REGGIO CALABRIA – Come funziona? Qual è l’exit strategy del sindaco Giuseppe Falcomatà, rispetto al doppio busillis politico-giudiziario che sta avendo corso a causa della sua (e non solo sua…) condanna in primo grado di giudizio nel “processo Miramare”? E soprattutto: ne esiste una?
Sì, esiste eccome.
E il problema #1, se vogliamo, è proprio questo: che l’hombre vertical di Palazzo San Giorgio, secondo antiche abitudini, ha ritenuto di non dire niente a nessuno.
Peraltro, è arrivato pure lo sfottò per qualche cronista che gli chiedeva se corrispondesse al vero che lui aveva praticamente già in mente tutto, ma non aveva ritenuto di condividere i suoi piani con alleati e consiglieri comunali e metropolitani… «Come avrei potuto condividere quello che succederà adesso, se non era ancora successo?».
In realtà, però, la questione-solipsismo era fin troppo chiara. La cronologia – nomine di vicesindaco e “numero 2” di Palazzo Alvaro giunte praticamente in simultanea rispetto alla lettura del dispositivo in aula bunker – è più eloquente di mille parole.
E infatti le incazzature sono arrivate puntualissime…
Così come pure il – sistematico da tempo – ricorso alla disintermediazione da parte del bi-sindaco (bi-sospeso), per rivolgersi tramite social network direttamente alla città per spiegare il senso ultimo delle sue scelte.
Questione-Perna
Indignato per i modi il prestigioso vicesindaco Tonino Perna, docente universitario di chiara fama, già assessore comunale a Messina, da presidente del Parco nazionale d’Aspromonte autore di un modello Perna contro gli incendi boschivi che portò risultati clamorosi e “fece scuola”.
Il sociologo, va detto, era già abbondantemente basito e scocciato d’esser stato cooptato nella compagine amministrativa guidata da Giuseppe Falcomatà ricevendo poi deleghe fumose, quasi risibili, ottenendo un margine di manovra più che angusto, venendo impiegato più che altro come pennacchio rispetto a una Giunta comunale solidamente politica-politica. Per parte loro, vari esponenti di maggioranza non hanno mai nascosto granché il loro rispetto alla presenza nell’esecutivo Falcomatà di un assessore vissuto – a torto o a ragione – come un corpo estraneo…
Ma certo nessuno di questi fattori avrebbe mai giustificato l’assoluto silenzio da parte di Falcomatà circa le sue intenzioni, se cioè lasciare Perna al posto suo e lasciargli gestire in autonomia Palazzo di città durante la sospensione da primo cittadino, oppure invece sostituirlo; come; quando; con chi; e soprattutto per quale ragione, visto che la nomina di Tonino Perna a vicesindaco, in realtà, risale solo a pochi mesi addietro…
Invece, niente. L’atto di surroga è arrivato molto prima di qualsiasi forma di dialogo tra i due interessati.
Modo molto singolare di comunicare le cose ai diretti interessati. E Perna, minacciando con toni aspri di lasciare la Giunta – in cui il sindaco sospeso l’ha lasciato, peraltro con le medesime deleghe di prima -, non ha mancato di farlo notare.
Caso-Pd
Ciò detto, le scelte di Falcomatà hanno creato un enorme vulnus rispetto al suo stesso partito (che peraltro in queste ore l’ha difeso, ma nel 2020 avrebbe fortemente voluto che il sindaco rinunciasse a ricandidarsi, essendo l’interessato perfettamente a conoscenza del grave e concretissimo rischio-sospensione). Cioè, il Partito democratico.
Un Pd fin troppo sconcertato per aver subìto un duplice affronto.
Intanto, non essere stato minimamente coinvolto nelle scelte da parte del sindaco neppure nell’immediata vigilia di un verdetto che, s’era ampiamente capito – considerata la condanna, a un anno di carcere e malgrado il rito abbreviato dello stesso ex assessore che sollevò il caso relativo all’assegnazione diretta del Gam, Angela Marcianò -, avrebbe ben potuto vederlo condannato. Quantomeno in prima istanza.
E poi, a monte dell’autonoma determinazione del primo cittadino nelle more del verdetto, Stefano Graziano & C. si sono visti anche tirare un gigantesco ceffone, ovviamente maldigerito: fuori dalla posizione apicale in entrambi gli Enti di riferimento, sia il Comune (dove il sindaco facente funzioni, smacco nello smacco, è ora un renziano…) sia la MetroCity (essendo Carmelo Versace espressione di una civica, Innamorarsi di Reggio).
