi disse una volta, il “senso della gente”. Ha confuso il consiglio dei Ministri con il consiglio d’amministrazione di un’azienda». E ancora «Ha commesso l’errore di ostentare la propria ricchezza e di ostentare una virilità artificiale», «Berlusconi, che rimane un mio amico, esce male non dalla storia, ma dalla cronaca». «Io – ha sostenuto Gervaso – sono di destra, ma non mi riconosco in questa destra». E Letta? «È antipatico, ma è, come si richiede ad un buon presidente, una persona seria. Conosce l’inglese, il francese e – cosa strana per i politici nostrani –, bene anche l’italiano».
A margine dell’incontro, Tempostretto.it ha voluto porre altre tre domande allo scrittore.
Lei, in passato, ha definito l’Italia un paese «guicciardiano e non machiavelliano», come mai?
Sì, perché gli italiani sono menefreghisti, familisti, pensano solo al loro “particulare” e se ne fottono di un’Italia unita che invece vagheggiava, con molto tempo d’anticipo, Machiavelli, il quale aveva una visione realistica, a volte anche drammatica della politica. Guicciardini aveva invece una visione personalistica e interessata della politica ed è questa che preferisce l’italiano di oggi …
Quanto il nostro paese sente la mancanza di un grande giornalista come Indro Montanelli, con il quale ha lavorato per molti anni?
L’Italia sente molto la mancanza di Montanelli, anche se lui, a novant’anni, disse a me e a mia moglie “non voglio più scrivere, perché tutto quello che ho scritto, per settantanni non è servito a niente” e lo stesso discorso lo posso fare io. L’Italia avrebbe bisogno di un Longanesi, che è stato il più grande giornalista del ‘900, di un Prezzolini, e invece ha dei giornalisti che non sono di quella altezza. Alcuni sono anche bravi, ma il problema che sono tutti ideologizzati. Il giornalista, o uno scrittore, per essere tale deve essere laico e liberale, altrimenti è un’altra cosa…
Uno scrittore noto e molto apprezzato per le sue frasi icastiche come lei, quale aforisma sceglierebbe per la situazione in cui viviamo?
Senz'altro questo: "l’Italia sta in piedi perché non sa da che parte cadere".
(CLAUDIO STAITI)
Roberto Gervaso (Roma, 9 luglio 1937) è un giornalista, scrittore e aforista. Ha studiato in Italia e negli Stati Uniti e si è laureato in Lettere moderne, con una tesi su Tommaso Campanella. Collabora a quotidiani e periodici, alla radio e alla televisione, e da decenni si dedica alla divulgazione storica. Con Indro Montanelli, per Rizzoli, ha firmato sei volumi della "Storia d'Italia". Ha pubblicato: sette biografie, un grande giallo storico, una storia della Massoneria, due raccolte di grandi storie d'amore, sei raccolte d'interviste, una raccolta d'interviste immaginarie, tre volumi di ritratti contemporanei, tre raccolte di aforismi, un volume di confessioni, uno di galateo erotico, uno sui sentimenti. I suoi ultimi titoli sono: Italiani pecore anarchiche (Mondadori, 2003), Qualcosa non va (Mondadori, 2004), Ve li racconto io (Mondadori, 2006) e Io la penso così (Mondadori, 2009). Ha vinto numerosi premi, fra cui due Bancarella, con L'Italia dei comuni (1967) e Cagliostro (1973). I suoi libri sono tradotti negli Stati Uniti, in Canada, in America Latina, Spagna, Portogallo, Gran Bretagna, Francia, Germania, Giappone, Bulgaria, Polonia, Romania.