Presentata la 29ma edizione del Rapporto Immigrazione 2020 Caritas-Migrantes. Immigrazione nel contesto internazionale, europeo, italiano e territoriale.
Si è svolta, online, sulla piattaforma Teams, la presentazione della 29ma edizione del Rapporto Immigrazione 2020 Caritas-Migrantes, organizzato nell’ambito del calendario di incontri «Trame migranti», tra gli appuntamenti programmati dal Dipartimento Cospecs dell’Università di Messina assieme a diciassette organizzazioni che si occupano di accoglienza dei migranti del territorio calabrese e siciliano.
Dopo i saluti istituzionali di Pietro Perconti, direttore del Dipartimento, e del diacono Santino Tornesi, direttore dell’Ufficio diocesano Migrantes, che ha riportato anche i saluti dell’arcivescovo; Simone Varisco (storico, area ricerca della Fondazione Migrantes eco-curatore del volume) ha presentato il Rapporto Immigrazione 2020 Caritas-Migrantes.
Il Contesto Internazionale
“Il 2019 si è caratterizzato per un andamento costante, seppur in lieve crescita, delle migrazioni internazionali registrando in totale 271.642.105 migranti internazionali. L’Europa e l’Asia si confermano i continenti più interessati da questa mobilità, considerando che nel 2019 hanno ospitato rispettivamente circa 82 e 84 milioni di migranti, pari al 61% del totale mondiale. Quasi i due terzi dei migranti risiedono in Paesi ad alto reddito (circa 176 milioni), mentre 82 milioni in Paesi a medio reddito e i restanti 13 milioni nei Paesi a basso reddito” spiega Varisco.
Come evidenziato dal World Migration Report dell’IOM, la stragrande maggioranza delle persone (circa 200 milioni) migra per motivi legati soprattutto al lavoro, alla famiglia e allo studio.
Il Contesto Europeo
Nel 2019 oltre 82 milioni di migranti internazionali risiedono in Europa e oltre il 50% (42 milioni) vi è nato.
In italia sono 5,3 milioni.
I migranti non europei, invece, tra il 2015 e il 2019 sono aumentati da poco più di 35 milioni a circa 38 milioni. La Germania, con oltre 13 milioni di migranti, si attesta come il Paese con il maggior numero di cittadini stranieri residenti (+3 milioni negli ultimi 4 anni). Seguono Regno Unito e Francia con, rispettivamente, 9,5 milioni e 8 milioni. Con una popolazione che oscilla intorno ai 5 milioni di migranti, l’Italia e la Spagna sono state la quinta e la sesta destinazione in Europa nel 2019.
Il contesto Unione Europea
3,2 milioni di primi permessi di soggiorno rilasciati dall’UE nel 2018, il 28% per motivi di famiglia, il 27% per motivi lavorativi, il 20% per motivi di studio.
Il Contesto Italiano
Gli ultimi dati sulla situazione demografica italiana diffusi dall’Istat1 confermano le tendenze in atto da alcuni anni: progressiva diminuzione della popolazione residente, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno; aumento del divario tra nascite e decessi; stagnazione della fecondità a livelli molto bassi; aumento dell’incidenza della popolazione anziana e diminuzione di quella giovane, con il relativo ulteriore innalzamento dell’età media; saldo migratorio con l’estero positivo, anche se in diminuzione; aumento della popolazione residente straniera, sia in termini assoluti che relativi.
La popolazione residente totale, che risulta in calo da cinque anni, nel corso del 2019 è diminuita di quasi 189 mila unità, arrivando al 31 dicembre 2019 a 60.244.639 persone (-0,3% rispetto all’inizio dell’anno).
