A fine mattinata l’arrivo a Palazzo Zanca dei rappresentanti di Rfi, convocazione immediata di Buzzanca per Previti, Scoglio e Barbalace. Soddisfazione contenuta per il presidente della Commissione Ponte: «abbia ottenuto delle garanzie ma non basta»
Una convocazione lampo giunta intorno alle 12.30 per discutere di opere connesse e Ponte sullo Stretto. Come scritto durante la mattinata dopo esserci accettati anche con il responsabile dell’Ufficio Stampa di Palazzo Zanca, l’incontro tra il primo cittadino e l’amministratore delegato di Rfi Marco Michele Elia, rinviato ad oggi dal sei settembre, era nuovamente saltato. Fino all’improvviso cambio di programma. Buzzanca ha immediatamente chiamato a raccolta i “suoi” nella sala Falcone Borsellino: presenti l’assessore alle politiche dello sviluppo economico, Gianfranco Scoglio, il presidente del consiglio Giuseppe Previti e il presidente della commissione consiliare Ponte, Nicola Barbalace. Dall’altra parte, invece, confermata l’assenza dell’amministratore delegato di Rfi, rappresentato però dagli ingegneri Manfredi Todaro e Ugo Milone. Seduto al tavolo anche l’ Ad di Fs-Sistemi urbani, ing. Carlo De Vito.
Un incontro lampo ma denso di argomenti da trattare, partendo dal più importante, quello che sta soprattutto a cuore al presidente Barbalace, ovvero il progetto di realizzazione della nuova Stazione ferroviaria di Gazzi: «Ci è stata data garanzia – conferma Barbalace – che lo studio di fattbilità è terminato e adesso si potrà cominciare a lavorare al progetto preliminare». Il presidente della Commissione spiega inoltre di avere ottenuto garanzia di inserimento nell’ Accordo di programma della realizzazione del raccordo del tram alla nuova stazione di Gazzi, passaggio fondamentale per consentire il collegamento al centro città. Tutto a carico di Rfi. Ulteriori sicurezza sono state fornite anche sul fronte della successiva dismissione della linea ferrata e che, come previsto dall’art 8 dell’accordo, dovranno essere effettuate di concerto da Rfi e Comune.
Continua invece ad essere a rischio il destino dell’Officina Grandi Riparazioni: «Per il tipo di progetto che è stato immaginato, la struttura dovrà essere dismessa – afferma Barbalce – Il sindcao Buzzanca ed io abbiamo insistito molto su questo punto e continueremo a farlo perché si tratta di una realtà attiva e che va mantenuta. Si è parlato anche di una eventuale rinfunzionalizzazione delle maestranze ma ci è stato risposto che non compete a Rfi, bansì a Trenitalia. Questa purtroppo però è la conferma che sotto molti aspetti, nonostante si tratti di un progetto così importante, c’è una mancanza di coordinamento fra tutti gli attori coinvolti, che invece dovrebbe avere un riferimento nel Commissario Straordinario Ciucci». Ed è proprio con lui il prossimo “passaggio”, quello del 23 settembre a Roma. (ELENA DE PASQUALE)
ARTICOLO SUL PONTE DE “LA REPUBBLICA” DI OGGI 16 SETTEMBRE 2011
Clientele, disegni e quattrocento milioni
sullo Stretto c’è un pozzo senza fondo
Del Ponte si parla dal 1969. Ma fin’ora non è stata messa neanche una pietra. Secondo la Corte dei Conti, tra il 1986 e il 2008, è costato poco più di 200 milioni di euro. Ma tra trivellazioni, progetti e personale la cifra totale dovrebbe arrivare al doppio. Eppure si continua a spendere senza risultati: la Regione Calabria è pronta a finanziare i primi corsi di formazione professionaleE’ fatto di carta. Non si stufano mai di disegnarlo, di ritoccarlo nel suo slancio a una o due o a tre campate verso l’isola, d’immaginarselo indistruttibile mentre sotto un bombardamento nucleare la Sicilia e la Calabria sprofondano nel mare ma il loro Ponte resta lì intatto e perfetto, sospeso per miracolo nell’aria. Abbiamo pagato anche per questa prova di resistenza: lo studio “su un ipotetico attacco atomico”. Paghiamo sempre per il Ponte che non c’è. L’altro giorno ci hanno presentato l’ultimo conto: 454 mila euro.
