Rappoccio, avrebbe ottenuto il seggio in Palazzo Campanella tramite voti irregolari conquistati con l’esercizio di promesse lavorative presso alcune cooperative
L’ex consigliere regionale Antonio Rappoccio è stato condannato Corte d’Appello di Reggio Calabria a 3 anni e 6 mesi di carcere, anche se i reati elettorali sono andati prescritti. L’ex consigliere regionale, è accusato di essere il promotore di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione elettorale.
La sentenza è stata emessa nella tarda serata di ieri dalla presidente Adriana Trapani che ha riconosciuto il danno subito dall’avvocato Aurelio Chizzoniti così come avevano stabilito i giudici di primo grado che avevano condannato Rappoccio a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Rappoccio era stato arrestato nel 2012. Due anni prima Rappoccio e Chizzoniti erano entrambi candidati al consiglio regionale nella lista “Insieme per la Calabria”, nella quale confluiva anche il Partito repubblicano, che sosteneva il governatore Giuseppe Scopelliti.
In quella campagna elettorale Chizzoniti finì primo dei non eletti dietro Rappoccio che, di conseguenza, per oltre due anni ha occupato un seggio a Palazzo Campanella. Cosa che, stando alle indagini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, non sarebbe stata possibile senza i raggiri ipotizzati dalla Procura di Reggio Calabria. Rappoccio, secondo i pm si sarebbe servito di alcuni concorsi “fantasma” attraverso i quali avrebbe promesso posti di lavoro, condizionandoli al realizzarsi di progetti che avrebbero visto la luce solo se l’esponente repubblicano fosse stato eletto. In sostanza, prospettando così concrete possibilità di lavoro presso cooperative strumentalmente costituite, come l’ “Alicante” e la “Iride solare”, che avrebbero dovuto operare in vari settori fra cui anche in quello fotovoltaico.
850, secondo la Procura sarebbero state le persone che avrebbero pagato 20 euro per poter partecipare alla selezione. La centrale operativa delle attività illecite sarebbe stata in via San Francesco da Paola numero 51, a Reggio Calabria, dove si trovava l’ex segreteria dell’esponente politico ma anche la sede delle cooperative finite al centro dell’inchiesta.