Angelo Campolo presenta “La città invisibile”

Angelo Campolo presenta “La città invisibile”

Laura Giacobbe

Angelo Campolo presenta “La città invisibile”

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martedì 17 Marzo 2015 - 17:18

Nono e penultimo appuntamento per la rassegna teatrale Atto Unico. La compagnia DAF - Teatro dell’Esatta Fantasia propone un omaggio al grande Italo Calvino.

Non un adattamento teatrale, né una lettura a due voci, quella portata in scena da Angelo Campolo e Luca Fiorino domenica 15 Marzo, in doppio appuntamento (pomeridiano e serale), nello scenario della chiesa di Santa Maria Alemanna. Per dirlo con le parole di Auretta Sterrantino, direttrice della rassegna Atto Unico, nell’ambito della quale si inserisce la rappresentazione, La città invisibile è una “tappa metafisica”, un punto di incontro tra l’ingegno di un grande scrittore del Novecento e le problematiche del nostro spazio-tempo. Insomma una prospettiva calviniana che guarda alla Sicilia. E’ questo ciò che aveva in mente il regista Angelo Campolo, direttore della compagnia DAF – Teatro dell’Esatta Fantasia. Un viaggio che fosse un po’ di esplorazione, un po’ d’inchiesta, che attraverso luoghi a metà tra il reale e l’immaginario raccontasse il mondo contemporaneo, dal punto di vista di chi ci vive dentro. Al posto di Marco Polo e Kublai Khan, protagonisti dell’opera di Calvino, qui troviamo due personaggi nuovi, “l’uomo violento” e “il sognatore”, entrambi alla ricerca della stessa donna, scomparsa, della quale sono innamorati. L’ambientazione è un interno, una stanza con due scrivanie, che dà l’idea dello studio di un ispettore di polizia, o di un investigatore privato. Quest’impressione viene rafforzata dall’apparizione in scena del primo personaggio (Luca Fiorino) in machintosh beige alla tenente Colombo, e dal sottofondo musicale che accompagna il suo ingresso, stile film noir americano. All’apparire del secondo personaggio (Angelo Campolo), dagli abiti casual e i modi spavaldi, il primo gli si rivolge, appunto, come in un interrogatorio, ponendogli insistenti domande sulla donna, alle quali questo risponde in modo vago, in atteggiamento quasi trasognato. Alla descrizione che dà, fatta di immagini e di sensazioni tattili, legate al piano fisico, il primo personaggio dà la sua controparte, stuzzicando l’interrogato su altri spunti… il colore degli occhi, il modo di gesticolare, di camminare… E già da queste prime battute notiamo, all’interno della stessa ricerca, il cammino parallelo di due linee contrapposte, il fisico e il metafisico, incarnate dai due personaggi. Tuttavia, pur da reciproche controparti, i due diventano pian piano quasi collaboratori. Seguendo il percorso di ricerca che compiono di paripasso, ciascuno secondo il proprio metodo, ascoltiamo le testimonianze degli abitanti dei luoghi attraveso cui si muovono. Ogni luogo è un espediente per raccontare un aspetto del mondo contemporaneo.
C’è una città basata sui “buoni rapporti”, sulle “conoscenze”, quelle utili a farti andare avanti o a trarti fuori dagli impicci al momento opportuno. C’è una città che “si rinnova sempre”, dove il progresso è amato al punto da diventare spreco, e le carcasse di ciò che ieri era nuovo e fiammante oggi formano cumuli di spazzatura. C’è una città che ama i suoi figli come una mamma, li nutre col sole e con il vento di mare, e li fa crescere sani e forti, fin quando qualche altra città, più grande e scintillante, non viene a sottrarglieli, con una vana promessa di felicità.
E poi c’è lei, la città invisibile, costruita sui sogni di tutti coloro che, come i protagonisti, inseguivano una donna nuda e bellissima, mai più ritrovata. Inafferrabile sogno di perfezione. Ma la perfezione, ci dice il regista con l’autore, non è che un fuoco fatuo nella notte. Solo accettando il momento presente, con le sue stranezze, le sue brutture ed i suoi mali, possiamo cogliere la bellezza che nasconde.

“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”

Coinvolgente ed a tratti toccante l’interpretazione dei due attori, ottimamente accompagnati dalla musica dal vivo di Aida De Marco (flauto) e Giuseppe Mangano (chitarra). Scene e costumi di Giulia Drogo.

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