Il tutto, a fronte di un Pd largamente maggioritario nel centrosinistra in entrambi gli Enti: una doppia detronizzazione, insomma, che brucia molto.
Come rimediare adesso?
Intanto stamattina c’è stata una prima, “inevitabile” riunione di Falcomatà con consiglieri e assessori, a quanto pare però disertata proprio dal Pd.
Sì, perché il Partito democratico vuol vederci chiaro, fino in fondo. Ed ecco che mentre scriviamo (14,30 è l’orario preciso, almeno quello teorico) avrà luogo un secondo e ben più rilevante incontro, via web. Da Lamezia Terme si collegheranno il commissario regionale del Pd (che però, ricordiamo, proprio in queste settimane teoricamente dovrebbe andare a Congresso…) Graziano e il commissario provinciale di Cosenza, l’ex ministro agli Affari regionali Francesco Boccia. Online dovrebbero collegarsi i consiglieri del gruppo consiliare dèm a Palazzo San Giorgio e a Palazzo Alvaro e il capogruppo piddino a Palazzo Campanella, Nicola Irto.
Ma il votatissimo ex presidente del Consiglio regionale, già indicato come candidato Governatore del centrosinistra e artefice di due sofferte rinunce consecutive, non sarebbe assai propenso a esserci. Anche perché – affermano attendibili gole profonde – assai seccato a sua volta per lo scarso coinvolgimento nelle opinabili scelte esercitate da Falcomatà.
E anche questo potrebbe essere un grosso guaio; sia per la chiarissima rappresentatività di Irto, sia per l’insidiosa prossimità di un Congresso regionale dal quale i falcomatiani, se “si sbaglia qualcosa”, potrebbero uscirte polverizzati.
In realtà ci sarebbe pure un altro motivo: il commissario cosentino Boccia, ben consapevole della delicatezza della situazione, già a ridosso dell’incontro virtuale potrebbe giungere in riva allo Stretto per un incontro ben più “fisico”.
In ballo, dicono i soliti beneinformati, c’è la possibilità di potenziare la presenza del Pd in Giunta, quantomeno con un nuovo assessore comunale.
Doppio grimaldello
Si diceva però dell‘exit strategy da una situazione difficilissima.
A quanto dicono conoscitori esperti della materia, si sta lavorando sull’attivazione di due grimaldelli “niente male”. Ed entrambi passano per Roma…
Infatti il ricorso in appello è già pronto – come ha sottolineato Giuseppe Falcomatà durante la sua diretta Facebook -; ma se è per questo, potrebbe scattare il ricorso al Tar contro la stessa sospensione ai sensi della “Severino”. Rispetto alla quale s’attendono novità circa la pronuncia sulla sua incostituzionalità; in caso d’esito negativo, i legali del sindaco sospeso potrebbero operare per portare nuovamente davanti al Giudice delle leggi uno strumento normativo considerato gravemente imperfetto, anche se realizzato come “giro di vite” anticorruzione negli Enti pubblici.
Le possibili vie d’uscita, tuttavia, non sono finite qui.
Strade capitoline – dicevamo – potrebbero infatti portare a rimodellare la “legge Severino”, inseguendo il tentativo già perorato, giusto in questi mesi, da vari esponenti di primo piano d’ogni colore politico.
E nel porgere la sua solidarietà a Falcomatà, l’Anci – l’Associazione nazionale dei Comuni italiani – ha sottolineato proprio l’incongruità della norma congegnata dall’ex Guardasigilli Paola Severino.
Ma ce n’è un’altra, di chance. La modifica “in profondità” di un reato, l’abuso d’ufficio, che – indipendentemente da questa o quell’applicazione concreta – è fin dalla sua nascita fortemente contestato per il suo controverso Dna.
L’abuso, ha nuovamente rilevato Falcomatà durante il quarto d’ora di suo “intervento virtuale” online, è un reato d’evento: il reato d’abuso incarna invece una fattispecie di reato fumosa e aspecifica.
Come dire? Se nei Palazzi romani si vuole davvero, i margini per un intervento legislativo nel corso di questi 18 mesi di sospensione ci sono tutti. E Giuseppe Falcomatà tornerebbe dunque in auge “senza macchia”.