Il progetto del consigliere comunale, Libero Gioveni, consisterebbe nel dotare anche quei soggetti privi di una fissa dimora, di una residenza che, seppure fittizia, consentirebbe loro di accedere ai più basilari diritti e servizi.
Dovrebbe trattarsi di una residenza fittizia. Fissata ai soli fini di legge presso “Piazza Unità d’Italia”. Un espediente di natura tecnica che avrebbe tuttavia il pregio di veicolare conseguente positive, innescando un virtuoso circolo di recupero di quanti versino in stato di “temporaneo disagio”.
Lo ha affermato stamane il consigliere comunale, Libero Gioveni, nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso la “Sala Ovale” di Palazzo Zanca. Pronta anche la proposta di delibera, già depositata alla segreteria generale in vista di una prossima discussione in aula.
Spesso sfuggono i risvolti sociali che l’essere un “senzatetto” comporta. “Non avere un indirizzo implica non poter ricevere la posta nè alcuna assistenza dai pubblici uffici – ha spiegato lo stesso Gioveni – ma vi è di più. I soggetti senza fissa dimora non hanno nemmeno la possibilità di ottenere una carta d’identità e da questo scaturisce l’impossibilità di accedere a diritti e servizi basilari come l’attribuzione del medico di base, il sostegno socio-sanitario, l’espressione del diritto di voto e addirittura l’opportunità di ottenere un impiego”.
La proposta avanzata si propone di ovviare ad ognuno di questi inconvenienti, risolvendo, peraltro, anche l’annoso problema delle notifiche che potrebbero considerarsi come effettuate con la pubblicazione dell’avviso di notifica all’Albo Pretorio online, sul sito del Comune.
Del resto si tratterebbe di ricalcare le orme di esperienze già ampiamente collaudate in altre città, così accogliendo gli appelli di professionisti locali e associazioni di volontariato che, unitamente alla Caritas Diocesana, si battono da tempo perché diritti elementari vengano riconosciuti anche a quei soggetti che per impedimenti di natura economica non si trovano nelle condizioni di potere indicare un recapito fisso.
“Il progetto non nasce semplicemente dal bisogno di assicurare un supporto a queste persone – ha proseguito Gioveni – ma reca in sé l’esigenza di invertire la tendenza perché impedire a un senzatetto di curarsi o di avere un lavoro non fa altro che acuire la sua emarginazione sociale, impedendone l’integrazione nell’ambito del tessuto sociale così come qualsiasi eventuale tentativo di riscatto”. In altri termini sarebbe come infierire su chi già fa i conti con una situazione di precarietà e abbandono, ostacolandone la risalita della china.
Ad avallo del programma presentato dal consigliere comunale, una copiosa giurisprudenza che tiene il passo di altrettanto numerose circolari, tanto del Consiglio di Stato quanto del Ministero dell’Intero, le quali – ciascuna nell’ambito delle proprie competenze – illustrano l’obbligo per gli Ufficiali competenti di registrare presso l’anagrafe della popolazione residente anche quanti non godano di una fissa dimora.
“La legge parla chiaro – ha concluso lo stesso – l’iscrizione nell’apposito registro non può essere in alcun modo subordinata all’idoneità dell’abitazione e neppure all’esistenza fisica della stessa. Non importa se il soggetto abiti sostanzialmente presso locali impropri, non autorizzati o non conformi alle disposizioni urbanistiche e, addirittura, non ha nemmeno rilevanza se lo stesso alloggi presso campi, roulotte, autovetture o baracche sprovviste dei requisiti igienico-sanitari minimi. La garanzia della salute e dell’incolumità di tali soggetti dovrà essere perseguita e ottenuta attraverso strumenti di politica sociale e abitativa e non mediante il rifiuto dell’iscrizione al registro anagrafico”.
Del resto la crisi pone la questione dalla differente prospettiva dell’emergenza, data dal moltiplicarsi di situazioni simili. Che siano cittadini italiani o stranieri, comunitari od extracomunitari, titolari di protezione internazionale o presenti regolarmente sul territorio nazionale, dunque, non può loro negarsi l’accesso alle liste anagrafiche né la speranza che lo stato di “disagio temporaneo” sia limitato, effettivamente, a un lasso di tempo meramente transitorio. (Sara Faraci)
Penso sia più umano e meno formale istituire un dormitorio con annessa una mensa a tutela dei senza tetto (che non sono solo i “barboni” ma anche gente che per congiunture finanziarie sono sul lastrico)?
Magari in uno stabile della Diocesi (visto che dovrebbe operare per il bene della collettività) e con l’ausilio di volontari dare un ausilio a questi poveri sventurati?
Ogni giorno le attività commerciali sono obbligate a buttare cibo, se ne potrebbe organizzare una raccolta (vedi Banco Alimentare).
Così tutto avrebbe un senso concreto anche dal punto di vista umano.
Ovviamente nulla di politicizzato, cadreste nel ridicolo e finireste per strumentalizzare un disagio sociale.
Penso sia più umano e meno formale istituire un dormitorio con annessa una mensa a tutela dei senza tetto (che non sono solo i “barboni” ma anche gente che per congiunture finanziarie sono sul lastrico)?
Magari in uno stabile della Diocesi (visto che dovrebbe operare per il bene della collettività) e con l’ausilio di volontari dare un ausilio a questi poveri sventurati?
Ogni giorno le attività commerciali sono obbligate a buttare cibo, se ne potrebbe organizzare una raccolta (vedi Banco Alimentare).
Così tutto avrebbe un senso concreto anche dal punto di vista umano.
Ovviamente nulla di politicizzato, cadreste nel ridicolo e finireste per strumentalizzare un disagio sociale.