L'attentato alla Procura Generale si spiega con la paura della 'ndrangheta per l'offensiva dello Stato che negli ultimi tempi ha messo la malavita Calabrese con le spalle al muro
Quando, nel 2008, a Reggio arrivava da Palermo il nuovo procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, la ‘ndrangheta era riuscita a piazzare una microspia nell’ufficio di uno dei sostituti più impegnati della Dda, Nicola Gratteri. Uno dei primi atti di Pignatone fu quello di disporre una bonifica elettronica della Procura: saltò fuori la microspia, posta per intercettare le conversazioni fra i magistrati e gli investigatori sulle inchieste cruciali riguardanti la ‘ndrangheta. L’inchiesta aveva poi accertato che il dispositivo elettronico era a breve gittata: significa che chi ascoltava si trovava all’interno del palazzo di giustizia! Molto probabilmente la ‘ndrangheta potrebbe contare su alcune talpe, e quella cimice doveva essere il benvenuto dei padrini a Pignatone e alla sua squadra.
Già: una squadra. Perchè alla squadra antimafia reggina sono indirizzati gli atti intimidatori di queste ore. Quando, poco più di un anno e mezzo fa, Pignatone arrivava a Reggio da Palermo, non era solo. Insieme a lui c’era anche un altro pezzo grosso della lotta alla criminalità organizzata, Michele Prestipino, oggi procuratore aggiunto a Reggio Calabria: i due in Sicilia hanno coordinato tante inchieste sulla mafia, l’ultima quella sul capo dei capi di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, ammanettato da Renato Cortese, anche lui oggi a Reggio come capo della squadra mobile.
La corazzata antimafia ha subito dato man forte a quei pubblici ministeri, tra cui Nicola Gratteri, che da decenni lavorano a Reggio portando avanti delicate inchieste sulla ‘ndrangheta.
La nuova squadra dell’antimafia reggina sta facendo tremare la criminalità oraganizzata Calabrese. Di recente è arrivato anche il nuovo corso della Procura generale, guidata da Salvatore Di Landro, a cui saranno consegnati a breve processi d’appello delicati, quelli sull’omicidio di Salvatore Fortugno, sulla strage di Duisburg e sulle infiltrazioni criminali sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Tutti processi che in primo grado si sono conclusi con numerosi ergastoli e pesantissime condanne che, se confermate, saranno una gravissima batosta per la ‘ndrangheta.
Il pool antomafia reggino ha prodotto un’offensiva senza precedenti: la Procura di Reggio insieme a quella di Palermo è quella che ha registrato più operazioni antimafia con centinaia e centinaia di arresti. Sono stati individuati i canali di approvvigionamento della cocaina e del riciclaggio, arrestati 49 boss latitanti, Giuseppe De Stefano su tutti, e sono stati sequestrati beni per 800 milioni di euro.
Di recente, le inchieste hanno portato al sequestro di decine di beni tra i quali lo storico Cafè de Paris di via Veneto, a Roma, e di altri locali che in pochi anni erano passati nelle mani della criminalità organizzata calabrese.
Ecco perchè i clan hanno alzato il tiro: non si aspettavano un’offensiva così determinata e veloce, e adesso hanno tanta paura.
A mettere i puntini sulle -i- ci pensa proprio il Procuratore generale della repubblica di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, che nel corso della conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio in Prefettura, ha spiegato come le cosche erano convinte che -in Appello si sistema tutto-. Una convinzione venuta fuori in numerose dichiarazioni di pentiti e anche in diverse intercettazioni telefoniche. Di Landro ha dichiarato che -forse qualcuno si era illuso che tenessimo un profilo più basso, cosa sbagliata, perché noi non ci arrendiamo mai. I criminali sono portati a pensare che nel processo d’appello le cose si sistemano, quando questo non avviene, quando anche qui si rendono conto che i processi vengono trattati con pari impegno, qualcuno può avere la tentazione di reagire. Le cosche tradizionali si dividono il territorio con una capillarità impressionate, quindi sappiamo bene qual è il confine della giurisdizione tra due clan. In questo caso, però, visto che hanno colpito le istituzioni la decisione deve essere stata presa collegialmente da tutte le ‘ndrine della zona-.
Ma lo Stato continua a garantire che non si arrenderà e che anzi le Istituzioni continueranno a fare il loro lavoro con sempre più impegno e serietà.