Le varie nuances della solidarietà alla popolazione, catapultata in una guerra che nessuno vuole, e alla comunità ucraina di stanza in città
REGGIO CALABRIA – Significativa la manifestazione “pro-Ucraina” di ieri.
Associazioni e sindacati, partiti politici e semplici cittadini hanno dato vita a un sit-in in piazza Italia. La manifestazione è stata indetta dalla Triplice e dal Sul sul fronte sindacale; dal Partito democratico, presente col segretario regionale Nicola Irto e quello provinciale Antonio Morabito – ma si son visti esponenti anche di altre forze politiche, da Italia Viva ad Articolo Uno, passando per de Magistris Presidente -; da associazioni come Libera, Anpi, Auser.
Per molti versi, com’è giusto che fosse, i protagonisti sono stati però i colorati e pacifici cittadini ucraini che vivono e operano in città.
In piazza gli ucraini “di Reggio”
Ieri in piazza, alla manifestazione no war, c’erano pure diversi cittadini ucraini; donne, soprattutto. Anche se non mancavano gli uomini e, per la verità, pure i bambini.
L’abbigliamento, poi, oscillava tra il vestiario normale, alcuni spettacolari abiti tradizionali fieramente indossati da alcune delle manifestanti e, per i più piccoli, anche qualche vestito carnevalesco.
Pieni di paure per i lutti della guerra ma al contempo – contraddizione solo apparente – d’orgoglio identitario, non hanno fatto mancare striscioni per la pace e qualche canto di libertà. E, soprattutto, i loro volti, con coraggio; la loro testimonianza, senza timori.
Così come gli italiani, tutti chiedono a gran voce la pace. Per le truppe ucraine e per i loro concittadini esposti ai bombardamenti invocano aiuti in denaro (più sotto, l’Iban per chi volesse offrire concretamente una mano), cibo, medicinali.
E tuttavia, in molti, forse in troppi non credono più a un dialogo in grado di portare a una tempestiva non-belligeranza.
«Come potrebbero essere vicini gli italiani agli ucraini che stanno lì, sotto le bombe? Andando a combattere al fronte come volontari! – risponde Ljudmila, sicura di sé -. Ogni mano è necessaria: in atto, ci hanno lasciati soli a combattere contro un mostro come Vladimir Putin… Usano anche razzi partiti da 100 chilometri. Certo però si può dare una mano anche in modo pacifico: per esempio, se uno è un medico, può raggiungere il territorio ucraino e prestare la propria opera per curare i feriti. E ci sono conti correnti ai quali si può contribuire con delle donazioni. La pace? Il dialogo? Guardi, oggi come oggi ogni guerra, in tutto il mondo, termina col dialogo e con la diplomazia. Ma, mi chiedo io: a che prezzo?».
E Olga fa presente che «per i nostri militari, così come pure per la popolazione che si ritrova impaurita e sotto le bombe, non c’è una vera priorità negli aiuti se si vuol essere vicini, perché in realtà c’è bisogno di tutto: cibo, medicine e cure per i feriti, trasporti… Tutto.
La pace? Ma noi siamo sempre, sempre aperti: però con uno come Putin non funziona. Ecco perché caldeggiamo quello che gli stessi connazionali ci stanno chiedendo con impellenza: armi e proiettili. Proiettili e armi».
Un altro giovane manifestante ribadisce: «Noi chiediamo solo che aiutiate. Non chiediamo tanto… noi soli siamo rimasti. Noi non vogliamo altri territori, ma la nostra terra non la concediamo a nessuno. E nessuno abbandona l’Ucraina: neanche Volodymyr Zelens’kyj, il nostro presidente. E se l’abbandonerete voi, la prossima volta, dopo l’Ucraina toccherà a qualcun altro… Il Donetsk? Tutta l’Ucraina stanno attaccando, da tutti i posti stanno attaccando: aiutate l’Ucraina!, non abbandonate i nostri militari».
Una giovane accanto a lui: «Credetemi, oggi il modo migliore per aiutare è farlo con le armi: stanno combattendo tutti, la situazione è terribile… Sono fiera d’essere ucraina! Certo i Governi potrebbero dare una mano, per agevolare la nostra resistenza: la prima cosa dovrebbe essere chiudere lo spazio aereo».
La signora a un metro da lui, Lucia, in lacrime urla tutto il proprio orrore invocando un aiuto per chi è solo contro un orrore ancora più grande. «Ringraziamo tutti per il supporto giunto da ogni angolo del mondo. Però, ora come ora, lo chiedo come una mamma a tutti voi, a tutti i Governi – dice con la voce rotta dal pianto – d’intervenire in qualche modo: sono rimasti soli… Una pace a breve? No. Io non ci credo. Anzi: la situazione si sta ulteriormente appesantendo. Purtroppo»
Il fondo dell’Esarcato per gli aiuti
In queste ore, poi, lo stesso Esarcato apostolico ucraino in Italia ha messo in piedi un fondo per gli aiuti umanitari che ciascuno volesse tributare alla popolazione ucraina, improvvisamente catapultata in una guerra che, se non in termini di governanti quantomeno in termini di popolazione, gli stessi russi non vogliono.
I contributi «per aiutare la popolazione ucraina ed elargire aiuti ai profughi colpiti dalla guerra» possono essere inviati su conto corrente IT74P05034100000000044187 (questo l’Iban).
Altre manifestazioni già domani
Già nel pomeriggio domani, lunedì 28 febbraio, avranno peraltro luogo ulteriori manifestazioni.
Per domani a partire dalle 16,30 è in programma – sempre in piazza Italia, l’agorà di Reggio Calabria – un «presidio contro la guerra» che fa seguito all’appello dell’Anpi nazionale Ucraina: torni un grande movimento per la pace, promosso dalle «articolazioni reggine» di Anpi, Arci, Legambiente, Nudm, Equosud, Agedo, Il Cuore di Medea, Rete 25 novembre e Arcigay.