Reggio Calabria, continuano i problemi legato agli alloggi popolari, oggi ancora una protesta al Cedir per rivendicare il proprio diritto alla casa
Reggio Calabria, 6 febbraio – Da troppo tempo passa sotto silenzio il dramma degli sfratti e di altri disagi abitativi vissuti da tante famiglie della nostra città. Il Comune purtroppo non ha ancora messo in atto azioni efficaci per porre rimedio alla drammaticità di questi eventi. .
È difficile comprendere fino in fondo il dramma vissuto dalle persone sfrattate,, soprattutto per la gran parte delle famiglie che una casa ce l’ha e non rischia di perderla. Tuttavia è doveroso provare ad immedesimarsi in queste situazioni per comprendere quale grave ingiustizia sociale si stia consumando ai danni di queste famiglie, che hanno un reddito molto basso e non hanno una casa di proprietà. Perdere la casa per sfratto, com’è successo alla famiglia Ferraro ed ad altre famiglie, significa non avere più il luogo di riferimento della propria famiglia e della propria vita. La casa è il luogo che custodisce i rapporti con i propri familiari, è il luogo dove si dorme al riparo dalle intemperie, il luogo dove si condivide il cibo con i propri familiari, il luogo che ci consente di leggere, di studiare, di curarci, il luogo attraverso il quale “abitiamo” la città e curiamo i rapporti con parenti ed amici. C’è molto altro dietro l’abitare, ma basta poco per mostrare la dimensione del dramma.
La conseguenza dello sfratto è un terribile trauma. La famiglia che lo subisce viene “disintegrata”, perché perde il luogo che garantisce le condizioni minime indispensabili per la sua vita. Il 20 febbraio, un’altra famiglia, con 3 minori,subirà uno sfratto esecutivo con la forza. Immaginiamo cosa vorrà dire per i tre minori trovarsi senza una casa ed essere inseriti in una comunità. Chissà quanti altri casi di questo genere si verificano periodicamente nella nostra città, nel silenzio assordante, del Comune e di tutte le altre Istituzioni pubbliche. Ma anche di noi cittadini.
Assieme al dramma degli sfratti, , ci sono altre forme di disagio abitativo, forse meno drammatiche ma altrettanto gravi. Sono quelle delle famiglie che si trovano in una casa non adeguata che impedisce una parte delle funzioni dell’abitare. Si tratta di quelle famiglie che abitano in case le cui condizioni non consentono le cure mediche, che sono in stato di degrado strutturale e di antigienicità, che sono troppo piccole e quindi non offrono lo spazio vitale indispensabile. Esiste poi il disagio di quelle famiglie con reddito molto basso che sono soffocate dal canone di affitto e che per evitare lo sfratto passano da una casa all’altra, vivendo in una situazione di costante precarietà abitativa.
A queste famiglie che spesso vivono nel silenzio il dramma dello sfratto e del disagio abitativo, è necessario dire che denunciare pubblicamente, senza alcun timore e vergogna la loro situazione, è indispensabile, perché sono titolari di un diritto negato.
La questione abitativa di queste famiglie non deve però essere considerata una problematica soggettiva di alcuni, ma una faccenda che, oltre il Comune, deve interessare l’intera comunità. La comunità reggina ha tra i suoi beni comuni circa 7000 alloggi popolari e decine gli alloggi confiscati e diverse risorse economiche non utilizzate: i canoni degli alloggi popolari, le entrate delle vendite degli alloggi, gli 11 milioni del “Decreto Reggio” per acquisto alloggi, i residui dei fondi Gescal ed i finanziamenti destinati all’housing sociale. Nel loro insieme questi beni e risorse costituiscono concretamente una risposta reale al dramma della perdita della casa e dei diversi disagi abitativi. Ma questa risposta, pur essendo disponibile, continua a non essere praticata dal Comune.
Questa mattina la dirigente , dssa Fedora Squillaci, ha riferito al presidente dell’associazione Un Mondo di Mondi che il settore alloggi popolari per effettuare tutte le attività di gestione ed assegnazione ha solo 3 funzionari, i quali provenendo da altri settori non hanno esperienza delle pratiche di edilizia residenziale pubblica. La Dirigente ha già chiesto al Sindaco Falcomatà altro personale ed il Sindaco gli ha risposto che provvederà.
Ci chiediamo perché, per un settore di vitale importanza per le famiglie senza una casa , il Sindaco non vi abbia provveduto negli ultimi cinque anni.
Fino a quando questo settore non funzionerà a pieno regime le associazioni, i movimenti le famiglie continueranno ad esercitare tutte le azioni politiche di denuncia, di proposta e di protesta per favorie il diritto alla casa fino ad oggi negato.