“Get up, stand up: stand up for your rights!”. I ragazzi del PalaNebiolo cantano per i loro diritti

“Get up, stand up: stand up for your rights!”. I ragazzi del PalaNebiolo cantano per i loro diritti

Eleonora Corace

“Get up, stand up: stand up for your rights!”. I ragazzi del PalaNebiolo cantano per i loro diritti

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martedì 19 Novembre 2013 - 14:06

Dopo la lunga giornata di ieri , oggi si torna in Prefettura. Ma al di là delle decisioni istituzionali è il cuore del’Africa a fare notizia: la performance dei ragazzi africani non è folklore o incoscienza, perché quando hai perso tutto e passato di tutto cantare può essere un gesto di coraggio immane,un modo per gridare con la violenza più gentile che sei ancora vivo, ancora umano. A volte sorridere è la soglia di una rivoluzione

“One love! One Heart! Let&squo;s get together and feel all right”. Ed ancora: “Get up, stand up: stand up for your rights!”. Cantavano Bob Marley I ragazzi del PalaNebiolo, nel corso del sit-in di protesta di ieri mattina di fronte alla Prefettura. Questa è l’Africa, ne senti parlare nei tg e nei documentari, te la raccontano da bambina, la vedi affrescata nei film e la leggi nei libri e poi, un giorno, ci inciampi in via Garibaldi,di fronte alla statua del Nettuno. Manifestano per un’ accoglienza più dignitosa, per non stare ammassati in quasi duecento in uno stanzone con servizi insufficienti e nessuna privacy, soprattutto manifestano contro l’ipotesi di andare a dormire nelle tende. Loro però non espongono le loro rimostranze in comizi, le cantano. Improvvisano melodie e cori. È il jazz prestato alla politica o viceversa.”Ci insegnano a manifestare, ci fanno capire che nonostante tutti i problemi c’è sempre un motivo per ridere insieme agli altri”, commenta Guido, uno degli attivisti che batte le mani a tempo, ipnotizzato dalla performance dei ragazzi africani.. Non è folklore o incoscienza, perché quando hai perso tutto e passato di tutto cantare può essere un gesto di coraggio immane,un modo per gridare con la violenza più gentile che sei ancora vivo, ancora umano. A volte sorridere è la soglia di una rivoluzione. Quantomeno culturale.

Questa è l’Africa e questi sono gli africani, gente dotata di una pazienza infinita – del resto in Africa, si sa, “il tempo non esiste” – e di grande ironia, perché prendere troppo sul serio qualcosa, sembra quasi di cattivo gusto ed è poco dignitoso, mentre la grande dignità è la prima cosa che colpisce in questi ragazzi, giovani e giovanissimi, che hanno subito cose inimmaginabili per noi, nati nella parte giusta del mondo. La storia di ognuno di loro è una lunga lista di violazioni dei diritti dell’uomo e della persona. È il manifesto di tutta la violenza che il non-umano può dispiegare sull’umano. Ma loro non se ne lamentano, non si lamentano mai, e quando ne devono parlare alzano le spalle e sorridono, quasi a scusarsi. Salvo poi piangere silenziosamente, come uno dei ragazzi seduto nell’androne esterno alla Prefettura, mentre dal cielo veniva giù il diluvio e il presidio attendeva risposte da circa otto ore…

Non si lamentano, dicevamo, ma sicuramente denunciano, con forza , tutto quello che non va. Come le condizioni in cui vivono al PalaNebiolo o l’imposizione di non potersi spostare liberamente, solo perché il loro passaporto li rende immigrati piuttosto che cittadini. Che poi propriamente immigrati non sono,almeno quelli accolti a Messina sono rifugiati politici, persone costrette alla fuga che hanno diritto ad ogni forma di tutela e garanzia, questo in teoria, la pratica, ovviamente, nel nostro paese è sempre un’altra storia…

Il megafono, tradizionalmente indice della relazione di potere tra i vari gruppi che partecipano ad un iniziativa, è in mano loro. I mediatori culturali sorridono: “Non si può comandare agli africani, soprattutto se sub-sahariani”. Infatti il gruppo dominante sembra essere rappresentato proprio da loro, soprattutto ragazzi del Gahana e del Gambia, con i quali eritrei e somali sembrano comunque andare d’accordo. Nonostante la leadership sia facilmente riconoscibile in uno dei ragazzi del Gambia, affiancato da un altro meno impetuoso ma più riflessivo, forse perché più grande, le decisioni vengono prese orizzontalmente dopo una serie di confronti e discussioni. Come quella sul tornare o meno a dormire al PalaNebiolo. All’inizio i ragazzi avevano dichiarato che era meglio dormire per strada, dopo quasi dieci ore di presidio no stop, alle venti passate, con l’impegno del Sindaco di chiudere la partita il giorno dopo, gli afrodiscendenti hanno scelto la soluzione più pratica e sono ritornati al centro, previa rassicurazione che nessuno sarebbe stato spostato nelle tende.

Mentre cantavano, spettacolo nello spettacolo, stormi come nuvole di rondini attraversavano il cielo, cominciando il loro viaggio stagionale verso l’Africa.

L’appuntamento è per oggi pomeriggio alle 17 nuovamente di fronte alla Prefettura., attivisti e ragazzi del PalaNebiolo, insieme, ancora una volta, per chiedere diritti e soprattutto una cosa tanto elementare quanto troppo spesso dimenticata, che il mondo non sia diviso in “persone e non persone”, per dirla come il sociologo Alessandro Dal Lago.

N.B E’sempre difficile parlare e descrivere l’altro senza scadere nella retorica. E qua diciamo “altro” non per porre una distanza e una differenza, ma al contrario, per intendere la vicinanza più prossima essendo l’Altro quel tu necessario all’io per essere tale e per consentire l’apertura alla possibilità del noi.(Eleonora Corace)

Un commento

  1. Ma di cosa stiamo parlando ???, ovviamente si critica le istituzioni ma per chi ? Conosciamo queste persone chi sono ? Cosa fanno da dove vengono ? Hai provato ad andare nel loro paese da rifugiato come pensi di essere accolto ? E sopratutto visto tutto questo buonismo perché non vi organizzate e li accogliente nelle vostre case ?????

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