Nel corso dell'udienza il tunisino racconta cosa accaduto la notte del 4 settembre 2015 quando ha ucciso la moglie con un bastone. Omayma voleva lasciarlo e chiedere il divorzio.
Con un italiano a volte incerto, il 54enne tunisino Faouzi Dridi, racconta come ha ucciso la moglie Omayma Benghaloum, la sera del 4 settembre 2015.
Un violento colpo di bastone in testa sopra l’orecchio sinistro, che lo stesso reo confesso ha mimato ed indicato con un chiaro ed eloquente gesto, che le è stato inferto al culmine di un litigio scaturito dalla gelosia.
E’ questo il momento più significativo dell’ultima udienza del processo per l’omicidio di Omayma, che si è svolta davanti alla Corte di Assise composta dal giudice Nunzio Trovato e dal giudice a latere Giuseppe Miraglia.
Un racconto apparentemente lucido e preciso su quanto accaduto quella sera, anche se più volte il pubblico ministero Piero Vinci ha sollevato alcune contestazioni sulle risposte fornite dell’imputato, che non corrispondevano a quelle già rese nella fase delle indagini.
Una cosa, però, è certa: Omayma voleva lasciare Faouzi Dridi, voleva chiedere il divorzio. Omayma si era innamorata di un altro uomo.
La 32enne tunisina lavorava come mediatrice culturale nell'Ufficio Immigrazione della Questura ed era in prima linea in occasione degli sbarchi di migranti al porto di Messina. Anche nell’ultima sera della sua vita, era stata impegnata fino alle 22.30 nelle operazioni di accoglienza degli immigrati ed il marito era andata a prenderla per rientrare a casa, iniziando a litigare.
Secondo quanto dichiarato da Faouzi Dridi, che è difeso dall’avvocato Alberto D’Audino, una volta arrivati nella loro abitazione di Sperone, la discussione è continuata, Omayma ha giurato di amare un altro uomo e l'imputato, afferrando un bastone trovato in casa l’ha colpita violentemente alla testa – vicino all’orecchio – facendola cadere a terra.
Omayma si trovava in camera da letto e, l'uxoricida, secondo quanto da lui affermato, pensava che piangesse visto che non si è rialzata immediatamente. Faouzi Dridi, sarebbe subito uscito dalla stanza, andando dalla figlia più piccola che aveva la febbre, accorgendosi della morte della moglie solo alle 6 del mattino, visto che sarebbe rimasto tutta la notte con la bambina.
Sono intervenute le parti civili, rappresentate dagli avvocati Maristella Bossa per i genitori ed i fratelli di Omayma, Paola Rigano per le quattro figlie (tutte minorenni) della donna e Maria Gianquinto per il Centro Donne Antiviolenza di Messina. I tre legali con le loro domande hanno provato a “scavare” nella quotidianità di questa famiglia per far emergere, dalle risposte di Faouzi Dridi, altri episodi di violenza e maltrattamenti subiti in passato dalla donna, che sono documentati da alcuni referti medici.
E’ anche emerso un legame superficiale con le figlie, visto che Faouzi Dridi non ha ricordato le loro date di nascita.
L’udienza si è aperta con le dichiarazioni del perito Sergio Chimenz: il neuropsichiatra si è espresso sulla eventuale capacità di testimoniare di due delle quattro figlie della coppia.
Nelle conclusioni dell’elaborato peritale, Chimenz afferma che entrambe le minori sono astrattamente in grado di rendere testimonianza, visto che presentano una adeguata dotazione cognitiva, ma nel caso di specie non è opportuno viste le difficoltà nell'elaborazione del lutto e si rischierebbe un blocco nel percorso psicoterapeutico già in atto. Infatti, secondo il neuropsichiatra, per le bimbe una eventuale testimonianza, seppur effettuata con tutte le cautele e protezioni del caso, inciderebbe in modo negativo sul loro attuale “equilibrio precario”.
Su questo delicato punto è intervenuta l’avvocato Maristella Bossa che, vista l’impossibilità di procede ad un esame testimoniale delle figlie, ha chiesto l’acquisizione delle dichiarazioni già rese in fase di indagine dalla una delle figlie della coppia, così da non privare il processo di una prova, senza turbare ulteriormente la bambina.
Proprio da qui si partirà nella prossima udienza, che si svolgerà il 15 dicembre, per lo scioglimento della riserva se acquisire o meno le dichiarazioni della piccola rilasciate alle forze dell’ordine immediatamente dopo l’omicidio della madre.
Non è una questione di religioni l’uomo ha la “cultura” del possesso !!!
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Non credo interessi alla gente sapere come siè comportata una bestia!
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QUANDO GLI ANIMALI DI IMPORTAZIONE SONO PROTETTI DA DON FRANCESCO D’ARGENTINA E BOLDRINI
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