REGGIO CALABRIA – In fondo, è un grande classico. Quando in una coalizione – solitamente, di minoranza – si pone il problema di rassegnare le dimissioni da un consesso elettivo, scatta all’istante l’idea d’andarsene solo se si è sicuri che porti a qualcosa di concreto. Per esempio, nel caso del Consiglio comunale di Reggio, solo se si è certi che si raggiungerà il fatidico numero di 17 consiglieri dimissionari che andrebbe a far sciogliere l’Ente.
In caso contrario, hanno osservato i rappresentanti di vari partiti nel corso dell’adunata di ieri alla sede provinciale di Forza Italia, si finirebbe soltanto per effettuare un gesto simbolico, più o meno di rottura, e – fatalmente – per essere avvicendati dai primi dei non eletti.
L’attesa
Proprio per questa ragione ieri i consiglieri dei vari partiti e movimenti del centrodestra al Comune s’erano lasciati ripromettendosi un aggiornamento a breve.
Intanto, avendo ciascuno sulla propria mail o sul proprio telefonino la bozza di documento congiunto predisposta dal coordinatore metropolitano forzista, il deputato Francesco Cannizzaro. Poi, dopo aver sentito i livelli romanidelle rispettive forze politiche, attesi a esprimersi sul punto giusto in queste ore.
Solo che, fin qui, nel centrodestra è impasse: non è accaduta né un cosa né l’altra. Anzi, per la verità, ne è venuta fuori un’altra che rende la “partita” un po’ più impervia di prima.
Tutti dal notaro!
Si sa, infatti, che anche quando si persegue un obiettivo molto poco “aereo” e invece concretissimo come lo scioglimento di un Ente locale, tra il dire e il fare spesso c’è di mezzo il mare.
Questo deve aver pensato la dirigenza locale della Lega; partito, ieri, tra i più coriacei nel sostenere la necessità di dimettersi solo per far tornare al voto i reggini.
Così, invece che andare (magari in ordine sparso) a protocollare le dimissioni di tutti i consiglieri di minoranza “che ci stanno” – stamattina, l’ex candidato sindaco de La Strada Saverio Pazzano ha proprio mostrato le sue dimissioni firmate che porta nella tasca della giacca, pronto a formalizzarle se ce ne saranno altre 16 -, i leghisti hanno chiesto a tutti i consiglieri di centrodestra a compiere un passo differente. Andare a firmare le proprie dimissioni dal notaio.
Questo, evidentemente, da un lato per “blindare” senza più possibilità di ripensamenti sia la volontà di dimettersi dei singoli consiglieri, sia la loro lealtà ai pronunciamenti dei rispettivi livelli nazionali. Su altro fronte, affinché le dimissioni non vengano pericolosamente formalizzate in ordine sparse ma raccolte e, ove successivamente ritenuto opportuno, depositate in blocco dallo stesso notaio.
Parola a Roma
Chiaro che, a questo punto, più sparigliati di così si muore; l’obiettivo maestro è raccogliere le idee nel più breve tempo possibile.
E in questo senso una parola decisiva la dirà Roma.
Nello specifico, Antonio Tajani appoggerebbe a spada tratta l’ipotesi delle dimissioni in blocco.
Ora è il turno di pronunciarsi per il leader nazionale della Lega Matteo Salvini, che incontrerà in queste ore il commissario regionale del Carroccio Gianfranco Saccomanno.
L’idea è sempre quella: visto che i numeri giocano contro l’autodeterminazione dei consiglieri di minoranza, quantomeno adottare una posizione unitaria per l’intera rappresentanza del centrodestra in Consiglio, ci si dimetta o meno.