Invocato un voto rapido per il nuovo Rettore. Ma da Roma a Genova a Catania troppi scandali, il sindacato di base: «Sia stroncata la gestione baronale»
REGGIO CALABRIA –Ad avviso del sindacato di base Usb, che “ci mette la faccia” a livello nazionale chiedendo ufficialmente un incontro sul tema al ministro per l’Università e la Ricerca Maria Cristina Messa, l’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria deve tornare più rapidamente possibile a una gestione ordinaria, con l’elezione di un nuovo Rettore.
«Stroncare il sistema baronale»
Ma soprattutto, nella visione del sindacato di base almeno, occorre «porre fine ai danni creati dalla riforma Gelmini e stroncare così il sistema baronale che impera indisturbato da decenni in tutti gli Atenei». Per farlo, sarebbe necessaria «un’iniziativa su scala nazionale, che consenta di riconsiderare l’intero sistema universitario italiano, segnato da scandali a ripetizione da Nord a Sud».
Nella missiva al ministro Messa, richiamata l’operazione Magnifica che ha portato «agli onori (ma sarebbe più corretto parlare di disonori) della cronaca» l’Ateneo reggino, gli esecutivi nazionali Usb Pubblico impiego e Usb Pubblico impiego / Università intanto mettono in luce la singolare doppia vacatio originatasi alla “Mediterranea” per la simultanea temporanea interdizione di rettore e prorettore vicario.
Chiesta una presa di posizione sulla “Mediterranea”
L’inchiesta «ci obbliga, anche sotto l’aspetto morale – scrivono dal sindacato – a chiederLe una presa di posizione, ferma, immediata, chiarificatrice accompagnata dall’assunzione d’iniziative adeguate alla gravità della situazione».
In particolare, secondo i vertici nazionali di Usb Pubblico impiego urgerebbe «assicurare, nel breve periodo, l’indizione di nuove elezioni per la nomina del Rettore e la ripresa delle attività istituzionali in modo compiuto». Affermazioni molto gravi; che, forse, non tengono conto della circostanza che – per quanto noto – il Rettore in carica non s’è dimesso e, salvi fatti ulteriori, tornerà nell’esercizio delle sue funzioni fra 10 mesi. E, forse, neanche della recentissima decisione ministeriale con cui è stato attribuito in chiave temporanea il potere di reggente al decano d’Ateneo, Felice Costabile.
Nella missiva al ministro Maria Cristina Messa, il sindacato di base estende poi il ragionamento su scala nazionale, visto che quanto accaduto alla “Mediterranea” «purtroppo non rappresenta un caso isolato. Potremmo ricordare le vicende di Catania o citare l’indagine aperta dalla Procura all’Università di Genova sugli stessi argomenti o ancora Milano, Tor Vergata, Sassari, Palermo, Firenze, Pisa»…
E l’elencazione sarebbe ancor più lunga se toccasse pure «le procedure per l’accesso alle lauree a numero chiuso o i concorsi (esterni e interni) del personale tecnico-amministrativo o la valutazione della performance individuale», si fa presente.
Ripensare il sistema-Università e la sua governance
Ma l’intento dell’Usb è «che si apra un confronto con le parti sociali che affronti la realtà di un sistema di gestione ormai conclamato e purtroppo molto radicato, che offende e svilisce il sistema-Università», ben lontano dall’«indignazione fine a se stessa».
Per questo motivo, il sindacato di base chiede al ministro Messa un incontro «che si ponga l’obiettivo d’agire concretamente sul sistema-Università e sulla sua governance».
«Assunzioni e carriere nelle mani dei singoli Atenei»
Una critica demolitiva nei confronti della “riforma Gelmini”, quella mossa dai vertici nazionali Pubblico impiego e Pubblico impiego/Università della forza sindacale: «Non ha prodotto nessun miglioramento nella gestione “baronale” degli Atenei, le procedure d’assunzione e quelle per le progressioni di carriera restano totalmente nelle mani della dirigenza delle singole Università, senza forme vere di verifica e controllo».
Lo stesso principio dell’autonomia universitaria in concreto si tramuterebbe in una mala gestio «che nulla ha a che vedere con la giusta libertà d’insegnamento, ma che nei fatti consente agli Atenei d’ignorare persino le sentenze».
Ecco perché viene chiesto d’aprire un dibattito «che dia voce a tutte le parti sociali e alle componenti universitarie che vivono quotidianamente quelle realtà e sono le uniche dalle quali si può ripartire per modificare l’esistente». Mentre «mantenere il confronto nel solito ristretto àmbito che ha reso l’Università ciò che è ora non avrebbe alcun senso».