La regione Calabria è pronta a finanziare i primi corsi di formazione professionale per “preparare” otto tecnici che, a loro volta, dovrebbero “preparare” tutti i dipendenti che saranno assunti per aprire un cantiere o per distribuire gli stipendi alle maestranze. Il Ponte è un abbaglio lontano ma l’agenzia “CalabriaLavoro” ha già pubblicato il suo bando. Vogliono subito un esperto giuridico, tre informatici, due amministrativi, un valutatore e un revisore contabile. Ed è solo il primo, di bando. Quei furbacchioni di Catanzaro e di Reggio hanno annunciato tutti contenti che ne stanno sfornando un altro. Vogliono al più presto pure “gli addetti alla manutenzione dell’opera”. Molto previdenti. Già pensano alla salsedine che aggredirà i piloni o i binari dove sfrecceranno i treni. Lo chiamano Ponte ma lo sanno tutti che è un pozzo. Se ci sta costando così tanto e ancora non c’è, quanto ci costerà il giorno quando – chissà quando – vedremo unite Scilla e Cariddi?
Non c’è. Qualcuno però dà a intendere che prima o poi ci sarà. Fino ad ora è servito solo per divorare soldi. I giudici della Corte dei Conti calcolano che siano stati spesi dal 1986 al 2008 poco più di 200 milioni di euro, c’è chi dice invece che i milioni sono quasi 300 e, se si aggiungono i costi delle trivellazioni degli ultimi mesi, la cifra totale dovrebbe sforare i 400. Numeri che ballano ma poi mica tanto. Quasi tutto il denaro è sparito in progetti. E in altri progetti. Sempre nuovi progetti. Ultimi. Finali. Definitivi.
E’ una (carissima) visione onirica che ci insegue da quarant’anni – era il 1971 quando la legge numero 1158 prevedeva la costituzione della Società Stretto di Messina “per la realizzazione e la gestione del collegamento stabile fra la Sicilia e la Calabria” – e che ha fatto crescere quest’albero della cuccagna che ha arricchito le solite cricche di ingegneri e architetti, ha ingrassato eserciti di specialisti e consulenti, che ha scatenato gli appetiti di malavitosi perennemente in agguato sulle due sponde per accaparrarsi appalti. Due anni prima di quel 1971 era stato bandito dall’Anas e dalle Ferrovie dello Stato il “concorso di idee”, 143 i lavori presentati: 125 firmati da italiani, 8 da americani, 3 da inglesi, 3 da francesi, poi ce n’erano anche uno tedesco, uno svedese, uno argentino e uno somalo. Tunnel a mezz’acqua ancorato al fondo con cavi di acciaio. Ponte sospeso a luce unica. Galleria sotterranea.
Da quel momento è stato un trionfo di carte e di soldi, di soldi e di carte. Si comincia subito a mangiare. Il compenso per il vincitore al “concorso di idee” – come ricorda Daniele Ialacqua di Legambiente in un saggio (C’era una volta il Ponte sullo Stretto, storia vera ma tragicomica) che sarà in libreria il prossimo dicembre – era di 15 milioni ma poi i vincitori risultarono a sorpresa 6 ex aequo. Per il secondo classificato erano previsti 3 milioni, ma anche i secondi furono 6. Se ne andarono così i primi 108 milioni di vecchie lire.
Dei soldi ingoiati vi stiamo già anticipando qualcosa. Delle carte del progetto preliminare vi possiamo rivelare subito quanto pesano: centoventi chili. Più di un quintale di schizzi e mappe chiusi in un baule. E’ un’avventura che non finisce mai. Una caccia al tesoro permanente. Dopo i corsi i concorsi, dopo i concorsi le selezioni, dopo le selezioni le convenzioni. Come quella a inizio estate 2011, laureandi e neolaureati delle Università di Messina e di Reggio, dodici studenti scelti a ogni edizione del Programma Atlantis “per raccogliere dati ambientali da sensori fissi e mobili”. Tirocinio di formazione e di orientamento, spesa al momento sconosciuta ma molto sbandierata la collaborazione con l’università spagnola di Cordova e con il Centro di Studi Integrati del Mediterraneo. In nome del Ponte è stato ideato pure un nuovo corso triennale in informatica, con rilascio del doppio titolo di laurea in Italia e negli Usa. Sono pronti a venire “aggiornati” al più presto anche notai calabresi e geologi siciliani, avvocati, biologi, studiosi delle correnti marine e dei venti.
