REGGIO CALABRIA – Annullamento senza rinvio: è così che ieri la Suprema Corte ha azzerato 9 anni di processo, rimandando assolti tutti gli imputati del “caso Leonia”. Parliamo della società mista pubblico-privata per la raccolta dei rifiuti che, con l’arresto del direttore generale Bruno De Caria (condannato in primo grado a 15 anni e 10 mesi di reclusione, poi ridotti a 10 anni e 10 mesi in seconda istanza) e di vari componenti della famiglia Fontana incluso il presunto capobastone Giovanni Fontana (condannato in prima e in seconda battuta a 23 anni e 6 mesi) fu uno dei perni dello scioglimento per «contiguità mafiose» del Comune di Reggio Calabria nel 2012.
E invece, no: la Corte di Cassazione ribalta clamorosamente l’ipotesi accusatoria incardinata, a suo tempo, dalla Direzione distrettuale antimafia: proscioglimento per tutti.
Assolto dunque De Caria. Assolto dopo 9 anni di carcerazione preventiva lo stesso Giovanni Fontana, che gli investigatori considerano il capo della presunta ‘ndrina di Archi che durante la seconda “guerra di mafia” a Reggio – frangente che portò Fontana in una cella per anni – avrebbe affiancato gli Imerti-Condello nella contrapposizione ai De Stefano-Tegano.
Secondo la Dda reggina – e i giudici che emisero i primi due verdetti –, al contrario, sarebbe esistita una connessione forte tra il “sistema-rifiuti” a Reggio Calabria e la ‘ndrangheta reggina, rispetto alla quale la famiglia Fontana avrebbe fatto da “cerniera” attraverso la Semac. Cioè l’azienda di famiglia cui era stato affidato il servizio manutenzioni dei mezzi della società mista Leonia che, in questo modo – sempre secondo gli inquirenti –, avrebbe di fatto foraggiato i clan, e i Condello in particolare.