Quando un ragazzo se ne va. Lo sfogo della docente: "Potevamo fare di più?"

Quando un ragazzo se ne va. Lo sfogo della docente: “Potevamo fare di più?”

Redazione

Quando un ragazzo se ne va. Lo sfogo della docente: “Potevamo fare di più?”

mercoledì 07 Giugno 2023 - 08:55

La lettera aperta della professoressa del Cuppari dopo la scomparsa prematura dello studente 15enne

MESSINA – Ancora scossa e addolorata la città, dopo la notizia della scomparsa prematura di un adolescente, studente dell’istituto agrario Cuppari. Dopo i funerali, celebrati nella chiesa di Santa Maria di Santa Margherita (qui potete leggere la lettera aperta della parrocchia), lo sfogo di una docente della scuola che frequentava, pubblicata sui social.
Un lutto come questo, infatti, porta tutti a interrogarsi, riflettere su quanto è stato fatto e quanto è possibile fare, per supportare i giovani. Di seguito, l’intervento della docente.

“Un nostro studente è morto. La notizia improvvisa e inaspettata ci sconvolge tutti. Per i corridoi della scuola, nelle aule studenti e docenti condividono domande e dolore: perché? Perché un ragazzo di 16 anni se ne va? Docenti, personale Ata, dirigenti si chiedono altro: ti abbiamo aiutato? Ti siamo stati vicini e utili? Ciascuno con echi diversi riflette.

La mia riflessione: ti ho salutato per i corridoi ti ho chiesto come stavi? E la scuola? Le scuole, tutte, vivono e lavorano con i loro ragazzi, crescono ogni giorno con loro. Quello che vorremmo è accompagnarli fino all’ultimo giorno degli esami di quinto anno e vederli incominciare le loro strade esistenziali con sicurezza, serenità e amore per la vita col bagaglio emotivo e di conoscenze che abbiamo contribuito a costruire. Compito delicato e difficile, noi siamo in prima linea, a volte siamo insufficienti e incapaci.

Le risorse: scarse quelle pertinenti, tante quelle ‘altre’ e per nulla pertinenti. I sistemi di monitoraggio, Invalsi, Pcto, orientamento in entrata, in uscita e di ogni santo del paradiso, Pon burocratici e ottusi, seminari per ogni scemenza a fronte di strumenti che davvero sarebbero di aiuto: più personale, più edifici, più supporto psicologico, laboratori stabili di attività socializzanti e creative. Una visione, diffusa presso le istituzioni europee e italiane, della scuola come una fabbrica che crea produttori e consumatori di basso profilo non aiuta, quando non ostacola, chi sta in prima linea, chi soffre, gioisce con i ragazzi. Ma noi si crede e si resiste.

Siamo stati sufficienti, utili? Potevamo fare di più? I fiori del chiostro del Cuppari oggi sono per te. Noi ci siamo (insufficienti, inutili, inani) e ci saremo sempre”.

4 commenti

  1. Quando accadono cose come questa, sarà forse una considerazione pure banale se volete ma la verità questa Società, e la famiglia intesa come istituzione hanno fallito.
    Non è possibile che un ragazzo di 15 anni abbia perso la gioia di vivere e soprattutto la speranza. Non è possibile che nessuno sia stato in grado di vedere e di capire i suoi bisogni, il suo disagio. È veramente molto triste.

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  2. Sono papà di una liceale della nostra città quasi coetanea del suo studente. Mi interrogo come lei sulla nostra capacità di comprendere il disagio che pervade i nostri ragazzi. Sono stato rappresentante di classe per due anni e per due anni ho provato a parlare di disagio, di empatia, di dialogo, di tematiche che coinvolgevano direttamente e necessariamente la scuola, le famiglie e soprattutto i ragazzi. Gli ultimi anni hanno profondamente cambiato la crescita e lo sviluppo dei giovani date le limitazioni e le difficoltà emerse con le restrizioni covid. Purtroppo mi sono trovato davanti una scuola impreparata come istituzione al supporto dei ragazzi con docenti presi dal compilare schede, organizzare attività spesso inutili, dal fare lezioni ricche di nozioni come se i ragazzi fossero contenitori da riempiere, presidi presi dall’amministrare e far fare bella figura al liceo e preoccupati del buon nome della scuola. Nessuna interazione con le famiglie, nessuna interazione con i ragazzi stessi impreparazione assoluta all’ascolto attivo e anche passivo…. Come se il comprendere , il capire il disagio interiore sia cosa da medici e comunque estranea ai compiti della scuola stessa. Mi sono chiesto ma in che razza di posto vivono i nostri ragazzi? Li affidiamo per gran parte del tempo con fiducia a gente impreparata a cogliere i segnali che ci mandano e non siamo capaci di agire per aiutarli. Non so alle volte se ci si rende conto che la scuola e il periodo formativo sono un tempo fondamentale nella crescita e formazione dei ragazzi così come la famiglia anche la scuola sono soli ad affrontare situazioni fino a ieri inpensabili. Tutto è nuovo e richiede soluzioni nuove ma che in molti non sanno o non hanno il coraggio di provare o di approntare. Una vita spezzata nel suo crescere è un dolore indicibile per me come genitore, per la scuola che ha fallito nella sua missione educativa, per la società tutta. Non ho la medicina che salva e non so chi la può avere. So però che non basta riempirci di parole, di corsi PCTO, PON, convegni, conferenze, attività superflue. Serve scavare nel profondo, guardare al cuore e alla mente, alle sensibilità al carattere dei ragazzi. Tirare fuori da loro quanto di meglio e bello sanno fare e possono dare. E’ una sfida che significa crescere. Noi adulti non siamo infallibili ma abbiamo il dovere di accettare la sfida anche se sbaglieremo. Se si cade ci rialzeremo. Ma dobbiamo finirla con il preoccuparci delle cose inutili. Dobbiamo finirla di valutare i ragazzi per i programmi spesso arretrati e vuoti. Dobbiamo smettere di essere chiusi nelle nostre valutazioni. In fondo ai docenti chi li valuta? Ci avete mai pensato? il peso di un giudizio alle volte è peggio di una condanna. Apriamo un dibattito su queste cose perchè non vorrei che Messina debba ancora piangere la perdita di un suo figlio.

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  3. Parlare dopo serve a poco, peccato che molto spesso gli insegnanti si preoccupano del voto da mettere sul registro e poco di “conoscere” i ragazzi, che non sono tutti uguali, ognuno ha il suo carattere e quelli che sono più riservati o timidi non vengono capiti…

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  4. Si. Si Può fare di più. Dobbiamo avere tutti la contemporaneità del pensiero e dell’azione.
    Ma l’abbiamo?
    Che questa fine sia esempio di reattività e non si perda tempo. Dalla scuola materna all ultimo gradino che accompagna o dovrebbe almeno provare sempre a fare. Grazie per l’ impegno.

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