Il procuratore Cavallo precisa che sulla morte dei poliziotti Granata e Todaro la Commissione regionale antimafia concorda con le conclusioni dell'inchiesta e difende le indagini sull'agguato ad Antoci
“Come procuratore capo di Patti devo fare delle doverose precisazioni sul così detto caso Antoci. Ho letto con attenzione la relazione, sono stato lungamente ascoltato dalla commissione. Ho letto anche che il presidente della commissione Fava avrebbe auspicato una riapertura delle indagini per la morte dell’assistente capo Tiziano Granata e dell’ispettore Rino Todaro. Questo, lo voglio chiarire, non viene affermato nella relazione e tale richiesta non è mai stata fatta alla procura di Patti. Anzi, la Commissione ritiene la vicenda chiusa. Prendo atto anche che i consulenti della commissione, in conferenza stampa, hanno escluso il collegamento tra queste morti e l’attentato Antoci, confermando che siano dovute, per quanto si tratti di una incredibile coincidenza, a fattori naturali”.
Così Angelo Cavallo, procuratore capo di Patti, interviene nelle polemiche di questi giorni montate dopo la pubblicazione del dossier della Commissione regionale antimafia sul fallito agguato all’ex presidente del parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci.
“Se ci fossero degli spunti seri per riaprire il caso, riaprirei le indagini, come qualunque procuratore ha l’obbligo di fare. Ma allo stato non ci sono elementi nuovi, né ne ha offerti la Commissione antimafia, che sul caso ha sentito le stesse identiche persone che abbiamo ascoltato anche noi”, chiosa Cavallo a proposito della scomparsa dei due agenti in servizio al Commissariato di Sant’Agata di Militello.
Gli accertamenti sulla scomparsa di entrambi li ha condotti la Procura pattese guidata proprio da Cavallo, che all’epoca dell’attentato ad Antoci era ancora alla Direzione distrettuale antimafia di Messina e da lì, insieme al collega Angelo Cavallo e il sostituto Fabrizio Monaco, ha coordinato anche le indagini sull’agguato.
Proprio per questo interviene, se pur marginalmente, sul caso in sé, invitando l’oggi procuratore capo di Messina, Maurizio De Lucia, a “entrare nello specifico di questo aspetto”, in quanto attuale capo dell’ufficio e quindi unico autorizzato a farlo. “Ribadisco con forza l’assoluta correttezza di quelle indagini – precisa il procuratore capo di Patti – Non sono assolutamente d’accordo con le critiche e le censure emerse, ho cercato di spiegare, quando sono stato ascoltato per ben tre ore, tutti gli elementi dell’indagine, mi duole constatare che forse non sono stato del tutto capace di chiarire le nostre ragioni”.