La vicenda risale all'11 luglio dello scorso anno e si sarebbe consumata nella zona nord della città, nella frazione Pettogallico
REGGIO CALABRIA – Renato Chirico Mediati, detto “Rocco”, di 56 anni, Mariano Domenico Corso, detto “Mario”, di 36, e Manuel Monorchio, di 37, sono stati condannati a 20 anni di carcere per sequestro di persona, lesioni, rapina e tortura. Tutti reati aggravati dalle modalità e finalità mafiose. La sentenza è stata emessa dal gup Giovanna Sergi come richiesto dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Walter Ignazitto. Secondo la Dda diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, tutti e tre gli imputati “con pluralità di violenze e gravi minacce, nonché agendo con crudeltà, cagionavano alla vittima, un anziano di quasi 80 anni, acute sofferenze fisiche ed un evidente trauma psichico, sottoponendola ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona” .
La vicenda risale all’11 luglio dello scorso anno e si sarebbe consumata nella zona nord della città, nella frazione Pettogallico. A far partire l’inchiesta è stata la denuncia della vittima che quel giorno è stata salvata dai carabinieri dopo che qualcuno ha sentito le sue urla provenienti da una stalla che si trova in un terreno di proprietà di Chirico Mediati. Lì Corso e Monorchio avrebbero minacciato “reiteratamente di morte” il soggetto, un ultrasettantenne, legandogli “mani e piedi con fascette di plastica e nastro adesivo, nonché con una catena metallica attaccata a un paranco appeso al tetto dell’immobile”.
Stando alla ricostruzione della squadra mobile, diretta da Alfonso Iadevaia, la vittima è stata imbavagliata con un foulard e con nastro adesivo per impedirle di chiedere aiuto. Gli indagati, “quale prezzo della liberazione”, volevano fare confessare all’anziano “la ritenuta sottrazione” di 180mila euro della quale pretendevano la restituzione. Soldi che sarebbero serviti “per il mantenimento dei carcerati”. Da qui l’aggravante mafiosa, riconosciuta anche dal gup, che si aggiunge a quella di aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà nei confronti della persona sequestrata. Quest’ultima, infatti, è stata colpita con un’ascia con la quale gli indagati volevano tagliarle un dito. Tra le lesioni riportate dalla vittima, infatti, c’è la subamputazione di una falange.