Come molti messinesi, Michele Versaci ha trascorso il luglio del 2004 a mare, tra le Isole Eolie e il Pilone. Quindici anni dopo, invece, il luglio del 2019 per Michele è strettamente legato alla montagna. Sia ingegnere che architetto, Michele Versaci ha oggi trentadue anni, vive a Milano e ha realizzato, insieme a un collega, il progetto del “Bivacco Matteo Corradini”. La struttura è stata montata pochi giorni fa sulla Cima Dormillouse, una montagna delle Alpi Cozie tra il comune di Cesana Torinese in Piemonte e quello di Cervières nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
In memoria di un giovane alpinista
“Matteo Corradini era un giovane appassionato di alpinismo” ci racconta Michele Versaci. “Purtroppo è venuto a mancare nel 2017, dopo una lunga battaglia contro il male che lo aveva colpito qualche anno prima. Il padre, Paolo, ha deciso di far costruire un bivacco per omaggiarne la memoria e per aiutare chi porta avanti la stessa passione per la montagna”.
Paolo Corradini è così entrato in contatto con l’architetto Andrea Cassi. “Andrea è un collega con cui avevo collaborato spesso in passato” continua Michele Versaci. “Ci eravamo sempre trovato bene, così ha pensato di coinvolgermi anche in questo lavoro. Con lui e Paolo Corradini abbiamo fatto il primo sopralluogo il 1̊ novembre 2017. Paolo Corradini è una persona eccezionale. Aveva subito da poco la perdita più drammatica che esista, ma trasmetteva grande forza. E naturalmente grande generosità, perché anche se non ha gli stessi costi di costruzione di una vera e propria casa, quello di un bivacco è un investimento importante. Regalarne uno agli appassionati è un gesto davvero notevole”.
Cos’è un bivacco?
Prima di iniziare il lavoro, Michele ha dovuto documentarsi a fondo. “Il concetto di bivacco non rientra propriamente nella cultura mediterranea. Si tratta di costruzioni che si sono diffuse verso la fine dell’Ottocento. Di fatto sono degli avamposti usati per fare delle tappe verso la conquista di vette che superano i duemila metri. Sono particolarmente utili nei posti isolati, lungo itinerari escursionistici che superano la singola giornata. Bisogna tenere presente che in montagna il tempo può cambiare improvvisamente, ed essere protetti da una costruzione solida, in certi casi, può salvare la vita. La Cima scelta da Paolo Corradini, oltre a essere amata dal figlio, era sprovvista di un bivacco. La sua presenza, oggi, rende l’area più frequentabile”.
Metallo e pino cembro
Dal punto di vista strutturale, il bivacco è un involucro di metallo nero che ricopre un nido interno di pino cembro, la classica essenza con cui si costruivano le culle sulle Alpi. “Il progetto si è fondato su tre aspetti: sostenibilità, comunità e paesaggio. Guardando al primo punto, abbiamo ridotto al minimo il consumo di suolo. Solo il 25% del bivacco, infatti, appoggia sul terreno. La sostenibilità ha influito naturalmente anche sulla scelta dei materiali. Bisogna anche dire che una caratteristica del pino cembro è il tipico odore, capace di trasmettere una sensazione di calma. Venendo invece al concetto di comunità, questo è molto radicato nelle zone alpine. Volevamo che il bivacco fosse uno spazio accogliente, caldo e conviviale. Utile per le emergenze ma anche per l’incontro. I gradoni di legno al suo interno permettono sia di distendersi per la notte che di raccogliersi insieme intorno al tavolo. Da ultimo, l’importanza del paesaggio. Paesaggio come qualcosa da rispettare, da un lato, e di cui godere, dall’altro. A tal fine, le grandi vetrate creano un rapporto tra le due vallate”.
La Cima Dormillouse tocca quasi i tremila metri, altezza che non poteva non condizionare la logistica dei lavori. “I moduli sono stati pre-assemblati in officina, e portati sul luogo in elicottero. Lì una squadra di bravi operai della ditta “Abitare Legno” ha completato il montaggio in circa una settimana. Naturalmente non avrebbero potuto farlo nei mesi più freddi, perciò si è optato appunto per luglio”.
“Riguardando indietro a tutto il percorso” aggiunge Michele Versaci “devo dire che all’inizio ero un po’ intimorito. Non sapevo cosa fosse un bivacco e non avevo lavorato in zone che dove la temperatura tocca i -20̊. È stata una sfida stimolante, che mi fatto imparare molto. Salendo spesso sulle Alpi ho anche imparato a apprezzare le nostre vette. Parliamo di numeri diversi, ma l’Etna, le Madonie, i Peloritani e tutte le nostre montagne hanno molto da offrire. Anche qui servirebbero però delle strutture che aiutino a raggiungere i luoghi più impervi”.
…. O forse questi luoghi devono rimanere appartati. Come un luogo di meditazione. Una conquista. In modo che chi sale voglia davvero essere più vicino alle stelle.