L’opinione - Quando Craxi disse “Andate al mare”

L’opinione – Quando Craxi disse “Andate al mare”

L’opinione – Quando Craxi disse “Andate al mare”

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venerdì 10 Giugno 2011 - 08:15

Domenica andrò al mare. Prima andrò a votare per i referendum e poi andrò al mare. Votare non comporta nessuna controindicazione, pertanto, a dispetto delle campagne per l’astensionismo, non ci sono dubbi che recarsi alle urne non è incompatibile con una bella giornata in spiaggia. Anzi, votare è compatibile con il 99,9% delle attività umane, feriali e non. A meno che non mi si voglia dire che dopo aver inserito la scheda nell’urna poi l’elettore non sia obbligato a portarsi gli scatoloni sulle spalle, o a meno che, un cittadino che voglia esprimere la sua opinione in un caldo week end di giugno, solo per questa “bizzarra volontà” non sia messo, appena uscito dal seggio, sotto osservazione medica per 48 ore…..(non è detto, dopo che coloro che votavano a sinistra a Milano e Napoli sono stati definiti da Berlusconi “gente senza cervello” può anche essere che, seguendo lo stesso criterio, chi voti per il referendum abbia qualche neurone fuori posto e necessiti di cure psichiatriche). Ma finora non esistono prove scientifiche che l’andare al voto “impedisca” altre attività ludiche, come appunto la tintarella. Gli inviti a disertare le urne mi sembrano un modo per considerare gli elettori “bisognosi di tutela”, incapaci di prendere da soli una decisione di tipo politico, perché tanto c’è il papà che risolve tutto al posto loro. Il cittadino va bene quando vota per i candidati e diventa invece un incapace organizzatore della sua vita quotidiana quando si tratta di votare per un’ideale. Insomma, accorrete in massa per votare sindaci, consiglieri e parlamentari, ma giocate a beach volley quando si tratta della vostra pelle. E’ noto a tutti quando, nel 1991, esattamente 20 anni fa, Bettino Craxi invitò gli italiani ad andare al mare il 9 giugno piuttosto che esprimersi sul referendum Segni. Finì che a votare (e probabilmente subito dopo andare al mare) andarono 27 milioni d’italiani con un quorum del 62,6% e la preferenza plurima per il Parlamento venne abrogata con un sonoro 95,6% di sì, aprendo le porte alla preferenza unica (purtroppo di recente deceduta…..in favore di un club di nominati) ed alla fine del Craxismo. Quell’”andate al mare che ci penso io” fu un boomerang finito a sbattere nella tangentopoli che spazzò via l’intera Prima Repubblica.Già che ci siamo vorrei anche ricordare altri due referendum: quello per l’abrogazione della legge sul divorzio nel 1974 e quello per l’abrogazione di alcune norme della 194 sull’aborto, nel 1981. In entrambi i casi i veri sconfitti furono i fautori del “fate quello che vi pare ma non andare a votare”. Il referendum del 1974 sulla legge Fortuna sul divorzio costò la carriera all’allora segretario della Dc Amintore Fanfani, che restò in sella ancora un anno dopo l’esito delle urne: 59% d’italiani contrari all’abrogazione della legge sul divorzio e alla campagna della Dc che raggiunse infatti il minimo storico alle successive regionali. Nel 1981 i radicali restarono quasi soli nella campagna a difesa dei capisaldi della legge 194 sull’aborto. Invece il 68% degli italiani la difesero strenuamente dai no, dai silenzi e dall’astensionismo. Oggi, 30 anni dopo quel 1981 e 20 anni dopo quel 1991, si respira un’aria simile. Mentre il Presidente della Repubblica dichiara che andrà a votare perché è un diritto ed un dovere, si moltiplicano gli inviti velati a non farlo e lo stesso Premier aggiunge che quello del 12 e 13 giugno “è un voto inutile”. Io non so cosa intenda Berlusconi per “voto inutile”, a meno che per lui l’unico voto utile sia quello diretto a lui e al Pdl, ma a mio modesto parere nessun voto è inutile, in nessuna assemblea elettiva, in nessuna tornata elettorale, sia pure quella di condominio (avrei qualche dubbio sui voti espressi per i nominati del Grande Fratello, ma ho grande rispetto anche per quel voto, che è, e resta, espressione della volontà del cittadino-telespettatore). Il voto è l’essenza della democrazia, lo strumento concreto di una democrazia, non è un accessorio, un souvenir, un reperto archeologico. Non esistono voti inutili in una democrazia, perché se definisci “inutile” il voto vanifichi il valore stesso di quell’immenso dono di libertà e sovranità che la Costituzione ha dato agli italiani. Per quel che riguarda me, poi, che sono una donna, andare a votare è un dovere ed una forma di rispetto nei confronti di quei milioni di donne che fino a oltre 60 anni fa non potevano votare. Il 2 giugno del 1946, per la prima volta, le donne italiane espressero il loro voto, per il referendum tra monarchia e repubblica e per eleggere l’Assemblea costituente. E’ per quelle donne venute prima di loro, ed è per loro, per mia nonna, che io ho sempre espresso il mio voto, ho persino votato per quei referendum che non hanno nemmeno lontanamente sfiorato il quorum. Ho votato per rispetto di chi questa libertà e democrazia non l’ha potuta vivere sulla pelle. Potrei parlare anche di altre forme che in passato hanno ridotto la capacità di voto ad un ristretto numero di “privilegiati”. Ma senza andare troppo lontano né volare troppo alto, non esiste un voto inutile, perché la mia opinione, sia se coincide, sia se non coincide con la tua, è comunque utile, è il respiro stesso della democrazia. Anche perché poi, continuando a non ascoltare cosa pensa e cosa dice la gente, si finisce con il diventare sordi.

Rosaria Brancato

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