I cittadini stranieri sono risultati 5.306.548 (8,8% del totale), in crescita di 47 mila unità rispetto a un anno prima (+0,9%): il 57,8% risiede nel Nord, il 25,3% nel Centro e il 16,9% nel Mezzogiorno. La diminuzione della popolazione residente totale è dovuta al bilancio negativo della dinamica naturale (nascite-decessi), risultata nel 2019 pari a -214 mila unità, solo parzialmente compensata da un saldo migratorio con l’estero positivo (+152 mila). A questi dati vanno aggiunti quelli relativi alle ordinarie operazioni di allineamento e revisione delle anagrafi (saldo per altri motivi), che hanno comportato un ulteriore saldo negativo di oltre -126 mila unità. Il calo della popolazione complessiva è generalizzato, ma si concentra prevalentemente nelle regioni del Sud (-0,63%) e nelle Isole (-0,70%), sia a causa della dinamica naturale sia delle migrazioni interne. Il fenomeno si registra anche nel Centro, sebbene in misura sensibilmente inferiore e comunque in linea con la media nazionale (-0,3%), mentre nelle regioni settentrionali il calo è estremamente contenuto (-0,06% nel Nord-Ovest e -0,03% nel Nord-Est). Considerando le regioni, «il primato negativo in termini di perdita di popolazione è del Molise (-1,14%), seguito da Calabria (-0,99%) e Basilicata (-0,97%). All’opposto, incrementi di popolazione si osservano nelle province di Bolzano e Trento (rispettivamente +0,30% e +0,27%), in Lombardia (+0,16%) ed Emilia-Romagna (+0,09%)», come riportato dal rapporto.
3.438.70 i permessi di soggiorno validi al 1° gennaio 2020 (61,2% rilasciato nel Nord, 24,2% nel Centro, 10,8% nel Sud e 3,9% nelle Isole). Per il 48,6% i motivi sono familiari, per il 41,6% sono di lavoro e per il 5,7% d’asilo.
Il Contesto Regionale
200.813 sono i cittadini stranieri residenti in Sicilia (+0.8%). 104.984 gli uomini, 95.829 le donne. Il 40% della popolazione totale. A Messina 29.488.
I motivi sono, ancora una volta, di famiglia per il 42,4%, di Lavoro per il 36,7% e di Asilo per il 12,5%.
Il lavoro
“L’occupazione dei cittadini stranieri continua a dare segnali di crescita, ma al contempo non registra significativi avanzamenti nella qualità del lavoro. Permangono le criticità che studi e Rapporti sul tema sottolineano da anni: ovvero la tendenziale concentrazione in alcuni specifici settori, in cui le qualifiche e le mansioni ricoperte sono per lo più a un basso livello professionale o contrattualizzate a tempo (o con modalità precarie); le conseguenti differenze retributive con i lavoratori italiani, la ancora scarsa partecipazione delle donne (soprattutto di alcune nazionalità) al mercato del lavoro, l’adibizione a lavori manuali, con scarsa preparazione anche rispetto ai rischi per la sicurezza e, ancora, le scarse prospettive di crescita professionale dei più giovani, anche essi avviati, almeno stando alle attuali tendenze, a riprodurre le modalità occupazionali della generazione precedente” spiega il report.
In Italia sono 2.505.000 i lavoratori stranieri, che rappresentano il 10,7% degli occupati totali nel nostro Paese.
La retribuzione media annua nel 2019 dei lavoratori extracomunitari è inferiore del 35% a quella del complesso dei lavoratori (14.287 euro rispetto a 21.927 euro).
Nel corso del 2019 gli infortuni verificatesi ai lavoratori stranieri sono stati 108.173 (il 16,9% del totale) e in due casi su tre hanno riguardato cittadini extracomunitari, per i quali c’è stato un aumento del +5% rispetto al 2018. Nel caso degli incidenti con esito mortale, l’incidenza dei 5 lavoratori stranieri sul totale è più elevata, attestandosi sul 18,8%, con un incremento del +13,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; le pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS) erogate dall’INPS a cittadini extracomunitari alla fine del 2019 sono state appena 65.926, pari allo 0,4% del totale delle pensioni INPS dello stesso tipo (16.840.762); le pensioni assistenziali erogate a cittadini extracomunitari sono state invece 100.898, pari all’2,5% del totale (4.030.438).
L’impatto del Covid sul lavoro
Le persone di cittadinanza non italiana, che erano pari al 9% di tutti gli inattivi del primo trimestre 2019 (1 milione 290 mila unità), diventano al primo trimestre 2020 il 9,7% (1 milione 315 mila unità), a causa dell’impatto del Covid. Si riscontra, quindi, un aumento sia in termini assoluti (+25 mila) che percentuali +0,7 punti percentuali). La maggior parte degli stranieri inattivi (61,5%) sono in possesso di un basso livello di istruzione, mentre tra gli italiani tale caratteristica riguarda una quota inferiore di persone, pari al 56,1%. In particolare, il 7,3% degli italiani inattivi non ha alcun titolo di studio o ha solamente la licenza elementare, mentre tra gli stranieri questo tipo di condizione giunge a coprire il 10,8% dei casi.
