Reggio, nella attuale Calabria, è certamente “la Prima” per importanza storica e culturale, oltre che per anzianità
“La rivolta di Reggio fu una rivolta giusta e coerente con la storia. A tutto c’è un limite. Sono reggino, sono campanilista ma la storia e la verità non si possono travisare.
Non è vero come ha affermato il Sindaco Abramo che “il ruolo riconosciuto a Catanzaro è stato un atto naturale, storico e sociale, da parte del governo, al momento dell’istituzione costituzionale del regionalismo”, e non risponde assolutamente al vero che “Catanzaro è sempre stata il Capoluogo della Calabria e la rivolta di Reggio è stata una riprovevole rivolta campanilista” come afferma il collega Consigliere Comunale di Catanzaro Riccio.
Reggio Calabria è la PRIMA, la PIU’ GRANDE e la PIU BELLA, con buona pace di Abramo, del collega Riccio e di tutti i calatanzaresi.
Prote, megiste, kalliste, “la Prima, la Più grande, la Più bella”: con queste argomentazioni Greci e Romani stabilivano la capitale di ciascuna provincia, con argomentazioni inoppugnabili. Reggio, nella attuale Calabria, è certamente “la Prima” per importanza storica e culturale, oltre che per anzianità, potendo risalire a più di tremila anni di Storia fin dalla sua fondazione da parte di Giocasto, figlio di Eolo; Reggio è certamente “la più grande”, per popolazione e per risorse; Reggio è certamente “la più bella”, posta sullo Stretto, uno dei posti più suggestivi e mozzafiato del mondo, e con capolavori culturali e archeologici senza confronti, e non solo in Calabria. Se vogliamo, invece, porre la polemica sul versante storico, il resto sono solo chiacchiere da eruditi locali, lontani dalle Accademie e provinciali. Il nome stesso di Calatanzaro rimanda a una fortificazione araba, Qalat Antsari, la “fortezza sull’altura”, mentre è completamente oscura l’origine romea, con la storia di Flagizio, generale di Niceforo Foca e non di Costantino Monomaco, che nel IX secolo combatté contro gli arabi, in difesa di Reggio e dell’Aspromonte! E che Scolacium sia la madre di Calatanzaro è una improbabile leggenda ancora tutta da provare, come l’altra pretesa di far nascere il nome Italia nell’istmo catanzarese, mentre le fonti letterarie e le monete greche dimostrano che si tratta del nome di una tribù sicula dell’Aspromonte, collegata con il mito del vitello di Eracle che si tuffò nello Stretto (non proprio vicino a Calatanzaro), da cui si originò il nome Vitalìa, poi Italia. È triste dover poi ricordare che il Corrector Lucaniae et Bruttiorum aveva sede a Reggio e che Olimpiodoro tebano definisce la Città dello Stretto “Metropoli”, come dimostra anche il fatto inoppugnabile che il suo Vescovo è stato per secoli il Metropolita di Calabria, fino alle ultime ruberie della Regione Calabria. Visto che ci troviamo, ci si ricordi anche che il bergamotto è di Reggio; che Giangurgolo non è la maschera teatrale calabrese, ma reggina; che la “lira calabrese” è dell’area grecanica e non del paese sull’altura. Senza voler infierire, basta leggere i testi storici per comprendere che l’archivio regionale fu spostato da Reggio a Calatanzaro solo perché i turchi rendevano insicura la sua esistenza nella capitale. E una preghiera: lo stemma della Regione Calabria è stato inventato nel 1970, ma la Kalavrìa aveva da mille anni uno stemma, nato con il Ducato di Calabria, con capitale Reggio: una croce nera potenziata in campo bianco. Forse sarebbe ora di rimettere a posto anche questa questione …
Ma perché dilungarci? La Storia è stata sempre di casa a Reggio, e di Calatanzaro non si trova traccia nelle cronache, se non in particolari aneddotici, di cui gioiscono solo gli eruditi d’archivio, lontani dalle grandi vicende che hanno segnato i tempi. Se Calatanzaro, infine, si vanta dei Ruffo, suoi padroni, Reggio è orgogliosa di essere sempre stata Universitas, “città libera”, tranne che per pochi anni di signoria dei Cardone, da cui la città si liberò con una coraggiosa rivolta.
Ma, per favore, non poniamo la questione solo su controversie antiquarie, per quanto importanti: Reggio vuole liberarsi da una politica dei Bruttii fatta solo di sottrazione, e vuole riprendere, insieme a tutta la Calabria e l’intera Magna Grecia, un cammino di prosperità, senza doversi guardare dai continui colpi di mano di piccole realtà provinciali. Tanto dovevamo per amore della verità ai “calatanzaresi””.