L'ex collaboratore dell'Ente culturale si è posto nelle scorse ore sulla delicata vicenda relativa alla bocciatura dello statuto "palermocentrico" per trasformare TaoArte da comitato in fondazione.
"Mi sembra corretto, come rappresentato da molti consiglieri, che all’atto della costituzione della dotazione patrimoniale della Fondazione Taormina Arte si abbia piena contezza della situazione debitoria e del piano di sviluppo. Che senso avrebbe conferire dei cespiti del tutto inadeguati a far fronte alla situazione debitoria e senza un’idea di come proseguire le attività? Perché dal Comitato, e anche dalla Regione, su questo tema continua il silenzio?”. Sono domande piene di stupore quelle che l’attuale componente del Cda del Conservatorio “Corelli” di Messina ed ex collaboratore di Taormina Arte, Giuseppe Ministeri, ha posto nelle scorse ore sulla delicata vicenda relativa alla bocciatura dello statuto cosiddetto “palermocentrico” per trasformare l’ente culturale da comitato a fondazione. Parole di "fuoco" che hanno evidenziato come “sia ridicolo il dibattito delle scorse settimane sui beni da conferire, perché, a mio avviso, non centrava minimante il nocciolo della questione. I cespiti, conferiti non in proprietà, ma in uso, devono servire, attraverso la rendita che possono generare, a garantire il funzionamento della Fondazione, lo sviluppo delle attività, l’adempimento rispetto delle obbligazioni assunte (debiti)”. E in merito agli stessi conferimenti ha affermato come “sia impossibile stabilire quali sono i cespiti da conferire senza sapere né l’ammontare della massa debitoria né a quanto ammonterà il conto economico. La dotazione patrimoniale deve infatti garantire, attraverso la rendita, di far fronte ai debiti, ai costi di funzionamento, allo sviluppo delle attività. Se ogni anno si ha un deficit di 500 mila euro e si hanno debiti per 5 milioni, da ripianarsi in cinque anni, significa che ogni anno serve un patrimonio capace di garantire una rendita di 1 milione e 500 mila euro”. Soldi che non stanno né in cielo né in terra.
Enrico Scandurra