La stagnazione nel mercato del lavoro e l’isolamento sociale con il blocco degli spostamenti autonomi sul territorio, ha di fatto scoraggiato i disoccupati a continuare a cercare lavoro in modo attivo, producendo una trasformazione in senso passivo del loro status.
Scuola e Università
La presenza degli alunni stranieri si attesta come una componente sempre più fondamentale e consistente: nell’anno scolastico 2018-2019 la perdita di 100 mila studenti italiani (-1,3%) dovuta al calo della natalità è stata compensata da un aumento di studenti con cittadinanza straniera, per lo più di seconda generazione, di quasi 16 mila presenze rispetto all’anno precedente (+1,9%) raggiungendo un totale di circa 860 mila unità ossia il 10% del totale della popolazione scolastica.
Il 64,4% degli alunni stranieri è nato il Italia ma non ha la cittadinanza. Circa l’esito dei percorsi scolastici, nell’a.s.2017/2018 gli studenti italiani in ritardo sono risultati il 9,6%, contro il 30,7% degli studenti con cittadinanza non italiana, che sono anche quelli a più alto rischio di abbandono, pari al 33,1%, a fronte di una media nazionale del 14,0%.
La povertà
Secondo l’Istat nel 2019 gli individui di nazionalità non italiana in povertà assoluta sono quasi 1 milione e 400 mila, con una incidenza pari al 26,9%, contro il 5,9% dei cittadini italiani.
Le famiglie in povertà assoluta sono composte nel 69,6% dei casi da famiglie di soli italiani (1 milione e 164 mila) e per il restante 30,4% da famiglie con stranieri (circa 510 mila), pur rappresentando solo l’8,9% del totale delle famiglie. L’incidenza di povertà assoluta è pari al 22,0% (25,1% nel 2018) per le famiglie con almeno uno straniero (24,4% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri) e al 4,9% per le famiglie di soli italiani.
Le restrizioni imposte dal lockdown su vari aspetti della vita sociale (il divieto di spostamento sul territorio, la necessità di rimanere a casa, l’interruzione della frequenza scolastica, ecc.) hanno penalizzato fortemente le famiglie immigrate, anche a causa di una situazione lavorativa e logistica che già in partenza si presenta notoriamente più debole di quella degli italiani. I dati a disposizione parlano chiaro: in soli tre mesi la Caritas ha aiutato, in diverse forme, 445.585 persone (in media, 2.990 utenti per diocesi). Ad esempio, sul totale dei beneficiari Caritas 8 del periodo marzo-maggio 2020, gli stranieri pesano in modo particolare (38,4%), in misura certamente maggiore rispetto alla quota percentuale di presenza degli immigrati sul territorio italiano (8,9% della popolazione residente). Anche tra i 129.434 “nuovi poveri” che si sono rivolti alla Caritas nello stesso periodo, gli stranieri pesano in modo particolare (32,9%), pur se con valori di incidenza inferiori rispetto al dato riferito all’utenza in generale.
Salute e Covid
I dati disaggregati dicono che al 22 aprile 2020 in Italia su 179.200 diagnosticati, tra quelli con nazionalità conosciuta (69,3%), solo il 5,1% è attribuibile a individui di nazionalità straniera. I casi stranieri risultano più frequentemente di sesso femminile (56,4% vs. 50.8% italiani) e hanno un’età mediana molto inferiore (46 anni, IQR: 37-55) rispetto a quella dei casi italiani (64 anni; IQR: 54- 80). Il 60,7% dei casi confermati aveva meno di 30 anni di età e l’80% tra i 20 ed i 34 anni. Si tratta prevalentemente di uomini (90,8%). Il 25,9% dei casi positivi (62 persone) ha avuto necessità di ricovero ospedaliero, di cui 2 in terapia intensiva. Gli esiti di malattia sono sovrapponibili a quelli registrati nelle corrispondenti fasce di età della popolazione italiana. Uno stesso monitoraggio condotto dall’INMP sui casi di positività al Covid fra gli stranieri presenti nel sistema di accoglienza per richiedenti asilo in un periodo che va dall’11 maggio 2020 al 12 giugno 2020 ha evidenziato che su 59.648 immigrati accolti, sono stati confermati 239 positivi al Covid-19, lo 0,4%, distribuiti in 68 strutture, nel 97,1% al nord, in particolare in Lombardia (27,9%) e in Piemonte (22,1%).