E’ la frenesia per avere in fondo all’Italia “l’ottava meraviglia del mondo”. Quella che porterà lavoro a 40 mila disoccupati per 5 o 6 anni e forse anche di più. Le finanze pubbliche ormai non possono garantire un solo euro per costruirlo ma intanto quelli del Ponte assumono e spendono, studiano, analizzano, controllano, esaminano, ricercano. Soldi pubblici, naturalmente. Chi è che ha favorito e chi ancora favorisce questo scialo infinito?
Alla fine di luglio Bruxelles ha cancellato il Ponte cambiando la geografia europea delle grandi infrastrutture (la commissione Ue ha ridisegnato gli “assi di comunicazione” sostituendo il corridoio Berlino-Palermo con quello Helsinki-La Valletta, quindi eliminando praticamente dai suoi piani strategici l’opera fra la Sicilia e la Calabria) ma la “Stretto di Messina spa” ai primi di settembre ha fatto pubblicare su tutti i quotidiani siciliani e calabresi un avviso: “Dichiarazione di Pubblica Utilità del progetto definitivo del Ponte sullo Stretto”. Avverte la popolazione che stanno cominciando le procedure per gli espropri. Non si fermano più. E più si allontana l’ipotesi del Ponte e più loro si accaniscono e mettono mano al (nostro) portafoglio.
Come nel giugno del 2006 quando il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi – premier era Prodi – aveva spiegato che il Ponte “non era nelle priorità del governo” ma in Sicilia e in Calabria aprirono in quegli stessi giorni due Info Point, a Villa in via Garibaldi civico 68 e 70 e a Messina in via San Martino 174, per comunicare a tutti che avrebbero visto alzare i primi piloni del Ponte nel secondo semestre del 2007 e l’isola non sarebbe più stata un’isola all’inizio del 2012. Appartamenti e hostess (e arancine e succhi di frutta per i visitatori più influenti) tutti pagati dalla società pubblica “Stretto di Messina spa” con lo scopo “di favorire i rapporti con le comunità e le istituzioni locali e per offrire informazioni sul progetto e sullo stato di avanzamento dei lavori”. Due anni dopo – dicembre 2009 – c’è stata “la posa della prima pietra” nella borgata calabrese di Cannitello, proprio davanti ai laghetti di Ganzirri. Qualche ruspa che ha spianato un terreno, le foto di rito, una cerimonia un po’sotto tono che non ha entusiasmato quelli della “Stretto di Messina spa”. Faranno un’altra “posa della prima pietra” fra il 2012 e il 2013. Magari dall’altra parte, in Sicilia.
E questa società pubblica, la “Stretto di Messina spa”, che è la fabbrica del Ponte di carta. E da quarant’anni è come un bancomat. Nasce nel 1981 – il governo Cossiga nomina presidente della società l’avvocato onorevole Oscar Andò – con 25 dipendenti e nel 2006 paga già 102 stipendi. Più il Ponte sembra un miraggio e più la “Stretto di Messina spa” spende e spande, s’ingrossa, interpella “esperti”, commissiona sondaggi, ingaggia “professori” indigeni e stranieri, noti e meno noti. I consulenti locali, con il Ponte che non c’è, si sono fatti la villa con vista Calabria o con vista Sicilia.
Gli anni “felicissimi” sono stati quelli che vanno dal 2001 al 2006. Le spese totali della società sono state di 88,903 milioni di euro. Dal milione 924 mila euro del 2001 (6 milioni 728 mila nel 2002; 12 milioni 005 mila nel 2003; 18 milioni 844 mila nel 2004; 10 milioni 767 mila nel 2005; 20 milioni 845 mila nel 2006) ai 17 milioni 790 mila nel 2007. Prendiamo un anno a caso, il 2005. Ecco come quell’anno sono stati spesi i fondi.
