La tradizione risale a circa mille anni fa e resiste fortissima nonostante le nuove generazioni e l'evoluzione del gusto.
Le feste patronali, un misto di eventi in si fondono fede e tradizione, culto e rituali popolari. Consumare le “frittole” (in dialetto frittuli) fa sicuramente parte dei riti popolari legati alla gastronomia. Inserite nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (Mipaaf) come prodotto tipico calabrese sono il piatto d’eccellenza legato a Festa Madonna. La pratica di bollire in un grande pentola di rame stagnato, chiamata “caddara” gli scarti della macellazione del maiale, risale a circa mille anni fa e resiste fortissima nonostante le nuove generazioni e l’evoluzione del gusto.
La preparazione
I macellai (“frittulari”) iniziano la preparazione raschiando e lavando le cotenne. Le stesse poi sono inserite nella “caddara” con la parte del grasso che aderisce alle pareti. In seguito, vengono aggiunti gli altri ingredienti che cuoceranno (per circa 8 ore) solo grazie al grasso, quindi senza l’apporto di acqua. Quando arriveranno a cottura si aggiunge il sale e poi il pepe prima di servirle con il pane caldo. I residui di carne rimasti sul fondo della pentola, chiamati “curcuci”, sono conservati con lo strutto ricavato e spesso si accompagnano a uova fritte.