Reggio Calabria, l’odissea dei dializzati non è mai finita / 2

Reggio Calabria, l’odissea dei dializzati non è mai finita / 2

Mario Meliado

Reggio Calabria, l’odissea dei dializzati non è mai finita / 2

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mercoledì 05 Maggio 2021 - 19:52

Le criticità non mancano davvero, a partire dalla logistica per raggiungere Scilla o Melito. Ma con la "nuova" Asp il dialogo è avviato

(2 – segue)
Dializzati e “dializzati domiciliari”, insomma: non è proprio la stessa cosa. Ma una cosa li unisce. Tutti, inclusi i 110 “fortunati” pazienti del Gom, hanno un mare di piccoli e grandi problemi.

Gianluigi Scaffidi, commissario dell’Asp 5

Anche se con la nuova governance dell’Asp di Reggio Calabria, che oggi ha in Gianluigi Scaffidi il nuovo commissario straordinario, lo stesso Comitato dei pazienti dializzati ci tiene a chiarire che «il dialogo è più che avviato. Anzi, già entro fine settimana o al più entro l’inizio della prossima ci sarà un incontro cui parteciperà un paziente per ognuno dei sei centri-dialisi», fa sapere Francesco Puntillo. Parliamo di Reggio città (Gom), ovviamente; Scilla e Melito Porto Salvo, come abbiamo visto. Ma pure Palmi e Taurianova (Tirrenica reggina) e Locri (Jonica).

Mille guai al Gom

Ci sono parecchie “grane”, per i (tanti) dializzati ospiti del Gom.

Intanto, già il fatto stesso d’essere non dei pazienti usuali per un hub ospedaliero metropolitano. Infatti sono pazienti “dell’Asp” reggina, che però svolgono le proprie sedute nei locali dell’Azienda ospedaliera.
Ma l’emodialisi è una routine purtroppo riservata ai pazienti cronici, dunque tipica della Sanità territoriale: gli ospedali dovrebbero eseguire interventi complessi o seguire acuzie. «Tanto più – mette in rilievo il responsabile cittadino dell’Aned Francesco Puntillo – che al Grande ospedale metropolitano di Reggio abbiamo una Nefrologia ad altissima specializzazione. Quest’oasi d’eccellenza vocata a fare ben altro, si ritrova invece “invasa” da 27 dializzati a turno. Non è questo che dovrebbe fare; e non è lì che dovrebbero andare questi malati».
Ma la stessa entrata/uscita di 27 dializzati per turno non è più tanto facile, in tempi di Covid: anche questa è una criticità da tenere in conto. E poi sorgono inevitabili “colli di bottiglia”. Dalle inevitabili attenzioni ai pazienti che hanno ottenuto un rene nuovo con un trapianto agli incrementi, purtroppo, delle liste d’attesa.

Noie “metropolitane”

Per un anziano dializzato – e i 13 reggini in atto destinati allo “Scillesi” o all’ “Evoli” lo sono tutti – arrivare in queste due postazioni decentrate è un supplizio.
Intanto, c’è la fatica del viaggio in sé: per Scilla 50 km fra andata e ritorno, per Melito Porto Salvo sono complessivamente 63. Poi, naturalmente, c’è la logistica. «Il paziente dev’essere sul posto per le 7 del mattino: impossibile pensare di arrivarci col trasporto pubblico locale. In questo senso, per il paziente era forse meglio Messina – è il commento di Puntillo –, perché almeno c’era la “navetta”. Ma chiaramente il viaggio in sé era un massacro».

Un anziano al volante: chimera, per i dializzati

E poi, dev’esserci l’accompagnamento di un amico o di un parente che, quattro ore dopo, dovrà guidare nel viaggio di ritorno. E intanto dovrà trovarsi qualcosa da fare per quattro ore, o fare due viaggi d’andata e due di ritorno… E, questo, per tre volte a settimana. Nessun degente in grado di guidare personalmente? Non si tratta di questo: «Dopo la seduta, anche il dializzato-guidatore più esperto a stento è in grado di respirare. Non può certo mettersi al volante».

Il boom della dialisi “domestica”

Una seduta “domestica” di dialisi peritoneale

La dialisi peritoneale s’è diffusa enormemente, negli ultimi tempi. Ma perché? «Chiaramente molti preferiscono curarsi in casa, anche perché – ammette Francesco Puntillo – non sarà un sanitario a seguirli, ma un parente o un caregiver. Conviene pure alla Sanità territoriale, che in questo modo libera risorse umane e strumentali; ed è una pratica positiva anche per le casse della Regione. Mediamente una sessione dialitica costa 380 euro se operata presso un privato convenzionato, 200 se effettuata in una struttura pubblica come il Gom, appena 20 euro se si sceglie la peritoneale».
In ogni caso, a sopportarne il prezzo è il Sistema sanitario nazionale, e dunque la Regione. Analiticamente, i 20 euro per una seduta domestica di dialisi peritoneale riguardano più che altro la manutenzione ordinaria. I 200 stimati per la struttura pubblica includono la quota di manutenzione anche straordinaria dei macchinari, le ovviamente scrupolose operazioni di pulizia necessarie e anche la quota-costo relativa al personale.

Non è la panacea

Ma la dialisi peritoneale non è la panacea per tutti i mali: basti considerare l’impegno relativo al paziente. Vero è che si rimane in casa, anziché uscirne; ed è vero che per la peritoneale non è necessario l’intervento di un infermiere. Ed è certamente positivo che ogni sessione non duri 4 ore – come per l’emodialisi –, bensì solo mezz’ora. Ma è vero pure che si tratta d’impegnare trenta minuti per quattro volte al giorno, tutti i giorni; non parliamo di una seduta ogni due giorni. Quindi della casa e dell’apparecchiatura si è anche un po’ “schiavi”. Così, parecchi preferiscono ricorrervi di notte, compromettendo il sonno.

Sessione notturna di dialisi peritoneale: sonno a rischio

,Ciò rende questo tipo di dialisi molto adatta agli allettati o a chi ha forme serie di disabilità motoria; meno, ai normodotati o in assenza di comorbilità importanti. «Aggiungo: la dialisi peritoneale è possibile – fa presente Puntillo – se si hanno spazi sufficienti in casa e se il malato ha un minimo livello di scolarizzazione». In caso contrario, è difficile praticarla, o anche solo far comprendere all’interessato modalità e delicatezza delle operazioni reiterate nella giornata.
(2 – continua)

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