Sono 5 i milioni e 719 mila euro “per le prestazioni professionali di terzi”. Un milione e 479 mila euro sono stati impiegati “per emolumenti e spese amministratori”. La propaganda e la pubblicità è costata 1 milione 187 mila euro. Per “viaggi e trasferte del personale” hanno messo in bilancio 280 mila euro. Per i buoni pasto dei dipendenti 172 mila euro. Per la vigilanza degli uffici 215 mila euro. Per fotocopie “e lavori eliografici” 78 mila euro. Per trasporti “e facchinaggi” 59 mila euro. Per acqua, luce e riscaldamento degli uffici 113 mila euro. Per “riproduzione di foto e filmati” 48 mila euro. Per “pulizie e igiene uffici” 64 mila euro. Per spese postali e telefoniche 112 mila euro. Per assicurazioni 184 mila euro. Per manutenzioni non meglio specificate 232 mila euro. Per il personale “distaccato” (non si sa dove) 175 mila euro. Per gli emolumenti e spese del collegio sindacale 212 mila euro. Per i compensi della revisione del bilancio 48 mila euro. Per i corsi di aggiornamento professionale 42 mila euro. Per “il rimessaggio e spese varie veicoli” 103 mila euro. E infine, alla vaghissima voce “altri costi per servizi”, 245 mila euro.
Ci sono state impennate impressionanti. Anche del 500 per cento. Come quella della “pubblicità”, che è passata dai 110 mila euro del 2002 al 1 milione 480 mila euro nel 2004. Per la sede di Roma la “Stretto di Messina spa” aveva affittato in via Po un appartamento di 3600 metri quadrati su quattro piani: 900 mila euro l’anno. Quando Prodi ha chiuso i rubinetti, hanno cambiato sede per risparmiare: via Marsala, 1200 metri e 600 mila euro l’anno di canone. Tutto per un Ponte di carta.
Nel 2005 i dipendenti della “Stretto di Messina spa” erano 85: tredici dirigenti e settantadue impiegati. Che cosa avranno fatto mai quei tredici dirigenti e quei settantadue impiegati sei anni fa per realizzare il sogno di Giuseppe Zanardelli (1876, “Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente), di Benito Mussolini (1942, “E’ tempo che finisca questa storia dell’isola: dopo la guerra farò costruire un ponte”), di Bettino Craxi (1985, “E’ un’opera da primato mondiale”), di Silvio Berlusconi (2005, “Così si potrà andare dalla Sicilia anche di notte e se uno ha un grande amore dall’altra parte dello Stretto potrà andarci anche alle 4 del mattino senza aspettare i traghetti”) e soprattutto della benemerita società “Stretto di Messina spa”?
Quel 2005 è stato un anno decisivo per il destino del Ponte. Andatevi a rileggere le voci del bilancio e vi accorgerete che quella più consistente – 5 milioni e 719 mila euro – riguardava “prestazioni professionali di terzi”. I famigerati consulenti. Volete sapere come quegli scienziati hanno contribuito a portare avanti il grandioso progetto? Uno che era a capo di un istituto di ricerca è stato pagato per scoprire “quale era l’impatto emotivo”, sui reggini e sui messinesi, una volta che il ponte li avrebbe uniti per sempre. L’hanno pomposamente catalogata come “Indagine psico-socio-antropologica sulla percezione del Ponte presso le popolazioni residenti nell’area interessata alla costruzione”. Al dipartimento di Biologia animale dell’Università di Messina hanno affidato “uno studio e un monitoraggio sulle caratteristiche chimico-fisiche delle acque dello Stretto e sulle possibili relazioni con i flussi migratori dei cetacei”. All’Istituto Ornitologico Svizzero hanno dato incarico “per un’investigazione radar delle specie di uccelli migratori notturni e per catalogare con la massima precisione le quote di volo, le loro planate e le loro picchiate”. Quanto ci sono costati gli studi sulle evoluzioni del falco cuculo e della poiana codabianca nel cielo fra Reggio e Messina?
In sette anni – dal 2001 al 2007 – hanno speso 21,3 milioni per consulenze e 28,8 milioni per il personale. Nel 2006 ciascun dipendente è costato mediamente 930 mila euro. E’ proprio quando il governo Prodi ha sospeso la realizzazione del Ponte. In quei mesi la società “Stretto di Messina” ha allargato il suo organico con 17 nuove assunzioni.
Ieri come oggi. L’Europa dice no all’opera ma la regione Calabria subito apre la cassaforte per mettere sul Ponte otto “professionisti”. Niente cambia. Dal vecchio Oscar Andò che ha resistito nove anni alla guida della società alla nomina firmata nel 1990 dal presidente del Consiglio Andreotti di Nino Calarco (ex senatore democristiano e direttore della Gazzetta del Sud), fino al presidente dell’Anas Piero Ciucci messo a capo del consiglio di amministrazione nel 2002 da Berlusconi. La società “Stretto di Messina spa” è sempre lì. La leggenda del Ponte di carta deve continuare.