Nel solo 2009 sono stati arrestati 49 latitanti e sequestrati beni per oltre 800 milioni di euro
Criminalità imprenditrice, capace di investire nel cuore dell’Europa, in grado di stringere alleanze con i potenti cartelli sudamericani padroni del narcotraffico, ma anche custode di riti ereditati da un’antica tradizione malavitosa: è la ‘ndrangheta secondo le ultime relazioni delle forze dell’ordine e della Commissione parlamentare antimafia.
Seppur in una condizione in continua evoluzione, restano attive le ripartizioni in mandamenti, con tre gruppi organizzati: una divisione cittadina a Reggio, una dello Ionio e una del Tirreno.
Una sorta di ripartizione territoriale vecchio stile, alla quale rispondono diverse ‘ndrine dotate, secondo le relazioni, di una grande potenza di fuoco.
Si tratta di una ventina di clan ben organizzati, capaci di allargare i propri orizzonti a livello nazionale e internazionale. Nonostante questo le ‘ndrine reggine non si fermano al -tradizionale- traffico di sostanze stupefacenti.
Negli ultimi anni, infatti, i clan hanno sviluppato un controllo impressionante nei settori delle estorsioni, con un presidio del territorio definito -capillare-, puntando molto anche sugli appalti pubblici. Gli ingenti investimenti che in questo settore stanno interessando l’intera provincia hanno convinto le organizzazioni criminali ad affidarsi prevalentemente a piccole e medie società che si inseriscono nel settore dei subappalti, garantendo affari redditizi.
A conferma di questi interessi nei settori cruciali della vita economica reggina, le relazioni antimafia evidenziano gli aumenti esponenziali degli atti intimidatori nei confronti di commercianti e pubblici amministratori, proprio come accaduto nella notte tra sabato e domenica davanti al tribunale di Reggio Calabria.
Segnali chiari della volontà di affermare con la forza la propria supremazia. Scendendo nell’analisi dei singoli mandamenti, nella città di Reggio Calabria, la supremazia è detenuta dalla cosca De Stefano-Tegano, oltre alla cosca, prima alleata, dei Condello-Rosmini.
L’area portuale di Gioia Tauro è, invece, sotto il controllo delle famiglie Piromalli-Molè.
Sul versante ionico, nella Locride, la storica contrapposizione tra le ‘ndrine dei Cordì e quella dei Cataldo.
Secondo una delle ultime relazioni del Sisde, -nel capoluogo reggino il profilo strategico delle cosche egemoni induce a superare le ricorrenti occasioni di attrito per non compromettere la conduzione degli affari illegali. Quando invece alcuni clan non riescono a condividere il territorio secondo stabili regole spartitorie, si ripropongono situazioni di crisi dagli incerti sviluppi-.
Un’organizzazione, dunque, che prova a risolvere con la -pax mafiosa- le controversie interne, fino a quando gli equilibri saltano, per affari o per screzi, portando direttamente alle faide che insanguinano l’area.
E’ il caso, ad esempio, della strage di Duisburg, con le cosche di San Luca che si sono affrontate lasciando decine di morti ammazzati, o gli ultimi omicidi che hanno riguardato l’imprenditore Nino Princi e poi il nipote diciottenne Francesco Inzitari, figlio di un ex esponente locale dell’Udc.