Il giorno della civetta in scena al Vittorio Emanuele sino a domenica pomeriggio

Il giorno della civetta in scena al Vittorio Emanuele sino a domenica pomeriggio

Gigi Giacobbe

Il giorno della civetta in scena al Vittorio Emanuele sino a domenica pomeriggio

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sabato 14 Gennaio 2012 - 15:50

Regia parrocchiale di Fabrizio Catalano nipote dello scriottore di Racalmuto

Che tra mafia e politica ci fosse una stretta connivenza se n’era accorto ampiamente Leonardo Sciascia che nel suo romanzo del 1960 Il giorno della civetta ne descrive strategie e rituali riscontrabili ai giorni nostri. In concreto se la mafia ammazza qualcuno e le forze dell’ordine e la magistratura sono sulla buona strada per mettere in galera i responsabili, c’è sempre qualcuno nei paraggi governativi che si adopera per insabbiare, nascondere, mettere a tacere colpevoli e mandanti. Anche Pasolini con quel suo articolo sul Corriere della Sera del 1974 “ io so i nomi dei responsabili delle stragi di Milano…di Brescia e di Bologna… i nomi dei potenti della Cia, dei colonnelli greci e della mafia…ma non ho le prove ” aveva destato grande scalpore e smosso le coscienze civili. Tanti sono stati i morti ammazzati tra giudici, magistrati, giornalisti e forze dell’ordine e tanti kilometri di carta sono serviti a tanti bravi cronisti per denunciare nomi, famiglie, cupole con minuziosi particolari ai quali da alcuni anni si è aggiunto il nostro Roberto Saviano. Ma il drago sputa ancora fiamme e fuoco, si rinnova e si ripropone sotto le forme più varie ed è lungi dall’essere definitivamente sconfitto. Fa bene Fabrizio Catalano Sciascia a riproporre il giallo del nonno al Vittorio Emanuele con una sua regia che non brilla certo per dinamicità e innovazione (come del resto era avvenuto al suo debutto registico cinque anni fa con Todo modo). Mantenendosi piuttosto su binari dilettantistici, parrocchiali quasi, resi evidenti da una brutta scenografia (nel piano inferiore un’approssimativa postazione dei carabinieri e nel piano superiore un balcone panoramico e la porta della casa di Rosa Nicolosi) e da una mediocre cast illuminato male dalle luci di Ugo Governali e con le presenze (scialbe) di due attori televisivi quali Sebastiano Somma nei panni del capitano dei carabinieri Bellodi (che nel film di Damiano Damiani del 1968 era vestito da uno statico Franco Nero) e da un Orso Maria Guerrini negli abiti del capo mafioso Don Mariano ( interpretato nel film da un ottimo Lee J.Cobb) al quale spetta una delle più significative battute dello spettacolo, allorquando al cospetto del capitano che considera un “uomo”suddivide il genere umano in cinque categorie: gli uomini, i mezzi uomini, gli ominicchi, i pigliainculo e i quaquaraquà. Non verrà arrestato Don Mariano e neppure Zecchinetta ritornerà in carcere, mentre l’omicidio di Paolo Nicolosi per aver visto forse in faccia l’assassino del piccolo imprenditore Salvatore Colasberna, cui fa seguito l’assassinio del doppiogiochista e confidente della polizia Calogero Dibella detto Parrinieddu, resteranno impuniti, lasciando uccel di bosco mandanti e assassini. Ovviamente Il giorno della civetta , metafora d’una Sicilia che stenta a cambiare, è uno spettacolo non a lieto fine, perché le collusioni tra mafia e politica riescono facilmente a fare sgonfiare la stessa storia, dirottando i sospetti dal vero colpevole all’amante della moglie dell’assassinato. Un particolare tipicamente malavitoso, quello della scusa delle corna, che infatti sarà usato più di una volta dalla mafia per cercare di coprire vari delitti. Carabinieri e magistrati verranno gentilmente invitati a fare qualche indagine in più sulla vittima e sui suoi parenti perché magari si potrà trovare qualcosa che di sicuro verrà fuori.- Gigi Giacobbe

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