«L'Università è in ginocchio». A dirlo è il coordinatore dell’Andu, Mauro Federico, che interviene con un comunicato sulle condanne emesse per il concorso truccato la Facoltà di Veterinaria. «La sentenza del Tribunale di Messina – si legge – certifica le responsabilità penali di un sistema di potere che ha potuto impunemente scorrazzare nell'Istituzione, evidentemente alimentato da attiva partecipazione e tacito consenso di larghi strati della comunità accademica messinese. Duole ammettere, in uno dei giorni più amari dell'Università di Messina, che l'Ateneo, in massima parte, non abbia avuto gli anticorpi per circoscrivere l'infezione e per risanare la cancrena, aspettando una verità giudiziaria che segue verità etiche, morali e storiche del tutto consolidate ed evidenti a chiunque avesse solo voluto sapere e vedere».
«L'Università – continua il documento – è stata portata alla sbarra. Ed è l'Università che viene politicamente, e senza appello, condannata. Perché si è fatta trascinare nel fango da chi, per delirio di potere o per semplice insipienza, poco importa, ha voluto e potuto anteporre la propria ambizione personale al tanto abusato spirito di servizio. Il terremoto giudiziario locale si colloca in uno scenario nazionale in cui le Università Statali, sempre più strangolate da una politica che le vuole smantellare, cercano di restare a galla respingendo chi è più debole.In questo contesto si concretizza la tragedia di Messina che ha offerto su di un piatto d'argento la propria indifendibilità a chi cinicamente agisce secondo la logica fratricida del “mors tua, vita mea”».
Secondo il coordinatore dell’Andu, «è questa la storica responsabilità di una intera classe dirigente grottescamente arroccata alla poltrona, incurante della emorragia di matricole, presuntuosamente innocente fino alla Cassazione, vigliaccamente nascosta nelle garanzie offerte dalla stessa Legge che è stata ignorata, calpestata, violata, umiliata. In questi giorni terribili ANDU chiama tutta la Comunità accademica ad una assunzione di responsabilità che faccia ripartire la voglia di fare, di dire, di studiare, di “essere Università” e di “essere Esempio” per i Giovani e per la Sicilia. Salvare il Sapere pubblico e l'Ateneo messinese si può ancora, ma è ineludibile un colpo d'ala delle Donne e degli Uomini di buona volontà. Parafrasando Paolo Borsellino, solo se la Comunità accademica le negherà il consenso, anche l'onnipotente e misteriosa governance degli abusi svanirà come un incubo».