Abbiamo parlato spesso dell'impiantistica pubblicitaria, oggi accendiamo i riflettori sui camion a vela, mezzi che dovrebbero girare e che invece spesso sostano in zone strategiche con i loro grandi cartelli. Un problema che la Polizia Municipale conosce molto bene
Quando si parla di impianti pubblicitari e occupazione suolo pubblico si apre un capitolo infinito. Il problema è noto ormai da tempo, forse finalmente sono state individuate le azioni da mettere in campo per porre fine a un vero e proprio far west che in questi anni non solo ha riempito la città di cartelloni ovunque ma ha fatto mancare alle casse comunali milioni e milioni di euro. L’assessore al Bilancio e Patrimonio Enzo Cuzzola pochi giorni fa ha parlato di 10 milioni che ballano sul fronte del Cosap per gli impianti pubblicitari e dunque basterebbe solo questo per capire quanto sia delicata la vicenda.
Oltre ai mancati incassi c’è poi la piaga dell’abusivismo. Il vuoto normativo di questi anni ha favorito di fatto l’anarchia e gli sforzi per controllare e sanzionare i trasgressori non sempre sono efficaci. E sempre parlando di pubblicità, come se non bastassero gli impianti che spesso deturpano strade e vie, ecco che spuntano anche i camion a vela. Si tratta di mezzi di promozione che rientrano nella categoria di pubblicità dinamica, perché nascono con l’obiettivo di raggiungere diversi luoghi portando in giro il messaggio pubblicitario che campeggia su queste grandi vele. In città se ne vedono tanti. Il problema è che molto spesso stazionano per diverso tempo in uno stesso punto, quasi sempre in zone strategiche in cui la visibilità è massima. Invece le norme del Codice della Strada e i regolamenti vigenti parlano chiaro: i camion a vela non devono sostare e se ciò accade devono essere equiparati agli impianti pubblicitari fissi e dunque pagare il canone per l’occupazione suolo pubblico. Invece, cosa succede? Magari proprio per evitare di acquistare spazi sui cartelloni fissi e pagare tributo per la pubblicità e tributo per il suolo pubblico, si sceglie questa forma di attività pubblicitaria. In questo modo raggirare le regole diventa purtroppo facilissimo.
Le segnalazioni che ci sono giunte sono state tante. Segnalazioni che sono state fatte quasi sempre anche alla Polizia Municipale che però spesso si trova costretta ad allargare le braccia per carenza di personale a disposizione. Per questo motivo abbiamo chiesto direttamente al commissario Adige della sezione Tributi della Polizia Municipale come si muove la squadra che si occupa di questo settore delicatissimo.
«Per noi è uno dei problemi in caldo da affrontare il più presto possibile. In tal senso siamo stati sollecitati anche dal comandante Ferlisi, dunque cercheremo di predisporre al più presto anche questo tipo di controllo sul territorio, attività che fino ad ora non abbiamo potuto espletare perché in questa sezione siamo solo in 4, il personale è insufficiente. Ci occupiamo di verificare la regolarità delle insegne pubblicitarie degli esercizi commerciali, delle targhette degli studi professionali, degli impianti e dei cartelloni. Purtroppo dovremmo fare tante cose che però non riusciamo a fare» spiega con amarezza il commissario della Municipale.
La carenza di personale nel corpo dei vigili urbani ha ripercussioni dunque anche in questo settore, in cui i controlli dovrebbero essere più serrati e veloci per essere davvero incisivi. Senza considerare il fatto che anche gli uomini di questa sezione, in base alle esigenze che si presentano, vengono chiamati a supportare i servizi viabili e quant’altro venga richiesto dall’amministrazione comunale, come ad esempio i provvedimenti viabili che verranno adottati in occasione delle festività natalizie.
Adige ci ha spiegato inoltre che i controlli sui camion a vela pubblicitari sono attività che richiedono tempo e lavoro. Bisogna, infatti, partire necessariamente dalla verifica su strada, controllando a chi è intestato il veicolo e se il conducente è riconducibile alla società concessionaria oppure è chi ha acquistato la pubblicità. A questo proposito la legge spiega chiaramente che il conducente dev’essere l’intestatario del mezzo e anche in tal senso ci sono tanti escamotage che le agenzie utilizzano per aggirare i controlli. Insomma, la questione è articolata. Il problema è noto, si sa che è necessario intervenire, le buone intenzioni ci sono, ma ad oggi i furbi la fanno franca.
Il commissario spiega però che la squadra in questi ultimi mesi si è concentrata moltissimo sugli impianti pubblicitari: «Tra ottobre e novembre siamo stati impegnati tutti i giorni in operazioni di rimozione degli impianti abusivi. Abbiamo lavorato in particolare sul viale Gazzi, dallo stadio Celeste all’incrocio abbiamo fatto sparire tutti i pannelli. In città gli impianti sono tutti abusivi, basti pensare alla via Bonino o alla zona del capolinea del tram all’Annunziata».
In particolare sono stati elevati 715 verbali per occupazione suolo pubblico e 379 in contrasto alle norme di sicurezza e prive di autorizzazione secondo l’art. 23 C.d.S. Negli ultimi due anni sono stati rimossi 72 impianti pubblicitari abusivi da parte del Comune e 48 dalle ditte verbalizzate a seguito di notifica dell’ordinanza di rimozione. Infine, nel periodo che intercorre tra gennaio ed agosto 2017, sono stati elevati 140 verbali ad esercizi commerciali per mancata autorizzazione e irregolare posizionamento di insegne pubblicitarie.
Guardando questi numeri probabilmente ci si chiede perché la rimozione dei pannelli avvenuta in due anni è numericamente così bassa, visto che è sotto gli occhi di tutti la condizione generale di abusivismo. A spiegarlo è ancora il commissario Adige: «Purtroppo non abbiamo una ditta fissa che si occupa della rimozione immediata degli impianti nel momento in cui noi andiamo a verificare e sanzionare. Se il Comune avesse un servizio fisso che si occupa solo di questo potremmo essere molto più veloci e rimuovere nell’immediatezza, così come accade per esempio con il carroattrezzi. Invece succede che noi eleviamo il verbale, le concessionarie fanno ricorso, poi il Comune sigla l’ordinanza di rimozione, loro fanno ricorso anche all’ordinanza e prima di mettere la parola fine a ogni procedura passano anche anni. Un lavoro in più per noi e per il Dipartimento, lavoro che si allunga e che si accumula inutilmente. Servirebbe una gestione più organizzata e tempestiva».
Parole che dunque confermano che quantomeno i riflettori sul problema sono accesi e ben puntati, anche se forse ci vorrebbe un po’ più il pugno di ferro.
Francesca Stornante