Non c’è stato dunque in questi mesi alcun allarme sanitario ricollegabile alla presenza di cittadini stranieri nel nostro Paese.
Giustizia
I cittadini stranieri, piuttosto, sono fra le principali vittime di reati collegati a discriminazioni. La maggior parte delle 4.068 segnalazioni pertinenti istruite nel 2018 dall’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali sono discriminazioni per motivi etnico-razziali. In particolare, sono stati presi in carico 2.864 casi pertinenti (70,4% del totale. Nel 2017 i casi erano 2.610, pari al 73% del totale). La connotazione generica “Colore della pelle” è quella più ricorrente (886 casi), seguita da “Straniero” (658 casi), “Profughi” (519 casi) e “Rom, Sinti e Camminanti” (424 casi).
La Comunicazione sulla migrazione
Nella narrazione dell’immigrazione lo spazio concesso ai suoi protagonisti – persone migranti e cittadini stranieri – risulta minimo (7% nel 2019, quasi dimezzato rispetto all’11% del 2018), mentre ampio risalto è dato al dibattito politico sull’immigrazione (47,1%). Sono sempre uomini politici a parlare di immigrazione, strumentalizzandola.
Minoritario appare anche il rilievo concesso ai soggetti confessionali (4,4%), in gran parte afferente alla Chiesa cattolica (80,6%), che invece potrebbero contribuire ad un approccio più misurato e completo ai fenomeni della mobilità.
L’appartenza religiosa
Al 1° gennaio 2020 si stima che la maggioranza assoluta degli stranieri residenti in Italia sia di religione cristiana (54,1%).
Fra gli immigrati cristiani la maggioranza assoluta è ortodossa (29,3%, pari a 1,6 milioni di fedeli, originari soprattutto di Romania, Ucraina e Moldova), mentre più di uno su tre è cattolico (20,1%, con quasi 1,1 milioni di persone, per lo più romeni, filippini, peruviani e albanesi). Proprio i cattolici, però, hanno fatto registrare la crescita maggiore nel 2019, con un aumento di 103 mila unità (+10,5%), superati soltanto – sebbene su livelli quantitativi assoluti minori – dai copti (in aumento di 3 mila unità, +16,7%); lieve la crescita degli ortodossi (+19 mila unità, pari al +1,2%), mentre sono diminuiti gli appartenenti ad altre fedi cristiane (in particolare gli evangelici, diminuiti del 9,1%, vale a dire quasi 17 mila fedeli in meno).
Gli stranieri musulmani residenti in Italia sono risultati stabili in numerosità durante il 2019 (-0,4%, vale a dire circa 6 mila unità in meno fra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2019), dopo il forte aumento fatto riscontrare durante il 2018 (+8,7%, cioè +127 mila unità), mantenendosi poco al di sotto del valore di 1,6 milioni, pur senza considerare gli acquisiti alla cittadinanza italiana e i non iscritti in anagrafe (ma conteggiando i minorenni di qualsiasi età). Si tratta per lo più di marocchini, albanesi e bangladeshi.
Sul territorio nazionale si segnalano, infine, circa 174 mila stranieri buddisti.
Gli atei e gli agnostici sono invece stimabili in circa 531 mila, pari a circa un decimo (9,9%) del totale degli stranieri residenti in Italia.
Gli interventi
A terminare l’incontro il racconto di due esperienze di ricerca realizzate in Calabria e Sicilia. Anna Elia, sociologa dell’Università della Calabria, ha condiviso con i presenti i suoi studi, realizzati insieme alla collega Valentina Fedele, in una relazione dal titolo “Il minore non accompagnato nella famiglia transnazionale” e Tiziana Tarsia, sociologa dell’Università di Messina, si è soffermata, invece, sulla possibilità di attivare percorsi di collaborazione e ricerca-azione tra le organizzazioni del territorio che si occupano di accoglienza e l’Università.
Infine, Khalid El-Sheikh, mediatore culturale, presidente dell’associazione Immigrati ASIM, ha raccontato la sua esperienza di lavoro sul campo, mettendo in evidenza il rapporto esistente tra l’associazionismo migrante e l’inclusione sociale.